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Quel pezzo di dolicomorfa del “Rumour”
Quando ero un giovane
radicale e sognatore
pivello senza timori e
leggevo con sobria attenzione
anche gli epitaffi e
soprattutto l’Ananga Ranga
ed ero un po’ come quel
piccolo bestemmiatore
di cui al capitano
Orlando Killion dell’Antologia di Spoon
River
e ancora non avevo letto
i primi saggi di Woody Allen
e in special modo non
stavo mai a dire
a un pezzo di dolicomorfa
come Chlöe
di tutte le meraviglie
della natura, tolto l’albero
d’estate che è
ineguagliabile anche sotto
l’ombrellone, tu sei
peggio di un alce con le ghette
di Paperina stessa che,
quante volte, quando
poi fui una colonna della
Disney Company prima
e dopo che si mise in proprio, io, che più in là
di Paperino
non sarei mai potuto
andare, pensavo che non mi
sarebbe dispiaciuto
andarci a passeggio in via Dante
a Milano e in via Dante
anche a Torino, ma perché mi
chiedevo spesso Paperina
mi piace di più di Minni,
e adesso che guardo
cantare Chlöe
che ha un po’
dell’una e dell’altra e
non è una papera, anzi è
tutta dentro il senso ottuso che anche Barthes
le antropomorfizzerebbe,
e di più le scriverebbe
un saggio sul punctum che io che son poeta non
posso non vedere, e
dunque quando ero un giovane
coglione e c’era tutto
quel rumore nel mondo per via
dei boscaioli che
abbattevano non solo gli alberi d’estate
nel bosco del torinese
nel Pantano di Villapiana e
gli operai del comune che
gli tagliavano l’erba
dopo aver aperto il
cancello e quando ci andavi tu
arrivavano boy scout e
inviati della parrocchia
a romperti il cazzo anche
Sarachë e Saracinë
e fu in quel tempo che
capii che la maturità
di una persona non si
misura dal rumore che fa
né dall’arroganza, né
dalla riforma fondiaria
né dai georgofili tipo
Scardaccione ch’era il
livellario della sorella
di quella che fu fatta
mia madre e mia madre ne
teneva invece
la parte ereditata dal
padre e dallo spirito santo
dalla madre neanche un
cazzo se si può dire,
io a guardare Chlöe che posso considerare
se non la paura che ho di
svegliarmi in mutande
e non sono eretto, e non
sono diventato nemmeno calvo
nemmeno quella notte del
gran freddo a Catanzaro
d’altra parte ogni
periodo della vita ha la sua temperatura
e se domani, metti il
caso, qui comincia davvero a nevicare
il problema dell’esistenza
sarebbe l’interruttore della luce,
l’oggetto a
che è Chlöe o Paperina oppure che se
viene
a bussare alla porta la
cantante io sono in mutande
lei mi guarda e cos’è
tutto ‘sto silenzio , mi chiede,
quando è a letto tutto
quel rumore e poi che vedo qua
un poeta abbattuto e
depresso, uretrale e fesso,
anche se ha una bella
abbronzatura da falciaerba
in canottiera?
►[da: Se fosse
l’antologia di quella notte a Catanzaro, 3]
La cover del "Topolino" n.1339(del luglio 1981) con l'urlo dei Giochi magici dell'estate di Vuesse Gaudio™ ♫ |
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