NESSUNA LINGUA.
Nessuna lingua umana mi darà ragione
sono come sono, senza sottane d’oro
né bianche che solleva il vento
ma appoggio il mento e gli occhi
su un momento.
PIEDI.
piedi,
i miei piedi nati per sognare
sentono ora che la terra non suona
non può suonare, ma tra mille braccia
costruiranno una volta fronte magnifica
e profonda.
costruiranno una volta fronte magnifica
e profonda.
DIFFERENZA.
come sei bella sembri
una montagna, differenza che si
eleva
sopra di me il tuo ritmo
è sapore rosso sapore blu
tutto ti appartiene, nessuno
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indebolita da muri bianchi
sognava lungo linee di stelle
mosse
spazi di lenta costruzione
meno di una poesia.
▐
Un idealismo pensiero che mi
delizia
ha la mia donna ideale, sogna
su tutte le pene delle altre
donne
non sarà la cerniera dei
corpi la parola
ma lingua di rosa
come meteora venuta.
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cresima sacra mia futura,
né sole né luce ti protegge le spalle
solo momenti di magica andatura
il passo di danza,
la statua, la piega di veste
di una sarta moglie della sua
bravura.
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POMPEIANA.
A noi due che ci amavamo
sotto noi due dipinti, assorte
divinità di noi stessi
propiziavano amore
stando qui in terraferma, io e te
febbri ci presero grani
cavi come la terra.
▐
settecento dame celesti
non bastano – a guidare alla mia
destra
nave di fiamma, piccola scendeva.
L’austerità del tuo cielo
che freddo che buio
tonda pace di mia madre
abbia ragione o
non abbia ragione – ma con gioia.
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I
MORTI.
lontananze, iperuranio e
stoffa e materia sopita
angoscia che accompagna,
piégati un giorno e divieni –
anche tu povera.
▐
La volta celeste suolo sottile
per questo eravamo create
In firmamento corre un’anima
sacra,ù
è la nerezza del verbo – anima
sangue
che cammina.
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la pace che luccica
sulle vallate è grande come il
firmamento
le mucche e gli animali terrestri
sono tutti piccoli
la mia anima intanto
era qui, senza pensieri
dove tu la volevi
riposavo vicino alla tua spalla.
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resisti resisti
alla dolce pressione
sulle tue tempie
le cose fioriscono.
▐
pensare mi rattrista, ora
così come sognare
Ho ucciso un’ape, era inverno
questo momento è piccolo
e sepolto nella notte.
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dio mi ha già fatto abbastanza
doni
per oggi posso riposare
ma salvami domani parola
terrestre,
all’ora della luce
io corteggio
i fantasmi che voglio.
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per essere ulisse
c’è qualcosa che il mondo mi
incarica
ogni nuovo giorno ha quietato
i miei sogni, io non sono che
seria
serissima sempre.
NEL
SOCIALE.
nel sociale nel sociale
si è cacciata la mia amica
sabato si nascondeva
cantare si doveva
fra di noi teste delle dolci
amanti
delle dolci sorelle
in risa cerchiate
inutilmente nominate
restate, così restate.
▐
La semplicità non piace più
e si tratta convivere,
senza più uccidere
silenzi di certi anni fa
sfiorita sola e muta.
Le donne a questo servono,
a ritardare la barbarie.
▐
No tendini fiorire
aspettare e indurire
come santo e intorno.
piccola acqua che in ogni terra
è popolata in sogni e creature
l’io è questo
controllare la marea.
▐
Volontà di capire o di credere
stanca pratica come mai
di preghiera di donne nelle case
E’ venuta l’era delle macchine a
provare
che siamo stanche, in molte
a chinare la testa vicino a una
meta.
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FUTURA.
Dal silenzio quell’unno amico –
annunciati così
chiara nube sopra chiaro
orizzonte
questi sassi che trasformano,
questi sassi e la sua sabbia.
▐
INTERVALLO.
Intervallo, uscita
da l’incantamento
Incantesimo Unico,
Unica Unità
e improvvisamente cambiando
di falla non si ammala più,
cambiando
di nome non si ammala più
cambiando
di segno non si ammala più.
░
da : Maria
Pia Quintavalla │Il
Cantare │Campanotto editore Udine 1991
La postfazione di Nadia Campana a pagina 59 del libro di Maria Pia Quintavalla, ed.cit. |
POESIE PER
CIELO E PER TERRA
Nadia Campana
Queste poesie delicate ma per niente soavi,
affidano all'alba e ai valori del giorno una chiara e tenace volontà di vivere
nel reale. Con mezzi semplici e attraverso un continuo sacrificio dei
riferimenti onirici e dell'impressionismo romantico, Quintavalla vuole farci
vedere qualcosa toccando solo l'essenziale. Quelle vere e proprie tentazioni
per chi come lei, oggi, è tornato a pronunciare la parola "io", si
dissolvono di fronte alla forza di chi sa guardare, respirare, assaggiare,
consumare la vita traducendo questo viaggio in una geografia mentale.
Così il ritmo di questa poesia è scandito da quel ricco sbucare nei
comportamenti. Ciò detto, la semplicità di cui si diceva, appare più complessa
e aspra, il suo contaminarsi con qualcosa di strano e di fisiologico evoca
un'associazione di pensiero e vita, filosofia e stati materiali che ci
riportano agli scritti sulla "crudeltà" di Antonin Artaud o a certa
gestualità dei poeti russi degli anni '20-'30 a cui Quintavalla deve essere
stata vicina.
Con alterezza muovendosi quasi al di fuori delle istituzioni poetiche,
rifiuta ogni stabilità finché non si ritrovi in quel punto disarmato e cedevole
che solo dona le radici del volo. C'è aria di mare, di sorelle, di bambini in
questi versi: essi nascono al linguaggio col talento naturale di chi parla
all'orecchio, alle emozioni, ai sensi. Quella grazia le permette di pronunciare
certe parole come se fosse la prima volta e le avesse inventate lei. Lessico
primario, preferenza della figura alla metafora, struttura paratattica
camminano sulle tracce di un suono popolare, di una canzone, di un fruscio di
corpi. Lì le parole paiono abitare ancora con naturalezza, non c'è bisogno di
cercarle. Precipitino pure un momento dopo nel silenzio, perché altro non c'era
da dire. Ecco il perché della brevità di questi testi: il compimento della
comunicazione è un miracolo felice che non ha bisogno di prolungare e
conservare.
marzo 1984