Un po’ dentro la guida
alle sale da ballo dei nostri anni cinquanta, quando arrivava pure la giostra,
metti che era carnevale e molta gente vestita a festa balla e ride, e poi
arriva questa mesomorfa come c’erano in quei tempi che è triste perché hanno mandato
suo padre in galera perché era tra i sabotatori del Principe Nero di Cerchiara,
e a lei hanno detto che l’hanno rimandato in guerra, e non c’è nessuna guerra.
Arriva qui e la segue uno che se non è un tanghero poco ci manca, comunque si
deve ballare, son gli anni cinquanta che vuoi fare? Non è come quella storiella
che c’è in Guida al Balletto di Woody
Allen, che lui si chiama Leonida e lei Natasha, e lui come la vede cade dalle montagne russe, e Natasha lo aiuta
ad alzarsi e i due ballano un pas de deux,
dopodiché Leonida cerca di impressionarla roteando gli occhi, invece sembra che
abbia una parrucca o si è buttata una bottiglietta di acqua ossigenata in testa
e gli son venuti i capelli biondi, Leonida si mette a ridere e si scusa, e
Natasha che, qui nella sala del ballo, si chiama in un altro modo e lui pure,
anche se è lo stesso una marionetta, tanto che la ragazza, che, l’abbiamo
detto, vuoi per le scarpe e vuoi per la gonna, ha il taglio della mesomorfa
tipica del sud Italia negli anni cinquanta che, se vai a pesarla, se è alta sui 162 centimetri,
fa sempre 55 chilogrammi e se è alta 165 fa 60. Ad ogni modo, i due ballano che
al confronto lo spettacolo delle marionette è uno strazio, così che non si può
pensare che debba esserci quel grande
pupazzo che, nel micro racconto di Woody Allen, si chiama Dmitri e che s’innamora,
appena ne vede la curva del podice, di Natasha. Questi due che ballano nella
nostra sala da ballo in quegli anni cinquanta si vede che hanno fremiti a buon
mercato, anche se lei pensa di più al gran pupazzo, che, lei lo intuisce, non è
fatto di segatura e oltre che un’anima
ha di sicuro, come nel frattempo dice Lacan nei seminari a Paris, un (-φ) che non può essere di
segatura ma forse è di legno e allora mentre sta ballando con questo bel tomo
che si è buttata la bottiglietta di acqua ossigenata sui capelli e si è fatto
biondo pensa che poi si apparta sulla
spiaggia col gran pupazzo per vedere che
tipo di fremiti ha con lui, se a buon mercato o se, come pensa che sia, saranno piuttosto
quei trilli del diavolo che, appena chiuso il pas de deux, lei, che non è Natasha, sarà costretta a confessargli
il suo amore, ‘che un gran pupazzo così il gaudio lo raggiunge anche se, mamma
mia, a vedergli fare il pas de deux,
sta sudando come un bue.
La sala da ballo,
mentre passano i titoli di coda, si sta svuotando, poi c’è un campo lungo in
cui all’orizzonte il mare e in qua un altro pezzo di spiaggia e il Leonida che
era con la nostra Natasha che non si chiama così perché siamo nel Sud Italia
negli anni cinquanta e ancora non erano arrivate troie e badanti russe e
ucraine sta di spalle rispetto al visionatore virtuale e sta componendo quello
che, tra i 64 esagrammi dell’I Ching, è detto l’abissale, acqua su acqua, tanto che all’improvviso c’è un tuono e
vien giù un acquazzone tanto forte che, via, chiude anche la giostra e tutti a
correre e a ballare per strada cantando nel blu dipinto di blu. Tanto fai
passare ‘sti due decenni del cazzo e poi vedrai che musica!
L’abissale che ci è
venuto fuori, quello che sopra c’è Kkann e sotto anche, che è uno degli otto
segni doppi: il segno Kkann è quello del precipitare dentro, una linea yang è
precipitata fra due linee yin, che son quelle spezzate, e quella che precipita
è intera, come immagine è l’acqua e nel mondo umano è il cuore, anche se uno
avrebbe potuto pensare che fosse l’anima che è racchiusa nel corpo, ed è quello
che si vede quando la mesomorfa balla. L’acqua che viene dall’alto e che nella
sala da ballo è in movimento per questo ci sono i fremiti e i trilli a buon
mercato, come se fosse una gola montana, come uno stato nel quale ci si trova,
come si trova l’acqua in una gola, e il canto di Sia, se state a sentirlo, è
per questo che è così bagnato, avanti e indietro, poi ci si ferma un po’,
altrimenti finisci in una buca o in una brocca di vino, ogni passo avanti e
indietro e non c’è tempo di pensare a fuggire, nemmeno dalla finestra, che, a
ben vedere, non è strano che non si sia mai vista una sala da ballo con le
finestre?, e giungendo al quinto posto in alto come se fosse la complessità di
Abraham Moles c’è questa linea che cade ed è l’abisso che non viene colmato
troppo, viene riempito solo fino all’orlo, quindi come se la complessità c’è ma
non deborda, nessuna macchia, e laggiù, sulla linea dell’orizzonte, il
visionatore che non è il gran pupazzo di Natasha come se fosse legato con corde
e gomene, invece di far fare alla mesomorfa di 55 chili lo shibaru è per tre
anni senza orientamento dentro il fantasma inondato dal suo sibaritismo mancato
che si farà abissale piacere singolare. Quel che rimane è che l’abissale è l’esagramma
numero 29, che, nella smorfia del sud Italia, non è altro che il (-φ) di cui negli stessi
anni cinquanta Jacques Lacan psicanalizzava le gesta nei suoi freddissimi
seminari a Paris, senza mai aver detto che in realtà l’abissale si chiamava
semplicemente Braquemart.
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29. KKANN – L’ABISSALE