da Paris ▌Aurélia Judéia Pedregoso & V.S.Gaudio
dal
Pantano di Villapiana ▌Marisa Aino &
Gaudio Malaguzzi
Avevamo chiesto al poeta di
raccontarcela la finale degli Europei di calcio, e lui: sì, d’accordo, sapete,
penso di incontrare Aurélia Judéia Pedregoso[i], Dio, rivederla, dopo
tanto tempo, e poi qui a Paris! E ve la racconto la partita, Portugal-France,
con la mia Aurélia Steiner de Lisbonne…Lo sapete che non sopportava Maria
Callas? Non era, e penso che non sia ancora, come quella donna estremamente
colta di Karachi che aveva ancora due passioni: se faire mousser le crèateur e
Maria Callas. E che mentre si rotolava su sei tappeti Bakthiari ascoltava
un’edizione pirata della Fedora. Con
questa musica, Aurélia Steiner il suo piacere sessuale non lo raggiungeva…
E Marisa Aino, qui dalla redazione di “Uh
Magazine”: ma non era quella che inginocchiata a un confessionale della
cattedrale di Lisboa dichiarava la sua inveterata abitudine à s’arsonner?
E il poeta, da Paris: mentre il sacerdote
l’assolve, proprio in quel momento lei s’alza, solleva la gonna e rivela
l’abricot fendu.
E Gaudio Malaguzzi che si inserisce: non
è che fremi dalla voglia di ridargli una botta alla Pedregoso, te lo ricordi
ancora il Calibistrix con la luz azula ?
Sai una cosa, Malaguzzi? –rispose il
poeta: mi sono imbattuto nei giorni scorsi in una radio italiana che, durante
le partite degli Europei, teneva in studio due “dialettali” che dovevano, a
loro dire, alzare il tono della cronaca, e questi, come vedevano un qualsiasi
elemento femminile, in connessione telefonica o informatica o televisiva, se ne
uscivano con la battuta che ha fatto non solo epoca ma resterà negli annali di
come si fa la radio:”’Na botta a Baby K non gliela daresti? Ma anche a Bianca
Atzei…E, per non fare torto a nessuna, ‘na botta a quella vostra collega che
prima era in collegamento non gliela dareste?”…E allora che ti devo dire,
Malagu’? Aurélia Steiner, me la ricordo, è seduta come una violoncellista
ventiquattrenne, a gambe divaricate, su uno sgabello nella sua camera da letto,
à Lisbonne. Com a esquerda tem abertas as labias do sexo mentre con la destra
si passa la punta dell’archetto sul con nu in un lieve tremolo.
“Ah, sì- fece Malaguzzi- come nella
fotografia di Roy Stuart, quella violoncellista e quel paio di gambe…”
Il poeta: “Malagu’, lo sai che la madre
di Aurélia Pedregoso aveva dedicato molto del suo tempo alla ricerca sessuale,
ma che solo a Cascais un giorno, entrando in un emporio di nautica, aveva scoperto un piacere tutto nuovo?”
Malaguzzi: “Che c’entra la madre?”
Il poeta: “O dia seguinte à manhã
acquisterà del cordame per servirsene a casa. La mer est là, à sa
place, rangée e dans son trou.”
Malaguzzi : « Non ho capito.
Che cazzo se ne faceva del cordame ? E poi il trou, quale trou, il trou di
chi? Ma gli hai dato ‘na botta pure alla madre, ma che cosa sei, sei un poeta o
una macchina per quella cosa che hai inventato, shu…shumm...la macchina dello shummulo?”
E Marisa Aino, che non ne può più dal
ridere, anche perché lei sa che per fare lo shummulo mica basta solo una botta,
cerca di riportare tutto all’attualità della finale: “Me la dici una cosa?
Ma il modo azul de andar di Aurélia
Pedregoso è, era, come il modo, la
maneira, de andar di Sandra Alexis[ii], l’altra portoghese che
pensava, la scema, che fosse amore, invece era solo ainos
dell’andatura?”
Brassaï
Les Escaliers de Montmartre, Paris, 1936
|
“A profundidad do mar hà a maneira
atlantica de andar de Aurélia Pedregoso; Sandra Alexis invece era nella bolina
stretta che a Torino in via Micca è difficile che possa mai esserci come…”
“Leggera e laterale, di bolina stretta
come se ricevesse o meio vento con un angolo di circa 30° sobre o cu”- chiese
Marisa Aino:- e se non c’era vento, come faceva, ad aprirsi ao màximo vento,
com’è che camminava con la luz atlântica a ponente ao crepuscolo, non era
più o meno mezzogiorno a Torino?”
“Sentite, so dov’è che siete e che
effetto produce quel posto. Diamoci un taglio. Vedrò quel che posso fare con la
Pedregoso. Magari gli do una botta o due, e poi, depois, ve la racconto,
ainos(il racconto greco) a porcaria.”
Non è Aurélia Pedregoso ma è a Paris che è stata fotografata |
Il poeta e Aurélia Pedregoso, la luz atlântica a Paris ●
La città pare semiabbandonata, devastata
dal calcio e dalla storia, vivono poche persone ormai a Paris. La tetra storia
della città ha fatto sì che i sopravvissuti, e i pochi che sono accorsi a
visitarla per gli Europei e che non sono andati a vedere la finale, inclinino
ad un atteggiamento astratto e meditativo. Le abitazioni a Paris sono
innumerevoli, anche se tutte un poco fatiscenti, come quella dove avevano
tenuto mio nonno prigioniero dell’articolo 22 della Costituzione della
Repubblica d’Italia e anche me come suo “erede” della prigionia costituzionale.
Comunque, qui a Paris, ognuno si cerca una abitazione congeniale all’umore,
alla ricerca, all’angustia del momento. Non esistono più televisori, e delle
radio, il Dio degli uomini e anche delle femmine mi perdoni, manco a parlarne,
perciò non c’è pericolo che arrivi la tassa con la bolletta della luce come in
Italia, che, adesso che ritorno, passo da Torino e la pago direttamente
all’Agenzia delle Entrate connessa alla destinataria dell’obolo telelettrico
della popolazione italica così telelettricamente assoggettata. C’è con me
Aurélia Judéia Pedregoso. Ogni tanto, mi fermo incredulo e la guardo, e le
dico: Juden Aurélia, Juden Aurélia Steiner. Menina, namorada,
amor, criança, meu pombinho, meu carinho, o doce para mim. E poi: ti ricordi come mi tenevo
all’entrata du combien? Restavo lì, tutto il tempo che ci voleva per una cura
estrema, goupillage che non avesse mai fine, misura colma, carambolage du
limer. Ci fermiamo, come nell’Ottantotto della Centuria di Manganelli, in un appartamento al secondo piano di quel
palazzo di cinque piani dove viveva quel signore dai capelli grigi[iii] : con un movimento
lento, molto lento, j’entre dedans le corps d’Aurélia Steiner, dans le comment
à nom, son histoire. E ripeto quindi la storia, quel Vico, da un po’, non mi
sta rendendo facile la sopravvivenza. La lenteur, la lime, du Cricon-Criquette
nous fait crier. Di nuovo, urlo i nomi, li ripeto piano, ancora. Le dico ancora
i nomi, glieli ripeto ancora, ma senza voce, con una brutalità che ignoravo,
avec un accent inconnu. Le comment à nom. O como do nome.
Como è o teu nome?
O como do nome
Aurélia Pedregoso.
Como você se chama?
Eu me chamo o como
do nome Aurélia Pedregoso.
Aurélia Steiner s’est rendormie.
Con i jeans-leggins della Nordstrom tirati giù, che le stanno addosso che manco a Sandra Alexis quella volta in via Micca a Torino. E quando l’ho vista venirmi incontro qui in questa città semiabbandonata non ho avuto timore dell’ancora lo stesso di Watzlawick, né degli esercizi col passato, anzi ho pensato che dovessimo coltivare ancora un po’ la nostra infelicità e darci il gaudio che ci restava, così pensai a Sandra Alexis e alla gabbia dei leoni del Circo per cui faceva la contorsionista, e ai momenti dello Spirito, delle Tenebre Inconsce, degli Istinti, e alla scala a chiocciola che portava alla mansarda del poeta a Torino, in quella stessa via Micca dove quella circense, nata in Portugal, ebbe modo, senza che il vento fosse impetuoso, anzi non ce n’era proprio, di attivare quel fragore di crolli in cui ogni oggetto “a”, debitamente innalzato al meridiano fino a quel momento, debitamente ritornava al nulla, cedeva al tempo, né era stata necessaria una pioggia per trasformarla quella batteria di oggetti “a” in un mucchio di fango che ostruisce la strada e impedisce il volo.
Con i jeans-leggins della Nordstrom tirati giù, che le stanno addosso che manco a Sandra Alexis quella volta in via Micca a Torino. E quando l’ho vista venirmi incontro qui in questa città semiabbandonata non ho avuto timore dell’ancora lo stesso di Watzlawick, né degli esercizi col passato, anzi ho pensato che dovessimo coltivare ancora un po’ la nostra infelicità e darci il gaudio che ci restava, così pensai a Sandra Alexis e alla gabbia dei leoni del Circo per cui faceva la contorsionista, e ai momenti dello Spirito, delle Tenebre Inconsce, degli Istinti, e alla scala a chiocciola che portava alla mansarda del poeta a Torino, in quella stessa via Micca dove quella circense, nata in Portugal, ebbe modo, senza che il vento fosse impetuoso, anzi non ce n’era proprio, di attivare quel fragore di crolli in cui ogni oggetto “a”, debitamente innalzato al meridiano fino a quel momento, debitamente ritornava al nulla, cedeva al tempo, né era stata necessaria una pioggia per trasformarla quella batteria di oggetti “a” in un mucchio di fango che ostruisce la strada e impedisce il volo.
Comunque, Aurélia Pedregoso non sopporta
ancora Maria Callas,e la Fedora anche in edizione autorizzata.
Women's AG 'The Legging' AnkleJeans (11 Year Swap Meet)indossati da Aurélia Pedregoso a Paris |
Avrei
voluto essere un suonatore di corno di bassetto, mica uno shofar, in
un’orchestra classica, non per raccogliere frammenti di muro, mattoni,
pietrame, e nel mezzo di un parco abbandonato, o nell’aranceto devastato di Mia
Nonna dello Zen, costruire un labirinto, che avrebbe dovuto avere, come nell’Ottantotto della Centuria di Manganelli[iv], al centro una casa con
un’unica stanza; un suonatore di corno di bassetto[v] per suonare per il dab di Aurélia Pedregoso, che sta
disegnando una pianta e che poi, dopo
averla incantata, avrei dato alle fiamme, perché sono giudicato poco socievole,
non è vero? Alethes? Dicono i miei amici della minoranza greca, e i miei
antenati, a volte, anche Mia Nonna dello Zen, quando faceva l’apologia di
qualcosa, si fermava e mi chiamava: “Enzù, Ain?”, che è “Ain?” il
corrispondente latino di “Alethes?”: “Enzù, è vero?”. Enzu: Ain? E finii con il
prendere l’amore, per poterglielo ridare, di MarisAίnë, che è il racconto e la lode del mare, e perciò è quella
destinata ad assolutizzarsi come oggetto “a” patagonico del (-φ) del poeta.
Suonatore
di corno per il dab della Steiner di
Lisboa, quella che està voltada atè sua casa e, aspettando lui, mi scriveva.
Tremula del desiderio di lui, damasco rachado mi amava. Si ricordava di lui
con me, porque eu sou isto que não havia. L’inesauribile,
l’inalterabile luogo del mondo. Che mi chiedeva di dove ero. De onde você è? E mai glielo dicevo: non lo so, chi mai saprà di dove
sono? E lei mi disse quella volta che era sulla spiaggia quando io stavo sul
trenino che percorre tutta la costa fermandosi ad ogni spiaggia, o stavo
prendendo il battello che da Praça do Comércio va verso Cacilhas, o stavo
passando per il Cais do Sodré o per la Rua do Arsenal. E io che allora le avevo
detto che non ricordavo quella che avevo incontrato al mattino all’uscita
dall’emporio di nautica a Cascais e lei mi aveva chiesto della donna che
desideravo: Quem è a mulher que tu desejas?
E
qui a Paris le dico: Aurélia, te la ricordi la moglie, o la fidanzata che
fosse, del centravanti, quello de Il
centravanti è stato assassinato verso sera di Manuel Vázquez Montalbán[vi]?
Lei
mi guarda e non dice niente. Quella con quel vestito verde e quel podice che
forse vuoi vedere che è per questo che fecero fuori quel centravanti?
E
che c’entra con il Portugal se era di Barcellona? Lo so che non c’entra, ma
sempre della penisola iberica si tratta, no? Te lo chiedo perché non mi trovo
più quel giallo[vii],
ogni tanto mi vien di
pensare a quel podice verde, e …non è che c’è qualche centravanti stasera che
gioca e che ha una moglie inglese con quel vestito verde? E non è che lo fanno
fuori, fuori dal campo e dalla finale, ma che so, per virtù metonimiche, forse
la compagna del centravanti è andata in tribuna con un vestito verde e…facendo
innalzare il (-φ) dei visionatori ognuno al proprio
meridiano finisce che, tra un palo e l’altro, è al meridiano della squadra dove
afferisce quella donna che questa notte c’è il
bonheur, "o gaudio"?
Aurélia
mi guardò così con quella sua aria azula e portoghese : mi sembri dentro quel
paragrafo di Watzlawick delle profezie che si realizzano da sé, anche se non
c’è nessuna predizione, però io ti credo e ti sorrido di nascosto, e di
nascosto mi faccio fare per via del bonheur,o gaudio que não è nunca económico, e igualmente de aquel vestido verde de aquela anglomesomorfa, non ne sono gelosa, sai?, e…mi
piace per come suoni il tuo corno di bassetto e, lo so, tu sei V.S.Gaudio. Que
não mora em Lisboa; não tem dezoito anos. Que escreve. Tu és o poeta. Eu sou a
porca sibarita portuguesa, o meio-demônio do relâmpago
ainico até em Paris? Ain?[viii] Alethes?[ix] Verdade? [x]
[i] Aurélia Judéia Pedregoso è la prima
delle Aurélia
Steiner, il personaggio di
Marguerite Duras, fattosi personaggio e figura poligeografico nelle Lebenswelt
di V.S.Gaudio: cfr. V.S.Gaudio, Aurélia Steiner. La langue toquade, © 2004; Uh-Bookon Youblisher 2015; Uh-Book on Issuu 2016. Tutti i riferimenti di cui alla
conversazione on Skype tra Marisa Aino, Gaudio Malaguzzi, nel Pantano di
Villapiana, e il poeta, a Paris, sono rintracciabili in questo testo.
[ii] Cfr. V.S.Gaudio, La maneira de andar di Sandra
Alexis. Estetica e teoria
dell’andatura, “Lunarionuovo” nuova serie n.15, anno XXVII, Catania
aprile 2006.
[iii] Cfr. Giorgio Manganelli, Centuria.
Cento piccoli romanzi fiume, Rizzoli
editore, Milano 1979: Ottantotto.
[iv] Cfr.ibidem.
[v]
Clarineta em fá.
[vi] In Italia è uscito da Feltrinelli nel
1991.
[vii] Il poeta non rivela all’amica portoghese che, per gli indizi rilevati, appurò che il romanzo poliziesco del narratore spagnolo, che proprio con questo dette inizio all’elegia urbana di Barcelona, gli fu sottratto da un centravanti dilettante tifoso del Real Madrid, che, guarda caso, è la squadra di club in cui gioca il “centravanti” del Portugal, che, poi, in questa finale degli Europei, è stato fatto fuori da un intervento mirato ad opera di quel giocatore francese, sul cui nome, pronunciato così come è scritto, dai reporter italiani televisivi e radiofonici, è stato per questo motivo fonologico indicato, fin dall’inizio dell’europeo, come il Lafcadio Incaricato per far fuori il numero uno, la punta, il goleador, della nazionale di Aurélia Pedregoso.
[viii] “Dici davvero?”
[ix] “E’ vero?”
[x] “Davvero?”
[vii] Il poeta non rivela all’amica portoghese che, per gli indizi rilevati, appurò che il romanzo poliziesco del narratore spagnolo, che proprio con questo dette inizio all’elegia urbana di Barcelona, gli fu sottratto da un centravanti dilettante tifoso del Real Madrid, che, guarda caso, è la squadra di club in cui gioca il “centravanti” del Portugal, che, poi, in questa finale degli Europei, è stato fatto fuori da un intervento mirato ad opera di quel giocatore francese, sul cui nome, pronunciato così come è scritto, dai reporter italiani televisivi e radiofonici, è stato per questo motivo fonologico indicato, fin dall’inizio dell’europeo, come il Lafcadio Incaricato per far fuori il numero uno, la punta, il goleador, della nazionale di Aurélia Pedregoso.
[viii] “Dici davvero?”
[ix] “E’ vero?”
[x] “Davvero?”