© noah kalina
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La
storia della gallina è vecchia v E il monadismo doppio del poeta per via dell’uovo
e della biova con la mortadella
La storia della gallina è vecchia,
ricordo che c’era una litografia di Anna De Rossi, negli anni Settanta pittrice
di Torino tra i surrealisti, con una donna che aveva una gallina o un cesto con
le uova in testa, e allora, poi, venne fuori un fotografo che voleva
fotografare il poeta con una gallina in mano per via del pollaio di Mia Nonna dello
Zen che già l’aveva messo al centro di un aneddoto: che, come
Arthur Bloch, l’autore di Murphy’s Law,
che era stato assistente di autolavaggio e raccoglitore di uova, il poeta era
un maestro nell’automaneggio e, giustappunto, era stato raccoglitore di uova
sia nel pollaio di Mia Nonna dello Zen che nel pollaio di Sua Suocera del
Bagliore Ainico; poi, circolava anche quella che era il più grande batterista
senza batteria ed era tuttora un magistrale suonatore del basso, specialmente
al mercato della Crocetta il sabato. Insomma, il poeta non finiva mai di
stupirsi a Torino e di stupefare, e dunque c’era questo fotografo che gli fece
un provino, non ricordo bene, nello studio con un ombrello sullo sfondo o un
ombrellone e sotto stava all’ombra
quella giovane torinese che a un certo punto divenne la playmate del mese per “Playmen”:
era del tipo ectomorfo e bionda di pelo del Capricorno che, di solito, ha il
pelo al massimo castano, come il prototipo del conno saturnino che era e rimane
Françou, che, essendo transalpina, aveva
una certa linea savoiarda che dritta dritta raggiungeva il (-φ) del poeta di stanza in quegli anni di piombo nella città
che tanto ha dato ai terroni e alla meccanica e alla sociologia, e anche alla politica, all’economia e all’estetica, della ruota. Allora: questo fotografo, che non
so come venne fuori, anzi lo tirò fuori
l’amico del poeta che stava con Claretta G. e che faceva anche le copertine per
i libri della Rusconi, ma l’idea era stata di Claretta, che, a un certo punto,
mentre girava per negozi alimentari a ridosso del Po, col poeta che l’accompagnava e che, si sa,
due erano le cose che lo facevano impazzire: l’uovo fritto e il panino, anche
una semplice biova, con la mortadella, e forse prendendo una
confezione di
uova, disse: “Sai, Vuesse, che ne dici di farti fotografare con una gallina in
mano? …Per via delle uova…”; e il poeta:”Ah, sai che l’Anna De Rossi mi ha
regalato la lito della donna con la gallina?;”Ah, poi le hai scritto il
pezzo?...Deve esserle piaciuto molto…di solito non tira fuori niente…”, e il
poeta, riprendendo il riferimento alle fotografie con la gallina in mano: “Mi
fa senso la gallina a prenderla con le
mani…Che me ne faccio di una gallina in mano?” E lei, sempre un po’ vaga ma
tenera e allusiva: “…Certo. Vista così sembra una cazzata, ma non è detto che,
sotto, non ci sia…che so? La questione dell’uovo…”; il poeta:” E’ nato prima il
poeta o la gallina? O: il poeta e la gallina, la poetessa e il gallo, e perché
non il tacchino e la madre del poeta?...”.
Per chiuderla, non si sa come andò a finire. La litografia di Anna De
Rossi, poi, il poeta la regalò, o, forse, la
barattò con una fornitura di uova, di sicuro ci fu un curioso risvolto:
Mario Molinari, che era un altro dei surrealisti di Torino che sembra che
facessero capo a tal Pontecorvo(di cui il poeta non ha memoria, difatti lo
rimuove sempre e non ricorda mai il cognome:per questo glielo abbiamo scritto
qui), e compagno non solo di sbronze della suddetta Anna, uno che faceva anche
mobili surreali, pur di non dover dare un suo manufatto, il poeta lo ricorda
come scultore, anche perché pare che non avesse in produzione prototipi
maneggevoli, che so un tegamino surreale
e monopoetico acciocché il poeta affamato potesse cuocersi l’uovo serale,
insomma un giorno incontrò il poeta nella sua officina per ridargli il testo di
critica d’arte che il poeta aveva scritto sulla sua opera dicendogli che era
troppo alto per la sua produzione di fabbro; il poeta, al momento, ci rimase
male, poi lo raccontò in giro e, in capo a tre lune, fu invitato a visitare lo
studio di Ugo Nespolo, in via Caboto, se ricordo bene, e, in più, Paola De Cavero
gli presentò addirittura Penone. E poi
girò, perché Torino è geometrica e con i suoi chilometri di portici favorisce la diffusione delle massime,
degli aforismi e delle cazzate, che, questo è sicuro, non si bagnano e quindi
arrivano asciutte e tese all’orecchio del destinatario, girò questa cazzata del
poeta: la pittrice presenta Penone al poeta e dice:”Penone!”; il poeta: “E’ da
vedere!”
Alla presentazione, non rise nessuno.
Invece, per i 13 chilometri di portici,
l’inverno torinese fu riscaldato da incontri veloci e da saluti a mano del
genere:
1.“Penone?” e l’altro, che non si fermava nemmeno: “E chi l’ha visto?”;
2.“Penone: s’è fatto vedere?” e l’altro:”Figurati, se si fa vedere!”;
3.”Penone,
l’hai poi visto?”, “Io no, ne son sicuro: e tu l’hai visto il Penone?”;
4.”C’era
all’inaugurazione il Penone?”, e l’altro:”Col cazzo”, oppure:”Forse c’era. Ma
chi l’ha visto?”;
5.”Letto, su “La Stampa”, cosa scrive ** sul Penone?”; e l’altro di
corsa entrando al Baratti & Milano: “Non
fa più cronaca d’arte, si è dato all’anatomia?”;
6.”L’ha visto mia moglie
giovedì il Penone…un po’ giù” e l’altro: ”Non farci caso. E’ capitato pure con
altre mogli.”;
7. “Vedo Penone oggi”, e l’amico:”Abbracciamelo!”.
Ci sarebbe anche questa, che non girava
sotto i portici:
8.Il poeta incontra la Paola sotto casa in via S. Francesco da Paola:”Come sta Penone?”
e lei:”Benone!”, il poeta: “Stai sempre al piano americano, eh?!”
8.Il poeta incontra la Paola sotto casa in via S. Francesco da Paola:”Come sta Penone?”
e lei:”Benone!”, il poeta: “Stai sempre al piano americano, eh?!”
La storia della gallina e anche della
fotografia con la gallina è vecchia, anche il poeta, che andava a zonzo con
Claretta che, era risaputo, girava senza mutande, si è fatto più saggio, non
fosse altro per via del sestile Sole-Saturno, che è quello della maturità di
una persona e della frugalità, e anche
dello sciopero della fame, e dei piaceri singolari, se vogliamo essere meno
rinunciatari, d’altronde non abbiamo ancora tirati i remi in barca né abbiamo
dovuto dimetterci da un incarico che mai abbiamo avuto, questo disse una tarda
sera d’inverno il poeta dell’ermeneutica filosofica e della filosofia del
linguaggio, e dell’epistemologia e della teoria della conoscenza, quello della
trascendenza dal Dasein, della res extensa e della monade, quello del
metalinguaggio e della Lebenswelt; adesso mangia frittatine di carciofi e anche
uova e sardicella, che a Torino mi dici come te le fai, la gallina la puoi pur
tenere sul balcone o nella mansarda, ma la sardicella non è certo come il caviale,
che lo puoi esportare di qua e di là e te lo mangi quando ti aggrada; certo, c’è
ancora in uso quel che fu il pollaio di Sua Suocera del Bagliore Ainico, ma non
è più un raccoglitore di uova e la gallina in testa a quella donna nella litografia
di Anna De Rossi, anche quella, è andata perduta, insomma la storia non si
ripete, anche se in via Giambattista Vico accadde qualcosa una sera che ricuce, nella memoria
del poeta, il nesso tra quell’oggetto “a”
che si formò tra la fotografia, le uova e il pelo biondo della matura musardine
e un altro oggetto “a” che si formò per quell’angolo in via Vico e la frittata
mangiata in compagnia di una giovane immigrata dal podice marchigiano. Ma di
quest’altra storia, che non avvenne in taxi, non c’è, al momento, nessuna
riproduzione fotografica.
Noah Kalina, anche per tutto questo, ha
fatto questa foto con la gallina, che è, sì, fotografica ma non fa l’uovo, o il
punctum, patagonico. L’uomo non è il
poeta; la gallina non è di Torino né del pollaio di Mia Nonna dello Zen né tantomeno
di Sua Suocera del Bagliore Ainico; la donna non è la musardine dal pelo biondo
sabaudo, anche se a quella sembra rinviare l’oggetto “a” del poeta, è l’elemento
che fa sobbalzare, per questa specularità, il (-φ)
del poeta. E Jacques Lacan che, a leggerli tutti i Seminari fatti negli inverni
rigidi di Parigi, non sembra che abbia trattato il (-φ ), la poesia, la gallina, il fotografo Kalina e il raccoglitore delle uova,
insieme, in un seminario o in una frittata.
| by Gaudio Malaguzziv
No. Non è della Anna De
Rossi: è un Black Hen di Jim Field |
░ No. Non è della Anna De
Rossi:
è una xilografia di Walter Williams
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