La mente dei follower altrui □

 

Ph.lungomare cod.cat.L353

🆚@dal profilo v.s.gaudio di twittter

@vuessegaudio



1. Io ho una mente: ce l’hanno gli altri? Questa domanda posta alla rovescia da Paul Ziff[i] reca come conseguenza la considerazione che se soltanto io ho una mente, sono allora un essere unico in maniera davvero unica.  Non c’è nulla di eccezionalmente unico nel puro fatto di essere unico, anche perché , di sera e senza luna, se devi fare una passeggiata lungo la statale 106 nel pantano di Villapiana è facile che, per essere unico, qualche macchina riesca a centrarti in pieno. E la mente, allora, anche se eri l’unico a possederla, vola via, e se io solo avevo una mente e non erano state ancora compiute ricerche, indagini e analisi su me stesso, allora, per quanto gli scienziati possano avere fatto grandi scoperte, è inverosimile che abbiano scoperto qualcosa che riguardi direttamente la mente.
Io ho una mente e la supergnocca radiofonica che ha?#
Breve divagazione ziffiana sulla mente che mi si è posata sulla testa
2. C’è comunque un’alternativa essenziale, anche gli altri hanno una mente, non fosse altro per il semplice fatto che gli vola via con Twitter. Che abbiano una mente tutti i follower di un conduttore radiofonico, o di una conduttrice, è evidente dal semplice fatto che se i conduttori o gli speaker radiofonici che ci sono in giro abbiano davvero una mente, allora devono avere anche qualche altra cosa. Parlo naturalmente di coloro che hanno un cervello di tipo e di struttura normali. Il problema non è se esistano o meno altri cervelli.  Tempo fa mi mandò a dire un mio follower che se cliccavo lì ordinavo 50.000 follower e tra quelli almeno 5000 mi avrebbero ritwittato e messo tra i preferiti. E prima ancora ci fu una ragazza, presumo che sia tale dal suo profilo twitter,  che, a proposito di una conduttrice radiofonica, mi twittò che non l’avevo vista, quella era una supergnocca!

3. E’ questo il punto, allora: se esiste quella superba gnocca, a sentirla alla radio, non avendola vista, parlare di mente è prevalentemente un modo fantasioso di parlare di stati mentali e di eventi mentali. Ziff scriveva che c’è una relazione tra mente e cervello; più precisamente ci sono relazioni fra eventi mentali e eventi neurofisiologici, fra stati mentali e stati neurofisiologici. Solo che quando andavo dicendo questo nei convegni  di poesia e di letteratura integrata pensavano tutti che fossi  unico, ma dubito che avessero una mente. Le prove di ciò sono oggi schiaccianti, chi faceva spallucce, tre su quattro pubblica ancora libri a pagamento, altri tre su quattro sono in quella certa industria editoriale che si fa i premi addosso e decanta un comico come se fosse Ernst Hemingway e a un altro comico, pur non ritenendosi pari se non superiore a Hemingway, gli fanno addirittura il premio  di quello della dinamite e del petrolio.

4. Però dire che cavalli, cani, topi, gatti, vacche, che di metano queste ne hanno da far saltare in aria tutta la Patagonia, hanno tutti una mente non significa, tuttavia, negare che questi esseri, come gli uccelli, possano avere esperienze radicalmente diverse da quelle umane da un punto di vista qualitativo. Se qualcosa ti cade in testa, e non c’è un uccello che stia passando al meridiano del tuo oggetto “a”, né tantomeno sei nel rullo di Twitter, non vuol dire che sei di fronte a un complesso schema concettuale.

5. Comunque, essendo  convinto di essere l’unico ad avere una mente, senza sforzarmi troppo la vista, a proposito della supergnocca radiofonica di cui alla testimonianza della ragazza on twitter mi sto chiedendo spesso se quella, per avere tanti follower, sia uscita dalla Suite vénitienne di Jean Baudrillard[ii], o, forse, sia addirittura quella, tanto che, è così che dice Baudrillard, la si segue a caso, per la strada, per brevi sequenze disorganizzate, con l’idea che la vita della gente sia un percorso aleatorio, che non ha senso, che non va da nessuna parte, e che per questa ragione è affascinante. Insomma, la seguo, esisto, sono unico, sulla sua traccia, a sua insaputa, di fatto sto seguendo la mia propria traccia, a mia insaputa. Non è dunque per scoprire la vita dell’altro, né dove va, dopo tutto dove vuoi che vada, va in Radio, non è neppure una deriva alla ricerca dell’ignoto. Così adesso glielo dico su twitter: mi affascina essere lo specchio dell’altro che non lo sa. Mi affascina essere il destino dell’altro, il doppio del suo percorso che per lei ha un senso, ma che sdoppiato non ne ha più. E’ come se qualcuno, dietro di lei, sapesse che non sta andando da nessuna parte. E’ in un certo senso sottrarle la radio: un genio maligno si insinua sottilmente tra lei e se stessa. Ciò è tanto forte che la gente ha spesso il presentimento di essere seguita, grazie a una sorta di intuizione del fatto che qualcosa è entrato nel suo spazio, qualcosa che ne ha alterato la curvatura. E  allora il visionatore o l’inseguitore  si sintonizza su un’altra radio.

6. L’efficacia dell’aspirina, dell’arancia e del caffè è infatti un’eloquente testimonianza dell’intimo rapporto esistente tra mente e corpo, offre una convalida per ognuna delle ipotesi riunite nello schema, e collabora quindi a dare il crisma di realtà all’esistenza non solo delle menti altrui ma addirittura della conduttrice radiofonica, che, l’abbiamo detto, essendo dentro la categoria degli speaker radiofonici, non è sicuro che abbia una mente, anche perché le menti vanno e vengono nell’universo, figuriamoci alla radio, è stato dunque solo per un caso che una di esse si è posata nella mia testa? E allora se non era l’uccello di twitter, per un simile uccello vuoi vedere che il richiamo sia essenzialmente il cinguettio della conduttrice radiofonica, che, come testimonia la ragazza che la segue, è una sua follower, è sicuro, è vero, è una supergnocca, per questo lei i 50000 follower non li ordina con un clic, lei, basta vederla camminare per Milano, la suite milanaise, ne fa  con un solo volo 50mila e 1!

[i] Paul Ziff, Il problema delle menti altrui, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, © 1966, trad.it. Laterza editori, Bari 1969.
[ii] Jean Baudrillard, La suite vénitienne, in: Idem, La trasparenza del Male, © 1990, trad. it. Sugarco edizioni Milano 1991.