NOTAZIONI DI VIAGGIO: NAPOLI
Avevo sentito parlare di Napoli come di
una città multietnica, leggiadra, con una forte passione per i ritornelli;
dagli abitanti amanti della nostalgia se soprattutto costretti a rinunziare
alla visione del Vesuvio e del suo pennacchio bianco; scarsamente preoccupati
di eruzioni e terremoti; votati a un santo privo di stimmate ma dal sangue che
da rappreso passa puntualmente al liquido purché la popolazione ne implori
protezione e grazia (sinteticamente espressa nella formula Per grazia ricevuta).
Poco
altro sapevo della passata gestione del potere da parte di monarchi e principi
regali venuti da ogni parte ad assaporarne dedizione e perdizione, ad eccezione
di proverbi ed opere pittoriche – soprattutto – raccolte qua e là nei vari
musei di arte antica, moderna e contemporanea. Di qui il mio interesse a
visitare la città sempreché vi si tenesse una qualche mostra, preferibilmente a
tema.
Fu
durante il mio ultimo viaggio di ritorno da Lisbona, dove ero stato attratto da
una notizia a dir poco edificante, che ebbi modo di conoscere colui che mi
avrebbe fatto da guida ove avessi voluto approdare con il mio yacht al porto di
quella che fu subito decantata come la perla della Campania: la città di
Franceschiello, ovverosia Napoli. Mi lasciai convincere, cedetti, benché fossi
diretto al porto di Brindisi ove mi attendeva un critico d’arte intenzionata a
creare un museo di arte contemporanea. Aveva saputo della mia collezione. Si
dichiarava certa del successo di pubblico ed esperti. Me ne sarebbe venuta
gloria, apprezzamenti, servizi televisivi, ressa (quasi) alle inaugurazioni
delle molte mostre che già aveva in programma. Ecco allora che mi ritrovo a
Napoli dove, ad aspettarmi c’è colui di cui ho detto sopra in compagnia di un
altro giovane appassionato di storia della musica ed arte sacra.
La
visita a Napoli e dintorni, isole e Cuma, Capri e Ischia, Costa Amalfitana e
scalata alla vetta del Vesuvio durò un paio di settimane tra pizze e nacchere,
(per le quali non si può dire io vada davvero pazzo: e in verità nemmeno per il
Pazzariello). Furono però giornate intense durante le quali mi fecero scendere
persino nelle viscere della città: non proprio quelle che stanno sotto il
cosidetto Spaccanapoli; di origine greca (stando alla leggenda), bensì quelle
create per far posto alla metropolitana. E quale non fu la mia sorpresa nel
constatare come le stazioni fossero invase e pervase di opere architettoniche,
strutturali, pittoriche, scultoree di ogni genere del contemporaneo (autori
nomi altisonanti); nonché scale mobili riccamente illuminate ed aria
condizionata a profusione.
Fu
uno shock quello che subii. Mai avrei potuto immaginare tanto in una città che
governata un tempo dagli spagnoli – quelli che depredarono l’America centrale e
meridionale di tutti i tesori architettonici creati dagli Inca e dai Maya
innanzitutto, con i relativi arredi e oreficerie – potesse offrire invece
chiese e musei in grande quantità oltre a spazi ricavati da luoghi sconsacrati
da destinare all’arte.
Uno
di questi, dal titolo Sicilia Dives,
costretto a visitarlo dai miei accompagnatori con il ruolo di guide parlanti
(cosa diversa dal grillo parlante di Pinocchio), è stato il Complesso
Monumentale di San Severo al Pendino (qui di seguito chiamato più semplicemente
Al Pendino), mi vide coinvolto in una storia degna di essere raccontata.
Entrati che fummo, perché in atto c’era una mostra di arte contemporanea
organizzata e voluta da certo Gianfranco Labrosciano con il patrociniodell’Amministrazione Comunale locale: interessata al progetto che dovrebbe
ipotizzare un possibile e auspicabile legame interculturale tra la Campania e la Sicilia ; o più esattamente
tra la città reale di Napoli e quella vicereale di Palermo e provincia della
Sicilia tutta – in quel monumento rappresentata da venticinque tra pittori e
scultori del più profondo Sud del Mar Mediterraneo – mi portò subito a
osservare qualcosa di anomalo in un contesto siffatto.
Si
trattava di un libro-oggetto laccato di blu di un certo (mi pare) Ignazio Apolloni,
raffigurante e con titolo “Il pendolo di Foucault”. Era posto al centro di
quello che era stato un tempo l’altare (non si sa se maggiore o minore ma
comunque quella era la relativa dimensione e traccia). Nessuno seppe dirmi chi
diavolo fosse questo Apolloni. Avrei voluto incontrarlo e dirgliene quattro;
sapere quale funzione avrebbe dovuto spiegare quel libro in quel particolare
sito, ed oltre tutto capire perché ci stessero, sul medesimo ripiano
dell’altare, tutti quei libri: pare pubblicati da varie case editrici come ad
esempio la Novecento ,
Manni, Besa, Coppola e Arianna, tutti con tanto di nome e cognome
corrispondenti al suo quale autore.
Domandai
in giro per saperne di più ma nulla e nessuno che potesse appagare la mia ansia
di sapere. Rimasi sconfortato e sconsolato (anche perché i miei due vati non
furono capaci di consolarmi) e restai perciò con la mia curiosità
insoddisfatta. Passammo però il resto del nostro tempo continuando a parlare di
arte e musica – preferita la dodecafonica – mentre ci dirigiamo allo storico Caffè
Gambrinus e subito dopo a via Chiaia per una passeggiata. Non prima tuttavia di
un sommario esame delle opere esposte a Palazzo Venezia – testo di certa Carmen
De Stasio – luogo di meditazione filosofica sulle sorti dell’umanità e
dell’arte: a cura di Benedetto Croce uno dei padri fondatori della Repubblica
Italiana. Finimmo la serata col mangiare la pizza dalle Sorelle Bandiera in
Vico Cinquesanti, 33/a, che non posso non raccomandare a chi sia goloso di
questa specialità napoletana.
23-24
settembre 2013 Ignazio Apolloni
Agostino Tulumello |
Calogero Barba |
Franco Spena |
Pippo Altomare Luciana Anelli Calogero Barba
Nicola Busacca Letterio Consiglio Rosario Genovese Michele Lambo Giovanni Leto
Leopoldo Mazzoleni Totò Mineo Gina Nicolosi Enzo Patti Calogero Piro Natale
Platania Lorenzo Reina Giuseppina Riggi Salvatore Rizzuti Salvatore Salamone
Enzo Salanitro Attilio Scimone Alfonso Siracusa Turi Sottile Franco Spena
Giusto Sucato Croce Caravella Delfo Tinnirello Valeria Troja Agostino Tulumello
Andrea Vizzini Nicola Zappalà