( Riceviamo
la notizia della scomparsa di Ignazio Apolloni, il nostro caro
amico Ignazio, quello dell’Antigruppo
e che fece con Pietro Terminelli l’Intergruppo
al quale partecipammo nei cosiddetti mitici anni Settanta e Ottanta, l’autore
di Niusia, questo è essenziale: lo ricordiamo con
questo suo scritto, rinvenuto nell’archivio di Uh Magazine, per le sue Apollonglosse, sull’ultimo
film dei fratelli Coen: Inside Llewin
Davis ▌Alessandro Gaudio & V.S. Gaudio
A PROPOSITO DI DAVIS
Si direbbe C’era una volta, non fosse che sempre
più spesso l’incipit ricorra per quest’ultima generazione di sbandati e
scontenti, senza ideali e senza terra (per dirla con il noto Giovanni Senza Terra) sotto i piedi e
in fondo all’animo. Eppure il fenomeno folk
music non nacque come fuga dalla realtà ma semmai come forma di
arricchimento del vissuto affinché l’arte avesse uno span sempre più ampio. Il genere di musica impregnò di sé le nuove correnti
di improvvisatori e musicisti americani, più sensibili all’evasione da una
civiltà ossessionata dal profitto (il milione di copie di dischi venduti) che
non fatta di estimatori e relativi fans europei. Qui non c’era un ovest da
esplorare; uno spazio in cui annegare la nostalgia e talvolta l’angoscia; un
miraggio cui puntare per sottrarsi all’asfissia, bensì un perenne tentare di
recuperare la grandeur filarmonica composta di musica e miti, archeologia e
filosofie orientali e mediorientali.
Mondi dunque, i due, così
lontani da non avere alcuna possibilità di amalgamarsi: semmai, e piuttosto, di
accostarsi per epitelio, per quindi rinserrarsi nelle proprie prigioni
esistenziali. Sorprende perciò l’eco suscitata dall’arrivo nelle sale
cinematografiche italiane di A proposito
di Davis, un film dei fratelli Coen, candidato a due Oscar, dichiarato Miglior
film dell’anno dalla National Society of Critics, interprete Oscar Isaac,
nonché pubblicizzato come caratterizzato da Un livello di perfezione
senza precedenti o più semplicemente Elegante
e raffinato.
In verità, quale
coprotagonista c’è anche un mansueto gatto mammone: occhi vispi, sguardo
ammaliante per chi sia portato all’attualismo animalistico più esasperato.
Nell’ombra tuttavia cova il rancore di un passato ormai detronizzato epperò
dominato dal revanchismo: la volontà di riprendersi ciò che gli è stato tolto
quasi fosse un diritto inalienabile, irrinunciabile, eterno. Riaffiorano perciò
gli occhi e l’ombra del passato, sia all’inizio che alla fine della proiezione
sotto forma di volontà di distruggere l’altro; ritornare ad essere egemonico:
insomma il volto della dittatura sottile e inafferrabile del Pensiero unico ad ogni costo, costi
quel che costi.
E quel che costi ormai
non è altro che il piattume di una esistenza anonima, non ci fosse una
ribellione; una resistenza al tentativo costante del capitalismo
all’omologazione, il rappelle à l’ordre:
sistematicamente e subdolamente lanciato al mercato degli utenti sotto forma di
immagini pubblicitarie, sottilmente accattivanti.
Degno comunque, il film,
quantomeno di un Oscar per la fotografia e una qualche forma di riconoscimento
a Oscar Isaac per l’interpretazione: né escluderei un premio al gatto color
biondo miele e perciò un tantino edulcorato. Da vedere, ad ogni modo, per non
dimenticare il come eravamo e per sentire il bisogno di uscire dall’impasse, se
non dal baratro esistenziale e psicologico in cui l’Occidente è precipitato.
!Ignazio Apolloni
Regia: Ethan Coen, Joel CoenSceneggiatura: Ethan Coen, Joel Coen
Fotografia: Bruno Delbonnel; Costumi: Mary Zophres
Cast
Jean Berkey: Carey Mulligan
Jim Berkey: Justin Timberlake
John Goodman
Garrett Hedlund
Al Cody: Adam Driver
Llewyn Davis: Oscar Isaac
Bud Grossman: F. Murray Abraham
Poppy Corsicatto: Max Casella
Marty Green: Alex Karpovsky
Mitch Gorfein: Ethan Phillips
Nunzio: Ricardo Cordero
poliziotto: Mike Houston
Titolo originale: Inside Llewyn Davis ; Usa 2013; 105 minuti.▐