Efemeridos
Efemeridos (racconto di una
giornata)
per A.D.P.
In treno
nel respiro di
giorni
straniti… Mi riscrivo
(non è forse sempre
così?), Leibowitz
stamattina discetta
di possibili
reincarnazioni dopo
il fatale congedo
e anche – da
scaltro leguleio – di
mediazioni e di
auspicabili
faustiane
negoziazioni
nei suoi occhi di
antico ebreo
l’inestinguibile
fiducia
per il gruzzolo
d’anni
che ancora ci
rimangono, a noi
condannati a morte
fin dalla nascita.
A un certo punto l’Heritage
mi è sembrato un barcone
alla deriva
e noi due gli unici
sopravvissuti:
novelli Vladimiro
ed Estragone
scampati al
disastro
con la sola parola
rimastaci
come lascito
estremo
in attesa che
Qualcuno o Qualcosa
venisse a salvarci,
indicandoci
una via d’uscita,
una scelta, uno spiraglio,
una risoluzione,
uno scampo.
Poi ci siamo
scambiati
consigli e
ammonimenti
propositi e
medicamenti
come fanno vecchi
amici
frattanto divenuti
amici vecchi…
“A maggio potremo
rigiocare
un po’ a tennis… sì,
ma, però,
forse, magari in
quattro, chissà, o anche a tre.”
Più tardi
accompagno Irene ad Islip
il MacArthur dieci
del mattino
quasi deserto, come
a dirci
inutile partire o
ritornare
perché non restate
dove siete?
Le effemeridi di giugno e, a lato, luglio 2011 (dalle effemeridi dell' U.S.Naval Observatory): periodo di eclissi: due parziali di sole e una totale di luna |
Sylvia che al solito vive soprattutto
per riflessi e
riporti era
ansiosa di sapere
ogni particolare
del Gala
americo-italiota dell’altra sera
dove si è parlato
soltanto di quattrini
di genitori di
nonni o bisnonni emigrati
fratelli cognati
nipoti cugini
esuli trapiantati
in questa
terra di tutti e di
nessuno, l’unica
secondo loro che
Dio ha benedetto
e bontà sua
continua a benedire, e anche
di misfatti e di
glorie
di sacrifici e di
guadagni
di successi
folgoranti per sé e per altri
amici e parenti più
o meno benestanti.
Uno dei due
festeggiati
ha raccontato della
sua fortuna
di ricco
palazzinaro, oggi
più che ottantenne,
fiero
della sua
collezione di 32 Ferrari
(dico trentadue),
mentre
con affettata
indolenza (o senile demenza)
ha annunciato
d’aver già ordinato
la trentatreesima del
2012
e quella del 2013 e
del 2014, sicuro
sicurissimo, senza
alcuna paura
della sua
sopravvivenza. Tutto qua
il discorsetto
della sua cultura.
Arrivo infine alla
Penn, gente-matassa
s’addensa a fiotti
sulle scale, tanta
ch’i’ non avrei mai creduto
che morte tanta n’avesse disfatta
culi diversi e
deformi davanti a me
ascendono in fila,
striscianti
semoventi
silenziosi sudoranti
come animali da
carneficina.
Mi sono
improvvisamente rivisto
34 anni prima
quando
da Princeton
arrivavo in questa
Caina mezzo
imbambolato
tra migliaia di
volti muti e stravolti
e mi avviavo verso
la Columbia. Primavera
millenavocentosettantasette.
Il taxi-driver
guida incurante
di niente e di
nessuno
infilando a memoria
uno dopo l’altro
versetti del Corano:
un sordo brontolio
senz’altro segno
che mi accompagna
fino alla
settantaduesima. L’appuntamento
per l’intervista al
Cafè Aroma
è con un tale mezzo
giornalista mezzo professore
un po’ saccente un
po’ seccante un po’ deficiente.
Dopo qualche
melenso convenevole
comincia non richiesto
a sciorinarmi
notizie indizi indirizzi
e perfino familiari
ascendenze
del mio borgo natio
Carifi:
località del tutto
inesistente
in qualsivoglia
carta stradale
della nostra
italica peninsula
“Vi nacque Ovidio
Serino
uno dei Mille, che
da prete
si fece
rivoluzionario garibaldino.”
Questa, in effetti,
l’unica
gloria della mia
angusta contrada,
fatta di un’unica
stradetta
che tutta la taglia
a metà
ove mio padre nel
settembre del 43
trovò rifugio
insieme con la sua
sposa bambina, una
diciottenne
fresca e aulente
cresciuta
nel Cilento ma di
origine vaporina
sùbito incinta del
suo
Luigi Augusto e
molto poco Guerriero…
(Ora che sono
andato negli anni
rimpiango non
averli mai
interrogati - né
lui Tenente della nostra
regia armata né lei
bellissima e nullatenente -
su quella rocambolesca
fuga dal porto di Salerno
tra i continui
bombardamenti
dei neo-alleati,
sul come
di quello
sfollamento, sul perché
di quello
spostamento
proprio a San
Severino
e in quella borgata
Carifi…).
Soprappensiero
intanto la mia controfigura
risponde con
sufficiente convinzione
alla prevedibili
domande
del questuante,
mentre lui – faccia da mastino –
mi guarda con occhi
bolsi e sospetti
fingendo di
prendere qualche inutile appunto.
Arrivano due sfigati
si siedono alla mia
sinistra, sgombrando
bruschi e sgraziati
il mio cappotto
e le mie carte,
accelerando di fatto
la fine di questa
stolida intervista.
Un’ora più tardi
sono da Alfredo
incartato nel suo
bugigattolo.
Ed eccoci qualche
minuto dopo
sulla Sesta
all’incrocio con Bleeker
e poi in Cornelia
Street.
Presso l’omonimo Cafè ci aspetta
Luigi con il suo
fido Gil
che ama ritrovare
l’odore del Chianti
e del sigaro del
nonno nel suo Connecticut.
Il mio amico si
ostina da anni e io con lui
a tradurre e
catalogare
non so con che
ragione
autori espatriati,
per poi ritrovarci
periodicamente in
questa oscura
cantinetta buio
budello del Village
ove ci leggiamo
addosso i nostri versi. Una sfida
che sfiora
un’eroica incoscienza
o la più gratuita
demenza
della nostra tribù. Ma forse
solo un pretesto
per ritrovarci
insieme a cena
nella chiassosa Lupa Romana
o al Pitti sulla Sesta, immaginando
d’essere in qualche
trattoria
di Trastevere o San
Frediano.
La serata tra una
sbevazzata e una risata
volge presto al
termine. Alfredo
alla mia sinistra
fruga invano nel piatto
alla ricerca dei
suoi ricci di mare, Beppe
ora diventato
Joseph alla mia destra
è un gemello
rovesciato
eterno ragazzo
strapaesano, proprio con lui
cominciai
trent’anni fa la mia recitazione. Ora
mi sembra
impossibile che
tra un boccone e
l’altro parliamo ancora di poesia
cinema donne sesso
viaggi un improbabile congresso e…
della prossima
pensione. Seguo non seguo
l’incessante
chiacchiericcio e già
penso al dopo,
all’ansia di non perdere il treno…
“Alla prossima”
mi dice l’amico
presso la Penn
quasi parlando a se
stesso
… sì alla prossima…
fra un mese
o fra un anno, che
importa? Sono già
seduto nel treno,
spalle rivolte
alla mia
destinazione, mentre
davanti ai miei
occhi socchiusi
tutto
vertiginosamente regredisce, sfuma
e si fa sogno
oblìo
ombra
aria
illusione.
(Mount Sinai, Long Island, marzo – luglio 2011)
LUIGI FONTANELLA
vive tra Firenze e Long Island, New York.
Ha pubblicato libri di poesia,
saggistica e narrativa.
Fra i più recenti: Bertgang
(Moretti & Vitali, 2012), Paolo
Volponi. L’inedito di New York (Aragno, 2012).
Dirige la rivista
internazionale “Gradiva” e presiede la IPA (Italian Poetry in America).