Gioia vs Gaudio . Divagazione
watzlawickiana sul nome eterno pretorile e sul nome eterno anagraficov
Un giorno, Mia Nonna
dello Zen, stavamo seduti vicino alla
porta del casolare del Giardino dell’Arancia, se ne uscì all’improvviso con
questa domanda: “Titti Gioia ha un codice catastale diverso dal nostro?” Un po’
come Franzl Wokurka, originario del villaggio austriaco di Steinhof, davanti al
cartello che diceva : E’ vietato
calpestare le aiuole. I trasgressori saranno puniti a norma di legge.[i]
La situazione sembrava offrirmi una sola possibilità di scelta tra due
alternative che mi parevano entrambe inesplicabili: da un lato, Titti che aveva
il mio stesso codice catastale e quindi perché era venuta a nascere qui?
Dall’altro, Titti che aveva un altro codice catastale e quindi la sua Herkunft sarebbe stata rinvenibile in
esso? Mi venne così da dare questa risposta a Mia Nonna: “E’ il padre all’origine del suo codice catastale o è la
madre?” Improvvisamente Mia Nonna dello Zen si rese conto della possibilità di
un’alternativa alla sua visione del mondo: al ragazzo, che stava lì con lei
sull’uscio del casolare, non interessa la proprietà di un corpo, lui vuole
l’incanto della sua stessa legge, se ne fotte del fatto che il padre di
quella ragazzina sia il gestore pretorile della legge in questo Habitat che è
geneticamente immesso nel nostro codice fiscale, fu un attimo ma in
quell’attimo Mia Nonna la vidi
sorridere, lieve, in una sorta di melodia sommessa, quasi impercettibile, come
l’Ecate di Watzlawick, ma dalla parte di Wokurka. Il ragazzo che ero, lo
ricordo, fu anche lui per un breve attimo dentro quest’ebbrezza, e poi si mise
a raccogliere i fichi dall’albero che imponente con i suoi rami oltre il limite
del casolare davano sul pollaio, che, da tempo, era vuoto, come l’affermazione “il re d’Italia
è a Lisboa” o peggio ancora come l’affermazione “Il re d’Italia è ad
Alessandria d’Egitto”. Sia alla prima che alla seconda, se non siamo come
Wokurka, dobbiamo scegliere tra ”è vera o falsa?”. Intanto che il tempo passi,
stando in corso Vittorio Emanuele III, la sera al 98 e la mattina dopo al
numero civico 3, invece di essere di fronte, dove il numero civico, la sera era
dispari, 83, e la mattina dopo era pari, 4, il ragazzo del tertium non datur , che era anche quello della posa del caffè, almeno lo sarebbe diventato, dopo che la libraia a
Taranto, per prendergli il Trattato
di Otto Fenichel[ii]
dallo scaffale più alto, dovette salire sul gradino più alto della scala, e
quindi del foglietto “se non è zuppa è pan bagnato”, una mattina si disse: lo
sanno anche i bambini, Titti è bionda e viene dal levante, è venuta qui
nell’accampamento nemico che stava assediando la prigione del ragazzo-poeta e
ha lasciato una cesta d’arance; Mia
Nonna dello Zen ha riconosciuto subito le sue arance e, agnostica com’era, capì
che l’idea della ragazzina era buona, anzi pensò che se c’era una ragazzina che
si beffava della loro definizione ufficiale e territoriale del codice
catastale, la provenienza della ragazzina non può che essere ad Est, ma
dell’est un po’ prima che si arrivi al mare, disse Mia Nonna, e allora è nel
codice catastale del padre che ha la ragione del suo Dasein, questo disse Mia Nonna, allora perché noi diamo la cesta di
arance all’altro levantino delle poste? Venne alla porta che immetteva alle
scale del primo piano e Mia Nonna mi chiamò: Enzù: Il Gaudio che può essere
detto Gaudio non è l’eterno Gaudio; il nome che può essere nomato non è l’eterno nome[iii]. Bada ai sinonimi, e
sappi che il DELI pone prima l’origine del Gaudio e, successivamente, venne la
Gioia[iv] ! In ogni caso, hai fatto colazione con la zuppa di pane nella posa del
caffè rifatta alla terza? E’ questo che
cerchi? Sei sicuro che non ci sia un altro modo con cui potresti cercare, e
cercare qualcosa, qualcuno di cui nemmeno conosci il nome? E se conosci il
nome, lo vedi, non ne conosci il codice catastale, e dunque se la ragazzina è
la nostra assediante e le arance sono quelle del nostro codice catastale, lei
che cosa sta cercando?
Nonna, ricordo questo:
Nonna, le risposi, dal ballatoio delle scale: che cosa può esserci nell’anima
di una ragazzina che non ci sia già nel suo nome, il Tao del nostro nome
d’altra parte è un po’ come il suo Tao, meno mistico, d’accordo, ma come hai
detto tu non è l’eterno Tao, quindi quel suo cognome non sarà l’eterno cognome,
ne prenderà un altro, e forse un altro ancora, quando sarà nomata con
quell’altro nome che non è l’eterno nome della sua Herkunft, allora sarà ancora la ragazzina che era nella mia
fotografia di gruppo puberale scolastico[v], in cui, è risaputo, io
mai apparirò?
E lei: Enzù, non
metterti in viaggio verso un altro disinganno; se chi si mette in viaggio viene
qui, occupa la terra del nostro codice catastale, se ne appropria e poi andrà
via, vedrai, potresti incontrarne qualcuna quando sarai adulto e lei ti
risponderà che non era questo che
cercava e riderà della tua fotografia e della tua memoria e anche del tuo essere
più io di te stesso, e poi vedrai che il romanticismo della fotografia, che
è un po’ il punctum di Barthes e il patagonismo di Baudrillard, non ha
considerato la semplice possibilità che quella ragazzina bionda non esistesse,
è difficile spiegarlo con chiarezza e in maniera convincente, specialmente
adesso, che devo andare in campagna, e guardala la fotografia: non è bionda!, ma è pur vero che nessuno sfugge alla propria
prigionia; visto dall’esterno, può darsi che uno di quelli che ha dato origine
al corpo della ragazzina in quella fotografia puberale arrivi a picchiare il
tuo tertium, la tua grande
intelligenza, l’eterno Tao, l’eterno nome, che è Gaudio, prigioniero com’è nel
mondo manicheo e nel mondo degli ombroni, perché ha il suo contrario
nell’eterno non-nome, o nell’altro nome, che, lo vedrai, è ancor più dall’est
che viene, per questo ci sono uffici dell’anagrafe, che come alcune religioni
vietano di attribuire un nome a Dio, attribuendo il nome Gaudio violano l’articolo 22 della Costituzione e
l’articolo 6 del Codice Civile. Non è un caso che, specularmente, il nome eterno pretorile sia Gioia e il nome eterno anagrafico sia Gaudio[vi]!
[i] Cfr. Paul Watzlawick, Tertium non datur, in: P.W., Di bene in peggio, trad.it.
Feltrinelli,Milano 1987.
[ii] Si trattava di: Otto
Fenichel, Trattato di Psicoanalisi,
trad.it. Astrolabio-Ubalbini, Roma 1951.
[iii] Cfr.Paul Watzlawick,
“E’ questo che cerco?”, in: P.W., Di bene in peggio, trad.it.cit.
[iv] Non è sicuro, ma il DELI dà: │gàudio│, s.m. ‘gioia intensa, spec.in senso spirituale o religioso’(gaugio: av.1272, Re Enzo; gaudio: av.1294, Guittone) ‘ciò che è oggetto di gaudio’(av.1294, Guittone). Dà: │ giòia│, s.f. ‘stato d’animo di intensa allegria e contentezza’(sec.XIII, Rinaldo d’Aquino), ‘persona o cosa che procura piacere e felicità’(sec.XIII, C.Davanzati). Come pietra preziosa, gioiello, è temporalizzata av.1250, Giacomo da Lentini. Anche nel Vocabolario della Lingua Italiana, sempre edito dalla Zanichelli, abbiamo, nell’edizione 2009: 1.a pag.985: gioia[fr. Joie, da gaudia, nt.pl. di gaudium ‘gaudio’ considerato f.; av.1250] s.f. 2. A pag.959: gaudio[ vc.dotta; lat. gaudiu(m) da gaudere ‘godere’; 1268] s.m. ma 3. A pag. 1002: Godere o gaudere [lat. gaudere, di orig,indeur.; av.1237]. C’è, con la somma cabalistica, della differenza temporale dei tre etimi, una sorta di ipersoluzione numerica, 18 tra ‘gioia’ e ‘gaudio’ e 13 tra ‘godere’ e ‘gioia’ farebbe 31, che è inequivocabile come postura nel F.du Clergé de France[1790]. Da godere a gaudio passano, si vede, 31 anni; nel DELI , tra il 1250 di ‘gioia’ e il 1272 del ‘gaudio’ di Re Enzo (Enzù!), l’ipersoluzione è il 22, che, come postura, è quella della Riconciliazione. Cosa davvero improbabile per il tempo trascorso e per i dispositivi di sessualità e alleanza ormai consunti : ma se la Riconciliazione fosse avvenuta, sarebbe avvenuta dopo un lungo periodo a base 31, no?
[iv] Non è sicuro, ma il DELI dà: │gàudio│, s.m. ‘gioia intensa, spec.in senso spirituale o religioso’(gaugio: av.1272, Re Enzo; gaudio: av.1294, Guittone) ‘ciò che è oggetto di gaudio’(av.1294, Guittone). Dà: │ giòia│, s.f. ‘stato d’animo di intensa allegria e contentezza’(sec.XIII, Rinaldo d’Aquino), ‘persona o cosa che procura piacere e felicità’(sec.XIII, C.Davanzati). Come pietra preziosa, gioiello, è temporalizzata av.1250, Giacomo da Lentini. Anche nel Vocabolario della Lingua Italiana, sempre edito dalla Zanichelli, abbiamo, nell’edizione 2009: 1.a pag.985: gioia[fr. Joie, da gaudia, nt.pl. di gaudium ‘gaudio’ considerato f.; av.1250] s.f. 2. A pag.959: gaudio[ vc.dotta; lat. gaudiu(m) da gaudere ‘godere’; 1268] s.m. ma 3. A pag. 1002: Godere o gaudere [lat. gaudere, di orig,indeur.; av.1237]. C’è, con la somma cabalistica, della differenza temporale dei tre etimi, una sorta di ipersoluzione numerica, 18 tra ‘gioia’ e ‘gaudio’ e 13 tra ‘godere’ e ‘gioia’ farebbe 31, che è inequivocabile come postura nel F.du Clergé de France[1790]. Da godere a gaudio passano, si vede, 31 anni; nel DELI , tra il 1250 di ‘gioia’ e il 1272 del ‘gaudio’ di Re Enzo (Enzù!), l’ipersoluzione è il 22, che, come postura, è quella della Riconciliazione. Cosa davvero improbabile per il tempo trascorso e per i dispositivi di sessualità e alleanza ormai consunti : ma se la Riconciliazione fosse avvenuta, sarebbe avvenuta dopo un lungo periodo a base 31, no?
[v]Vedi: Mimma Folda esiste? Divagazione ziffiana
di V.S.Gaudio con Marisa Aino, “Uh Magazine” 2-2016.
[vi] Il nome, questo
è pur vero, si ritrova sempre a mani vuote, ogni volta che io so che questo non è ciò che cercavo, egli
distoglie lo sguardo: è come l’oggetto “a”, quando culmina al meridiano, e
lo perdo di vista, io sono più io di me
stesso, in quel momento, appena comincia il tempo della svolta e della
controra, e il nome, pure eterno, non trovandosi nel Dasein e nel mondo, non è più questo, questo nome attribuito a lui,
solo che questo non è il nome anagrafico che è nel mondo esterno
ma è il nome che è in me, così il mondo non può privarci di ciò di cui è privo,
e torna a ripetersi con sua enorme meraviglia. Il nome, che è l’ipersoluzione per l’esperienza da riprodurre,
riprodotto in fotografia o distoglie lo
sguardo o, addirittura, non compare.