Per brevità mi chiamerò Io ░ Massimo Sannelli



Massimo Sannelli
di Massimo Sannelli


Per brevità mi chiamerò Io. Siamo a Milano, abbiamo mangiato le ostriche, abbiamo bevuto, il Giornalista ha pagato, il Giornalista è anche poeta e pittore, e mangia le ostriche e mi chiede un favore culturale, che non avrà. Abbiamo parlato anche di me e ho avuto la rivelazione, nell'età in cui si diventa adulti, nel mezzo esatto del cammino. Facendo. Sedendo, quiescendo e parlando (fingendo, come un prete, l'interesse; ostentando cortesia, ma io sono nobile per nascita, anche se mi faccio chiamare Signor Giacomo e non Signor Conte). Quiescendo, sognando, mordendo; e con le buone ostriche e un mare di Delikatessen, più il vino. In Italia si mangia sempre bene, di tutto il resto non ho esperienza o non ho stima. La rivelazione del Giornalista è questa: "Tu sei un genio, ma non ti sei saputo muovere". È vero: Io non mi sono saputo muovere. Quanto al genio, Io sorrido, perché il genio è inutile, nel dolce orizzonte del mondo: è un piacere solitario, che non finisce mai (il bello è proprio questo: la sua inesauribilità). Ma sapersi muovere è fondamentale: "Gli amici sono TUTTO" è un ordine (di Oriani, quando era tardi perché Io lo sapessi), e ora si deve dire che "gli amici sono TUTTI". Dove gli amici sono Tutti e Tutto, sapersi muovere è strategico. Allora Io si muove, come può. Ora mettiamo che Io decida di diventare molto ricco: lo farei per essere libero dal Tutto e da Tutti. Ora io voglio liberare Io dalla necessità e non se so se sia possibile. Naturalmente dico che è possibile. Il denaro guadagnato chiama molti gelati e chiama molti confetti, perché Io sono goloso; quanto al sesso, il film di Martone rappresenta un Io che va al bordello (sembra una discesa nell'Ade, dico la verità), ma Io non confermo e non smentisco (in ogni caso non è difficile capirmi: chi mangia come Io mangio non è un Io molto prostituito, che va a prostitute; e Io mangio rigorosamente DA SOLO, ma anche con il Giornalista ero solo: era una perfetta nullità naturale, che prendeva il sorriso dell'Io. Voi mi capite?). Dopo i gelati e i confetti la vita scorrerà un po' più dolce, come credo: allora si può lasciare il caro Ranieri, lasciare la seconda Paolina, non lasciarmi soffocare, potrei chiamare con me la prima Paolina e farle vedere un po' di mondo, poveretta, e si può andare via da Napoli e fare tutto, ma non con tutti. La ricchezza aiuta la fedeltà all'elezione, che è singolare, e con le budella della Natura impiccheremo l'ultima Cultura; e al signor Padre dirò "io l'amo, signor Padre", e perché non dirlo? È anche vero che Io l'amo: ma non mi farò più vedere e non chiederò più soldi a casa. Non tornerò mai a Recanati, ma non vorrei restare a Napoli. Parlo da vivo, e come se fossi sano. Cioè parlo di circostanze puramente ESTERNE, come la povertà e i rapporti umani. Lo faccio "con parole non meno belle che ridondanti, come sogliono i prosatori italiani".
Tutto questo è deciso sottilmente e paradossalmente. Lettore, ricordati che io non parlo solo per svagarti. Io scherzo sempre e molto, ma retoricamente: scherzo e incrosto le cosiddette idee nelle cosiddette parole. Insomma faccio un atto stilistico, ma ora ho finito: vado a rivedere un vecchio film con Monica Guerritore, Fotografando Patrizia. La spiegazione del mio gusto è nel numero XXVII dei miei Pensieri.

Monica Guerritore Fotografando Patrizia
regia di Salvatore Samperi 1984