L’attore fa per fare. Raffaele Perrotta
- ! di Massimo Sannelli
Il 22 novembre ci sarà un incontro in onore di Raffaele Perrotta, filosofo, filmologo e filmaker. Il titolo è Terribile la parola. I filosofi sono succubi del problema-parola. Il luogo è Palazzo Ducale, a Genova. L'organizzatore è Giuliano Galletta. La dignità di parlare è di Adriano Accattino, Sandro Ricaldone, Peter Carravetta, Riccardo Cavallo, Filippo Parodi, Anna Oberto, Massimo Bacigalupo, Brunetto De Batté, Flavia Randi, Luisella Carretta, Stefania Fiorucci, Andrea Panizzi, Stefano Scarenari. Io ero stato invitato, ma non potrò partecipare: sarò fuori Genova, per un twist of fate nel cinema, più o meno. A costo di "dormire nei cespugli sotto gli alberi", come sempre.
Partecipo da lontano all'omaggio a Raffaele Perrotta con un cut-up dai suoi libri: sonatasituazione (il periplo, 1969); Álea (Campanotto, 1998); La farfalla filosofica (Edizioni dell'Orso, 2000); antro immane (Marco Editore, 2005); Metacritiche da stilistiche complesse (Aracne, 2012); Attraverso la cruna di un ago (Aracne, 2013). È una specie di monologo e dura il tempo di dirlo, come sempre. L'argomento è due argomenti: il primo è l'eccellenza ("vivo della mia vita imperiale e so intenerirmi"), il secondo è il cinema (qui le citazioni sono a zero: se il cinema è la lingua scritta della realtà, basta dire Realtà. O no? Ma ricordarsi che c'è anche Isou, non solo Pasolini; e anche Cocteau). Il titolo è L'ATTORE FA PER FARE, cioè l'anagramma di RAFFAELE PERROTTA, filosofo, filmologo e filmaker. Il titolo non è una parodia ma una realtà; è un omaggio a Perrotta, veramente, ma si estende un po' più in là. Si estende, veramente. Diciamo così: è un titolo personale e impersonale, nello stesso tempo, di taglio in taglio. Ecco il testo.
Charlot è la maschera di Chaplin. Rodolfo Valentino non può competere con Charlie Chaplin: Rodolfo, tu sei troppo lezioso! Ma voi umani pregate Dio: di trovarvi sempre dove si vince. Chaplin ha vinto. Herr Professor coabita con Petrolini-Nerone: grande teatro e avanspettacolo, se l'attore ci sa fare, nulla da eccepire. Grande teatro e avanspettacolo si tengono per mano e vanno in scena. E anche Tazio Nuvolari è spettacolare, perché tutto è gioco. Tutto è gioco, sì: ma con Carmelo non c'è più teatro, e con Carmelo non è più teatro: l'attore è incontaminato, la comparsata è finita. Sì, dire Bene è dire anche De Berardinis. E Shakespeare? Shakespeare è quando io lo incontro.
Orson Welles è il grande cinema. Godard è tra grande cinema e avanguardia: si è così ristabilito un ordine della Classe cinematografica. Tutto ciò che è manufatto dall'uomo è arte: Platone, Marx, e – va bene – anche Godard. Godard lascia che questo film cada come un sasso (che viene dallo spazio). E Cocteau è con lode. E anche Bergman, ma ognuno è uno, con la propria vita; io amo il regista svedese, ma io non sono Bergman.
La voce fuori campo dice "give me fire!"; poi carrellata su un vortice d'acque; poi sovrimpressione, il latte che cola su una fontana, che spruzza acqua dal vortice delle acque; e c'è il primissimo piano del profilo dell'autore, e in dissolvenza incrociata una mano sfoglia un libro, lentamente.
La pellicola ha preso luce in qualche fotogramma. La pellicola è il film. Ma girare è un film da inventare e la ripresa cambia da sequenza a sequenza. E noi, come eravamo nel filmato? Il lottatore senza vittoria è un film già visto. Ci sono pressioni, da ogni parte. Ma i miei teatri non sono i miei capricci. Ma tutto è un limite (SEGUE).
È finito. E che cosa SEGUE? Ora c'è il cut-up del cut-up, ma in versi, e prima parla una voce fuori campo, poi una mente musicale, che chiude con sette settenari. Lo fa per farlo, senza motivo, a costo di dormire dove deve dormire, e da sola. Ecco il testo.
La pellicola ha preso luce in qualche fotogramma. La pellicola è il film. Ma girare è un film da inventare e la ripresa cambia da sequenza a sequenza. E noi, come eravamo nel filmato? Il lottatore senza vittoria è un film già visto. Ci sono pressioni, da ogni parte. Ma i miei teatri non sono i miei capricci. Ma tutto è un limite (SEGUE).
È finito. E che cosa SEGUE? Ora c'è il cut-up del cut-up, ma in versi, e prima parla una voce fuori campo, poi una mente musicale, che chiude con sette settenari. Lo fa per farlo, senza motivo, a costo di dormire dove deve dormire, e da sola. Ecco il testo.
Voce fuori campo: Herr Professor / (Signor Professore) dice: "give me / FIRE!"; // non sono capricci, // poi carrellata, su un vortice d'acque. / Anche Godard lascia che questo film cada / come un sasso. Carmelo spruzza acqua / dal vortice. Io lo incontro e mi manca l'aria. // Charlot è la maschera di Chaplin. Rodolfo Valentino non può / competere. Herr Professor (Signor Professore) / coabita con Petrolini-Nerone, si tengono per mano e / vanno in scena lentamente. Sono soli (e qui, pressioni / da ogni parte, da ogni parte). // Fu fatto molto lavoro. Fu fatta / la pellicola. L'attore usa la lingua / della caccia parlante, e la pellicola / è il film: / chi parla come caccia. // Ma il lottatore senza / vittoria è un film già visto; / l'artigiano mirabile / non basta e si contamina. / Ma il film è veramente / un termine di termini.
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Il programma di “Terribile la parola” di
cui riferisce Massimo Sannelli!
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