Da più giorni, il
poetosofo è estremamente irrequieto; lui dice che è per via del bioritmo, in
cui il ciclo della risonanza intellettiva è nella sacca negativa e il ciclo
emotivo l’altro giorno è stato a cavallo del giorno critico e adesso lo è
quello fisico; fatto sta che, dopo un
lungo periodo di vita solitaria, s’è accorto che il sottoscala e sottostrada in
cui vive è abitato sopra da altri esseri. Sopra lo spazio di quel che si può
considerare il suo appartamento lievemente postmoderno, per via delle pareti
piene di poesia visiva e di optical art,
hanno fissato dimora tre fantasmi, che di volta in volta si manifestano come
due streghe o due mafiose della Repubblica Pontificia o una chimera che ha il
corpo di una porca-cicogna e l’altra una chimera tra una cornacchia e una
gallina; una sorta di commesso viaggiatore in fac-simile, metà affiliato
all’Enasarco e metà alla mafia delle giostre e del palazzinaro della Brianza,
ma che è di ammašcate origini relative alla Fiscalrassi. Ha anche l’impressione
che vi siano o arrivino da più parti della Repubblica Pontificia altri esseri,
di cui ignora il nome, e che, di volta in volta, sembra che riesca a percepire
il nome della località da cui vogliono fargli intendere che provengano: difatti
una recente apparizione pare che venga dalla Terra del Petrolio, che, per come
glielo hanno fatto lo stato di famiglia storico al Comune dal codice catastale
L353, è la terra che ha dato i natali alla sua madre affidataria, e che pare
che abbia svolto la funzione, anche onoraria, di ispettore della Rai, che
andando spiando nelle case dei poeti, tenuti prigionieri secondo l’articolo 22
della Costituzione, dovevano poi produrre, tramite un informale traffico di
influenze, molestie infinite al poeta, che, non solo della Tv di Stato ma anche
della Tv di quello che prima aveva urbanizzato il territorio attorno alla Giostra
Stanziale di Segrate (in sodalizio stretto
con un ex impiegato di banca che col nome sembrava la via principale che
attraversa longitudinalmente il paese dove hanno costituito il nome falso del
poetosofo), non ha mai saputo che farsene. Naturalmente, il subitaneo
affollamento lo sconvolge: non capisce perché tutti questi esseri abbiano
scelto di stargli sopra, e non capisce quale funzione esercitino, anche se a
volte una da il granone e le scorze del cocomero alle galline e l’altro
all’alba col decespugliatore decespuglia l’argine della strada nazionale già
decespugliata dagli operai annessi alla cosiddetta Provincia, sembra un essere
normale ma fa cose improbabili, ad esempio dice di essersi sposato con un
animale ibrido e di aver generato, ancorché guardandone la prole non si può non
pensare che il miracolo possa essere avvenuto per via di quel cosiddetto
cilindro di quel frate così benedetto oggi, specialmente dalle riviste del
gossip più becero e monarchico, e così perseguitato dalla Chiesa ieri.
Ma nulla turba il
poetosofo più del fatto che questi esseri si rifiutano di farsi vedere, di
parlargli, quantunque si facciano pervenire fatture e bollette indirizzate
nella contrada del Campanaro, che, appunto, è inesistente, ed è proprio perché
la contrada è inesistente che, più volte minacciato di morte il poetosofo, con
violazioni del suo domicilio, e urla inaudite, questi esseri che stanziano
sopra di lui non hanno orecchie per sentire, oltre la mancanza evidente degli
occhi. Egli sa, come il personaggio del Cinquattotto
della Centuria di Manganelli, che
non può continuare a vivere in una casa infestata a quel modo, ma se almeno
potesse far udire le sue grida, quella misteriosa occupazione avrebbe un senso,
e forse un qualche senso ne verrebbe anche alla sua vita[i]. Da un punto di vista
meramente giudiziario, egli non può portare alcuna prova dell’esistenza nella
sua casa di quegli esseri, per quanto quegli esseri gli abbiano usurpato tutti
i suoi diritti di cui al matrimonio con una autrice della The Walt Disney Company
Italia Spa, quando ancora era in via Sandri e via Dante, e tuttavia la loro
presenza, che è, appunto, stata propiziata e imposta come conseguenza del
matrimonio del poetosofo, affinché quest’essere metà cane e metà scalzacane,
inviato dalla ammašcata setta delle maffie
mondiali calabresi, piemontesi e brianzole, potesse divenire accatastata
chimera stanziale e il poetosofo fosse invece scacciato da quel luogo immondo,
casolare nel pantano dell’intermaffia globale,
petrolifera e della ruota, nonché dell’Ordine di Malta e delle baronie della
Diocesi famosa in tutto il mondo per aver dato i natali al mafioso F.C.; e tuttavia, adesso che il poetosofo è
così trattenuto, come decretato, e fatto eseguire con le forze
dell’ordine, dall’accordo dell’emissario
del luogo in cui ebbe origine la trivellazione in Basilicata con la chimera che
gli abita sopra, la loro presenza è non solo evidente e inquietante, ma ovvia,
per quanto il presidente di un famoso Tribunale, all’epoca informato
dell’accordo, nulla abbia fatto come nulla ebbe a fare per quel famoso fatto di
strada e di calcio avvenuto nell’ambito pretorile, la cui procedura per essere
sempre così mirabile oltre ogni evidenza, ancorché sia inerente allo stesso
codice di procedura che fu del Regno, non poteva che essere affidata alla regia
di un essere mirabile di fatto e di nome, per quanto lo stesso nome fosse in
appannaggio, stando a quanto venne reso e diffuso dalla relativa conferenza
stampa, a un ‘ndranghetista capoclan connesso alla nuova Famiglia camorrista
del cosiddetto ‘O Professore, e anche a quella che a questo fa da specchio.
Ha cercato il poetosofo
di indurli a rivelarsi, non come mafiosi ma almeno come bestie immonde, uno per
volta, e anche tutte e tre insieme, ed ha suggerito di far venire uno zappatore
col trattore e di rivoltare, da mane a sera, e anche di notte, tutta la terra
che sta attorno al magazzino dove è tenuto il poetosofo, e di fare tanta di
quella polvere che sulla strada il traffico fosse reso impossibile, cosicché
poi sarebbero venuti gli zingari di Cassano a dire: “Se la vostra cucina a gas
fa fumo…”, intanto che la solerte Prefettura potesse verificare l’effettiva
esistenza di questi altri fantasmi; quindi far suonare il campanone al
Campanaro con scampanellate tanto terrificanti da spaventare il caseggiato.
Poiché nulla ha alterato
la polvere, il fumo e l’orecchio dei mostri, si è rivolto a S. Arcangelo, percorrendo
a piedi la strada statale 91: è arrivato appena cinque giorni dopo nel paese
che dette i natali al vescovo di Napoli, che, lo si sa, dovrebbe avere una
certa giurisdizione sulla Regione Militare del Regno di Napoli o delle due
Sicilie afferente all’Ordine di Malta, e dette i natali anche alla madre che
gli fu affidata e che, quando poi venne fuori tutta la storia del Petrolio in
quella Val d’Agri, fece sparire, dai diritti ereditari del poetosofo, tutto il
terreno infinito e gli uliveti come se niente fosse, via, un tocco di delirio e
di mano e niente, anche con la mano morta che le fecero venire e che il
poetosofo le fece passare con una sua personalissima metodologia chiropratica,
non ci fu più niente per il poetosofo così dotato di quel nome nell’ambito
catastale L353, nella lussuriosa terra della Magna Grecia e del mostro Sibari,
la grossa Troia; ha alluso ai mostri, al drago Cilistaro, ai Saraceni, al
brigante Salvatore Giuliano, al principe nero di Cerchiara, alla commenda
Gerosolimitana, financo a Finocchiaro Aprile,ai briganti Michele e Arcangelo
Curcio per via della Chiesa di S.Pellegrino in Orsara in Capitanata, connessa
alle Trebisacce non solo per via dei pellegrini e degli scalzacani, e ha parlato con deliberata leggerezza della
propria anima, sperando o di allettare S. Arcangelo , o di irritare il demonio
che il poetosofo sapeva che era lì nascosto [nella sua terra generata dalla
madre affidataria e non come livellaria, come la sorella, dello “Scardaccione”
così evocato da un Lucente e ombroso delegato alla “Chimica” nel “Liceo
Scientifico” custodito da un omonimo , per via di un nome, del separatista
evocato per intenerire S. Arcangelo] tra la Sterpina e Santo Brancato.
Non ottenendo risposta,
ha fatto ritorno al magazzino nel Pantano di Villapiana, è ricorso a metodi di
accertata efficacia per evocare lo spirito della madre, quella vera, che, a
dire del demone della cronaca effusiva, si è suicidata, forse, ritenne a un
certo punto il poetosofo, impiccandosi a
un ulivo, quando fu proprio il suo pater affidatario che fece abbattere in
Culabria tutti gli ulivi secolari del Giardino dell’Arancia di Mia Nonna dello
Zen. In realtà, il sottostrada, dove è tenuto, è affollato da entità, anche
delle minoranze, che non hanno nessuna lingua, nessun super-io e nessuna
costituzione, per quanto la stessa Repubblica protegge e rivaluta i loro
piccoli ronzii alle orecchie e anche i peti emessi per pappagallizzare il Gaz che, nella lingua della Fiscalrassi, è il nome, maestoso del Nirvana della Santa Romana Chiesa, dato
al poetosofo, dopo averlo privato del nome originario. Quello che egli non sa è
che questi fantasmi e mostri non hanno orecchie e che, fatta sparire la Dama Nera delle Strade della Repubblica
come se fosse il fiume iberico Guadiana,
che ebbe come nome originario Anas,
non c’è più nessuna strada che porti a Roma, dov’è custodito l’articolo 22
della Costituzione.▌
by Gaudio Malaguzzi