Il gioco di Plousia Mekuón ♦ La Zacchinetta d'Utrànto

Herb Ritts for American Vogue, May 1987. Swimsuit by The Finals.


La Zacchinetta d’Utrànto

 

Nella “Zacchinetta d’Utrànto”, la “lanzichenecca saracena”, la briccona tuffatrice è Plousia Mekuón che tiene sempre banco e la somma che intende arrischiare è sempre in dracme: il marinaio o il poeta che sta alla sua destra ha facoltà di scommettere tutta la somma annunziata dalla tuffatrice, di scommetterne una parte o di passare. Quand’egli dichiara “tengo tutto” il giuoco è fatto; ma quando non copre che una parte della scommessa, il giuoco non è fatto se prima o successivamente gli altri giocatori, marinai o poeti che siano, non completano la copertura della somma annunziata da Plousia. La carta che Plousia scopre sempre è la 23, l’arcano del Re di Bastoni; la carta dei puntatori è quella corrispondente al numero fatidico del nome di ognuno, le cui lettere vengono denumerate con l’Alfabeto dei Rosa-Croce. Davanti a sé, Plousia Mekuón, vestita di corsaletto e di morione o solo col costume rosso, una a una, scopre una, due, tre carte,ecc. fino a che non ne scopra una eguale alla sua o a quella dei puntatori. Nel primo caso guadagna e si tuffa nella mar d’Utrànto; nel secondo perde, e i puntatori si dividono le spoglie del banco in proporzione alla quota coperta, e Plousia dovrà fare la tuffatrice tante volte quanto stabilito in correlazione alla posta in gioco. Plousia ha diritto di porre il banco all’incanto fino a tanto che non perde e fa tuffi; chi lo compra acquista i diritti a vedere Plousia per 23 o 74 secondi nella posa sospesa del disporsi al tuffo, la posizione Zacchinetta, a gambe unite si solleva sulla punta dei piedi, dispone a 90° il tronco del corpo e fa volteggiare le braccia aperte e distese: tra la “pecorina” e l’”anatra che vola capovolta”, questo disporsi specchia la posizione 17 del “Foutre du Clergé” e la posizione 12 del maestro Tung-hsǜan, ma della prima, in cui avrebbe dovuto essere in ginocchio, cioè far passare da j (da G latino) a š tanto che “ginocchio” possa essere “scinucchiu”, adotta solo l’angolo a 90° tra podice e gambe. E della seconda, in cui avrebbe dovuto sedersi a cavalcioni sul poeta ma con la testa rivolta verso i propri piedi, mette in atto il volo, lo svolazzamento, con le braccia spiegate prima del  tuffarsi del corpo, nella forma sostitutiva all’infinito preceduta da cu : “ojju cu mar”,”voglio che mare”, e cioè “voglio immergermi nel mare”: O mar, Idrusa mulacchiona, ‘mpalata sull’arco do’ u culu, cull’occhiu sale e scenne s’ennamora, o mar s’è riturnata a zacchinetta sfrega la conàcchia de Plueusia, s’è ripescato occuore, s’è tenuto nascosto tant’ammore, ‘na pietra, ‘nu ptlepore s’è accanito stamattina, umass supraucuezz che turna turna scenne s’arriposa, lu bujore de prendere la luna a zacchinetta. Eras tú amor, destino, final amor lucente, eras ave, eras cuerpo alma sólo; ah, tu carne traslúcida besaba como dos alas tibias, como el aire que mueve un pecho respirando y sentí tus palabras, tu perfume, y en al elma profunda diste fondo, calado de ti hasta el tuétano de la luz.

 da: Plousia Mekuón.La Mulacchiona d’Utrànto
La Stimmung di V.S.Gaudio con Antonio Verri sulla cugina saracina di Aurélia Steiner, in “incroci”, semestrale di letteratura e altre scritture, n.20, mario adda editore, bari giugno-dicembre 2009