La noia. Damiano Damiani. 1963.
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L’erotismo uretrale e l’arte drammatica dello spasmo #
Anche oggi , mentre facevo la mia
passeggiata di mezzogiorno, che, poi, vai a vedere, tolta l’ora legale e l’ora
del fuso, come ora GMT siamo alle 10, ho avuto ancora dei pensieri morbosi. Che
cosa c’è in quel “gesto orale” di quella famosa attrice nel film “La Noia” di
Damiani che mi turba tanto? Probabilmente il fatto che, lustri dopo,
quando ebbi come referente, come
titolare di una rubrica per un giornale della Mondadori, un caporedattore noto per essere un estensore
seriale delle presupposizioni biografiche di Padre Pio, questo solerte giornalista aziendale ebbe a
censurarmi la riga che conteneva il sintagma verbale che quella interprete de
“La Noia” s’era maritata tre o quattro volte: è evidente, non avevo potuto
aggiungere, visto il box ristretto, che l’anima è immortale e continua a vivere
anche dopo che si è separata dal suo podice terreno, per Urano, mi pare che
fosse, che sarebbe il vettore del volo e anche dell’uccello e della ginnastica
alla trave; fatto sta che quel pio caporedattore mi disse di togliere il
riferimento che il personaggio nominato s’era maritata spesso altrimenti ci
querela. Ora, ieri o l’altro ieri, e non a mezzogiorno, mi è venuto davanti
questa foto Gif e, cavolo come mi ha turbato, mi ha turbato tanto che mi son
detto questa qui chi è, con questa pulsione orale anche Leopold Szondi avrebbe
avuto difficoltà a farle sublimare la sintomatologia che le è connessa! E poi:
ma se l’anima che aveva allora fosse esistita anche ai tempi della censura di
quel caporedattore, con una cinetica orale del genere, come avrebbe potuto
querelarci, di sicuro anche all’epoca quel vestitino le sarebbe stato addosso
come negli anni Sessanta. L’anima , se non è immortale, è abbastanza larga e sa
come riempire di carne e di pondus i
vestiti che trent’anni prima le stavano
giusto a pennello del tergo. Quell’attrice dentro quel film, con quella
smorfia, è tra erotismo uretrale e esibizionismo, la pulsione di sorpresa è il
motore del suo esserci: per poco che si sappia delle considerazioni di Leopold
Szondi, si fa presto a vedere che tutto pulsa tra censura interna, censura
morale e accumulazioni di affetti brutali; non basta: la socializzazione del
carattere del fattore pulsionale “e” attiva misericordia, dolcezza e ingenuità,
ma un po’ che va sotto tende all’esplosione; quando è sublimata abbiamo
l’umanesimo religioso ed etico e i biografi dei monaci. Può darsi allora che in
menopausa, tra manifestazioni allergiche, emicranie e bisogno di farsi valere,
l’erotismo uretrale propenda per l’igiene e la censura. Per i visionatori, nel
senso di Edgar Morin, niente va mai via; poi, se l’hai rimosso, e in qualche
modo quel turbamento si è un po’ diluito o smacchiato, c’è sempre tumblr che, un bel mezzogiorno, ti fa
lampeggiare quel fotogramma alla base di tutta la storia del conflitto tra
pulsione “e” e “hy”: non era la censura di quel giornalista aziendale e
biografo del mistico, era semplicemente la mistificazione dell’erotismo
uretrale, che, sappiatelo, “uranizza” l’oggetto “a” del visionatore e della
visionabile: nella sintomatologia di quei fattori pulsionali, Szondi nominava ,
da un lato, la rinite spasmodica e , dall’altro, l’epilessia essenziale, e
equivalenti. Dello spasmo. Va da sé che il gesto uretrale dell’attrice mi dette
da pensare per lungo tempo alla teoria degli spiriti, contenuta nel trattato di
fisiologia Universa medicina[1542] di Jean Fernel: le arterie, il
ventricolo sinistro del cuore e le cavità del cervello sarebbero riempite da
una sorta di “spirito etereo” fin quando l’anima non ha abbandonato il pondus,
poi, altro che anima immortale, la pulsione uretrale non c’è più. Mi venne in
testa anche la sollecitazione a pensare a una nuova metoscopia, come se quel gesto fosse una sorta di segnatura mobile, invece che sulla
fronte, in faccia: difatti Ciro Spontoni [1626] asseriva che “tre linee fra le ciglia con l’altra
ne la fronte mostran virtuoso, industrioso, acquistar onori, far viaggi, longa
vita, et aver tre mogli”; adesso, con il gesto uretrale dell’attrice si poteva
asserire che mostrasse un soggetto virtuoso, industrioso, con onori e viaggi e
il matrimonio con tre uomini, ma il fatto è che non mi riuscì di trovare un
nome a questa nuova disciplina. Infine, ebbi ad arrovellarmi il cervello per la
trasmigrazione delle anime, per via di quella connessione che c’era tra corpo e
anima, e quel pondus e il vestitino che l’attrice indossava quando con il gesto
uretrale alluse al fatto che 11 anni dopo, quasi un ciclo di Giove, uno stesso
gesto uretrale dette inizio, per il visionatore trent’anni dopo, alla
fenomenologia della Marrabecca o, se
vogliamo, di Ura Rumis (1), ma qui, è
evidente, che siamo nella mistica del
linguaggio, ma si tratta del linguaggio non-verbale, che, si sa, oltrepassa
la pura comunicazione fra gli esseri, comunica qualcosa d’inafferrabile o di
simbolico, insomma si ritorna alla teoria degli spiriti, ma spiriti verbali,
con un connotatum interno, misterioso, segreto, che rimane inespresso e che non
avrebbe un significato, un senso, se non ci fosse, nei lustri a venire, un
visionatore che, essendo un maestro della mistica del linguaggio e della teoria
degli spiriti, vede, interpreta e svela per il gaudio del suo oggetto “a” e
dell’oggetto “a” anche del visionabile, se non è trasmigrato o, se trasmigrato,
sta passando in quel tempo col proprio fantasma al meridiano del visionatore.
Nel cabalismo della mistica del linguaggio, Ura
Rumis, usando la tecnica numerologica con l’Alfabeto Rosa-Croce, ci darebbe due arcani: il 74 e l’11. L’arcano maggiore, è quello della Forza, tra corpo e infinito, una
semplice addizione e riduzione mistica della dama serena e trionfante, quella
dalla calura ardente, che domina il (-φ)
, anzi lo doma, il Leone vinto dalla Vergine, non distrugge ciò che è istintivo
o bestiale, lo utilizza; Ura Rumis
non solo si fece, nell’immagine di cui riferisce il poeta, Marrabecca ma, ancora lustri e lustri dopo, fu la mano nell’azione di prendere e trattenere,
che è l’archetipo-verbale della Forza,
spirito dell’unghia e dell’ardore smodato, come Cirene la ninfa cacciatrice che
svergognò e sedusse Apollo: sul monte Pelion Apollo trovò Cirene sola e senza
nemmeno una lancia che combatteva contro uno spaventoso leone…Il 74, che
sarebbe il Sei di Denari, è in realtà la combinazione del nome(=23), che è il
Re di Bastoni, e del cognome(=51), che è il Re di Spade: Ura Rumis è il Re di
Bastoni e il Re di Spade: il primo sta sempre in piedi con uno scettro su un
leone, che, appunto, è l’uomo di genio, il sapiente, il visionatore critico e
artista della Battaglia dei Gesuiti; il secondo naviga in piedi su una
mezzaluna e con la spada tocca due pesci, è un tarocco sotto l’egida di
Giove(abbiamo visto sopra che tornava dentro la nostra storia dell’analemma
esponenziale del gesto uretrale della ragazza-attrice e dell’immagine della
Marabecca), che è di volta in volta la ragione sociale del suo esserci, come vedova
e quindi donna del doppio fallo, sacerdotessa, figura magistrale e ufficiale
dell’industria nazionale dello
spettacolo.
░ v.s.gaudio
- (1) Un’altra
versione per la Marrabecca è
quella del nome Uma, che, abbinato al cognome Rumis,
combina gli arcani 27 e il 51 risolvendo l’analemma
esponenziale non nell’arcano 11 ma nell’arcano 15, che, ancor più
heimlich, almeno a prima vista, è quello del Diavolo, il cielo mercuriale della lussuria e della
concupiscenza. Lo spasmo dell’erotismo uretrale e la figura della
tentatrice: non a caso si tratta del becco di Mendes. Uma, come 27, sarebbe l’arcano dell’ Asso di Bastoni, Uma come lettera o ordine, quindi smorfia che
ingiunge e decreta: uno scettro o bastone in mezzo alle fiamme è tenuto da
una mano. La somma, che fa 78, è
il tarocco dell’evoluzione della materia. Uma Rumis è come la
condensazione del tesoro patagonico: appare come pondus normomesomorfo e
becca l’oggetto “a” del visionatore e del poeta con la sua mossa uretrale,
lo spasmo numinoso di Uma. La
Marrabecca magistrale che con la sua spada tocca sempre due pesci, quello
formalizzato e formalizzabile e l’altro che non appare in superficie o
che, mancando, è come la mezzaluna ad arco sul doppio (-φ).
$Leggi anche è Uma Rumis il mio oggetto che vola