Cornelia Hediger ▬ Doppelgänger

Cornelia Hediger
Doppelgänger
Hediger’s photographic assemblages are an autobiographical dialog between herself and a series of doppelgängers or doubles.Hediger is both photographer and model, acting out a series of characters representing hope, despair, good, evil, past and present.She describes the interactions between characters as “an internal dialog and struggle between the conscious and the unconscious”.Herimages toy with perceptions of self and the variety of selves that can exist within an individual. At times her work speaks of an internal darkness and mistrust of self but ultimately humor takes over forming a more playful exploration. (via)

Born in Switzerland, Cornelia Hediger lives and works in NYC. She earned both her BFA and MFA from Mason Gross School of the Arts at Rutgers University. Her imagery has been presented in exhibitions at Wallspace Gallery in Seattle, WA; Anita S. Wooten Gallery in Orlando, FL; PS122 Galleryin NYC; the International Center of Photography in NYC; Maryland Institute College of Art in Baltimore, Rutgers University in New Brunswick, and the Massachusetts College of Art. In addition Hediger has shown her work abroad at the Gallery Del Mese-Fischer in Switzerland andLimilight9 Gallery in Halifax, Canada.


La Lebenswelt fotografica di Cornelia Hediger
Quando si fa una Lebenswelt[i] c’è sempre una storia d’amore che sottentra, o potrebbe sottentrare da un momento all’altro, tra la figura e il personaggio, e che, il visionatore, anche se è preso da una ectomorfa leggera e ancora ragazzina che, a guardarla, qui sul marciapiede, che va su e giù verso est per caricare l’orza all’occhio desiderante, la vede che si precisa nell’immediatezza di una intersoggettività che, tenuto così dentro il désir, non è che l’elastico infinito del tempo, tra la biografia della fotografa e il poeta privo di fantasia e amante della buona tavola che, tra pane e pomodoro e  riso con le vongole come lo prepara Marisa Aino secondo Manuel Vázquez Montalbán[ii], è per questa dicotomia un prodotto combinatorio, anche se per riconoscersi, in una strada affollata, come personaggio avrebbe difficoltà. Parte, il poeta, nelle sue storie d’amore, sempre dal terzo tempo, che è quello del tentativo di impossessarsi dell’altro, o addirittura parte subito dal quarto, ormai, sia come personaggio che come figura è fuori tempo, e invero non ha più tempo per fare storie, perciò ritorna all’essenza con un microracconto, una Lebenswelt, una Stimmung[iii].
La configurazione semica del Nome proprio e la biografia che man mano si va facendo,che si fa passaggio, luogo di passaggio e di ritorno[iv], anche su un marciapiede, una stazione, una spiaggia, una strada, della figura, che, quando il poeta la vede per il podice che gli sta muovendo la ragazza su questo marciapiede per tirargli su l’orza al meridiano, nei suoi skinny-jeans tanto che un po’ penserà a Sandra Alexis in via Micca a Torino[v], così questa figura, che non è mai una combinazione di semi fissati su un nome civile, quando la vedi nella sua maneira de andar, ma che, dopo, avendola dotata di un nome, seppure inesistente all’anagrafe di Elvas ma non al Circo Orfei in quel secolo scorso, ora che vedo questa skinny-young un po’, ma solo un po’, con quel passo di Sandra Alexis, e non ha Nome, la temporalizzo come figura e a partire dalla luna nuova la incontrerò, o, meglio, la vedrò camminare davanti a me una seconda e anche una terza e anche una quarta volta, come se fosse il doppio di Sandra Alexis, fin tanto che, come ebbe a dire, passando davanti al poeta, con un ragazzino che l’accompagnava, che non c’è più la rete qui, è stata rotta, e qui manco da quattro anni, come se quattro anni fa la rete ci fosse stata, e il poeta pensa che anche lui a conti fatti da lì mancava da quattro o forse sei anni, se non sette, e la settima volta la vedrà ancora con quel podice ectomorfo che un po’ gli ricorda Sandra Alexis e un altro po’ Simone Dauffe[vi], ma intanto che tra la figura e il personaggio non c’è più tempo per farci una Lebenswelt, e nemmeno una Photostimmung, o, come nel caso di Cornelia Hediger, una Photolebenswelt, il poeta, che non potrà mai parlarle come personaggio, e cosa potrebbe mai dirle, di che segno sei? Oppure: penso che tu abbia, per via del tuo passo di bolina, Mercurio e Urano a 90°, e allora il mio oggetto “a” di base che è la figura, di tutti gli altri oggetti “a” infiniti ed esponenziali, che ha Mercurio e Urano a 180° è proprio vero che con il suo passo al gran lasco quando caricava l’orza ai passeggiatori nello stesso momento che cosa rinserrava per stringere così tanto il (-φ) nell’insenatura più stretta e ottusa?
La Photolebenswelt è una sorta di buona scrittura, dunque: produce dei personaggi, e non li fa giocare fra loro davanti a noi, li produce perché innanzitutto  è l’autore che gioca con loro, e, poi, il visionatore, anche se non è il poeta, per ottenere da loro una complicità che assicuri lo scambio ininterrotto dei codici, insomma i personaggi, anche  quando appaiono come assetti morfologici narcissici, alimentano la pulsione uretralfallica dell’autore, il doppio produce dei tipi di discorso, dei tipi di Lebenswelt, dei tipi di Stimmung, dei tipi per i piaceri singolari del proprio oggetto “a”, che è, non solo allo specchio, quello dell’autore,che, lo vediamo continuamente, e contiguamente, se è la Photolebenswelt che si sta visionando,  non fa che far fare tutte queste figure al personaggio con cui gioca o interfigura e fa il gaudio.
Nella Doppelgänger, che io chiamo Photolebenswelt,  una sera il doppio di Cornelia Hediger  osò rivolgerle la parola, anzi no, le fece una fotografia, la mise in scena, come se fosse innamorata, e senza speranza, oppure per niente, non era innamorata, voleva solo allietarsi l’animus, e quindi confessò alla sosia di sentirsi in una situazione d’angoscia, e sotto le vibrava il désir, e c’è questa losanga di Lacan, e non so se amo o se amerò, non me ne importa un cazzo, è che adesso, come nel caso del pesce, che è da est che mi sta venendo incontro, e non saprei, visto da qui, fin quando arriva, se ci faccio la salatura o lo shummulo, e il doppio sconvolto dalla rivelazione, giacché amava la sosia, che, essendo la figura connessa all’oggetto “a” dell’autore, era lei stessa il personaggio protagonista, e tremò al pensiero che si fosse creata una scissione così grande, così profonda, così visibile, a lato, o sotto, ma venendo il pesce da est, lei era nella parte ovest, dove c’è la California o, se proprio si tratta di pesce atlantico, c’è il Portogallo, e allora la scissione, ma anche la salatura, è davvero insormontabile.
Per questo, la Doppelgänger, che io chiamo Photolebenswelt, è destinata , per via del Leib della figura moltiplicato dall’ambivalenza del personaggio, a una cupa malinconia: passa con se stessa, la sosia, o il doppio, gran parte del suo tempo, e chi le guarda vede due decorose signore che se la intendono, a lato, sommessamente, o sotto, anche sotto il letto, a volte, o dietro la porta, in un angolo, il doppio talora conferma, talora nega. Più lontano, dietro la foto così assemblata, non c’è altro che la sua superficie, il groviglio di linee, la scrittura indecifrabile del désir del doppio; sotto, c’è il nulla della castrazione, ma non è detto che il movimento dilatorio del significante non possa riprendere grazie a un altro sosia, che, in sostanza, è destinato ad essere il personaggio principale purché venga a rappresentarsi in scena.
! v.s.gaudio


[i] Cfr. V.S.Gaudio, La Lebenswelt, in: Idem, Lebenswelt, L’arzanà, Torino 1981.
[ii] Cfr. Manuel Vázquez Montalbán, Ricette immorali, trad. it. Feltrinelli, Milano 1992.
[iii] Cfr. V.S.Gaudio, La Stimmung, in: Idem, Stimmung, Collezioni di Uh, Cosenza 1984.
[iv] Cfr. Roland Barthes, Personaggio e figura, in:Idem, S/Z, trad.it. Einaudi, Torino 1973.
[v] Cfr. V.S.Gaudio, La maneira de andar di Sandra Alexis.Estetica e teoria dell’andatura, in “lunarionuovo” nuova serie n.15, Catania aprile 2006.
[vi] Vedi: Simone Dauffe, in: V.S.Gaudio, Chambonheur, © 2004. Cfr.online in Uh-book from Issuu 2015.