Stimmung con Yehuda Amichai
Yehuda,
dove cazzo lo trovavo un cane[i] in
quegli anni di piombo nella città dei Savoia, per fargli annusare la minchia
del poeta saraceno che era stato sedotto
e usato e poi lasciato in quella mansarda manco fosse Modigliani a Parigi? E in che lingua avrei
dovuto dirglielo, va e strappa al suo uomo abituato al suo culo sabaudo
testicoli e cazzo, e come avrei potuto dirgli portami almeno le sue mutande, se
lei girava senza?
Claretta
, questo è oltremodo vero, aveva una soma di natiche sabaude[ii],
e gli occhi chiari, e sui fianchi una cintura, che le dava sempre spirito e
gioia e materia del desiderio di tenerlo addosso, tanto che , questo sì che
avvenne, bastava sussurrarmi il suo nome per far volare il mio volatile,
e lei che tutto intuiva sentiva nell’aria rarefatta che c’è sempre a Torino, anche sotto i portici di via Po, densi di umidità, che col suo nome, così a pelle chiamandola, vibrava il Geist del poeta, il suo nome, certo Yehuda, autonomo del tutto, come un animale, e quel culo e le gambe torinesi, che , anche quando se ne andò via, e non c’era un cane sotto i portici nemmeno a cacare al guinzaglio, quante notti e quei giorni infiniti stavano nella mia mano e nella mia mente, anche nel tratto che percorrevo di notte tra via Micca e piazza S.Carlo per andare e prendermi “La Stampa” appena uscita dopo la lunga mezzanotte savoiarda. Adesso che ci penso, come mai Claretta, musardine com’era, non aveva un cane da portare a zonzo, che pericoli poteva correre se non portava le mutande anche quando lasciava il poeta spompato, questi cosa avrebbe potuto chiedere al cane di portargli, la cintura[iii] forse?
e lei che tutto intuiva sentiva nell’aria rarefatta che c’è sempre a Torino, anche sotto i portici di via Po, densi di umidità, che col suo nome, così a pelle chiamandola, vibrava il Geist del poeta, il suo nome, certo Yehuda, autonomo del tutto, come un animale, e quel culo e le gambe torinesi, che , anche quando se ne andò via, e non c’era un cane sotto i portici nemmeno a cacare al guinzaglio, quante notti e quei giorni infiniti stavano nella mia mano e nella mia mente, anche nel tratto che percorrevo di notte tra via Micca e piazza S.Carlo per andare e prendermi “La Stampa” appena uscita dopo la lunga mezzanotte savoiarda. Adesso che ci penso, come mai Claretta, musardine com’era, non aveva un cane da portare a zonzo, che pericoli poteva correre se non portava le mutande anche quando lasciava il poeta spompato, questi cosa avrebbe potuto chiedere al cane di portargli, la cintura[iii] forse?
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by
v.s.gaudio
[i] Strepitosa la poesia di
Yehuda Amichai, quella dal titolo: “Cane dopo l’amore”: “Dopo che m’hai
lasciato/ho fatto annusare a un cane dal fine fiuto/il mio petto e il mio
ventre.”[…] èda: Ma in tutto ciò si cela una grande felicità© 1976.
[ii] Ci si riferisce alla
poesia di Yehuda Amichai che comincia con : “Hai una soma di natiche pesanti,
hai gli occhi chiari. Hai sui fianchi una larga cintura che non ti salverà.”èda:
Il tempo © 1978.
[iii] Per la poesia integrale
del cane e quella della larga cintura e della soma, vedi: Yehuda Amichai, Poesie, a cura di Ariel Rathaus,
Crocetti editore, Milano 1993-2001.