Simonetta Molinari ▌Hurta

come bevo la vostra vita in disparte
amici folli un tempo si scioglie fra le
mani con cui giochiamo
amici per cui ogni notte rubata alla notte è resurrezione
amici bevono sangue chiamato vino che amano disperatamente
tutti senza amare un nome
gelosie con vomito
              con terrore di dormire soli
              con coboldi sconosciuti
amen nei sogni profetici di una mente ormai
              troppo vasta
compagni che avete percorso prima
tutti gli spazi dalle più alte impalcature
alle misteriose(?)  vie polmonari che da marghera
vi portarono in un prato
non vergogna della nostra notte
il tempo non è nostro
del nostro corpo
come una bomba ad orologeria

nera assente fumo soffoca note stridule
             una scarpa sì
                    una no zoppa
nel telescopio di dio
qui dentro tre più sette come vergine con qualcosa da pagare
            denutrito nella nascita
amo lo spazio mentale che si rilassa ricordando numeri telefonici
             e indirizzi sotto i portici non amo protagonisti
no lilla laila come cucciolo non scontri inutili
                     senza fiato
pesante la testa ascolta un po’ di freddo
            il deodorante rimbalza sulle montagne

ho riconosciuto in un machete
affiorante
il tuo corpo-altro da me
ma simile nell’odore di violenza
che ci accomuna

abbiamo in comune
la meraviglia di un morso
granturco bruciato
e occhi-stelle
quando sanguiniamo
sulle bombe che ci fiutano

non posso dimenticare che non ho ali che non ho mare
né strade né mondo per tessere una vita che non possiedo
eppure ogni volta sono-sei qui come se il tuo fulmine veloce
mi  riconducesse al grembo di mia madre
come se un treno lontano ripercorresse la mia infanzia
vagoni riservati a embrioni di libertà
celle frigorifere per tori zampillanti olé e si
le mie orecchie le mie banderillas le mie mani
che muoiono nell’allegria e la miaètuanostra
e solo in risi ubriachi penso che io non sono te

da : Simonetta Molinari, hurta, editrice l’aquilone, collana “simboli oltre” a cura di Alberto Cappi, Mantova 1975

Thanatos, lo “straniero”, attraverso la scrittura prende coscienza, nella rabbia degli dei decide sulla propria memoria (ricordo), colloca le pulsioni di eros nello specchio/agguato di urti nucleari (hurta), riabilita la sua forza sogno (la poesia), domanda di esplodere, di uccidere l’occidentale universo del ma.

Alberto Cappi(dall’Introduzione a hurta)