Marisa Aino | Fasciculus florum ac Tabula Nelva © 2016
Il fasciculus florum e la Tabula di Nelva
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Un pittore per quanto possa essere
privo di fantasia e quindi si pensa che possa essere un epigono di Piet
Mondrian o un seguace della optical art, o un amante della singlossia, tanto
che avendola incontrata per la prima volta ad una fermata d’autobus la
riconobbe immediatamente perché era
sotto la sua cintura, e non poté rivolgerle la parola; allora questo pittore
che qui espone questa serigrafia una sera il poeta lo incrociò forse a Torino
all’uscita del Teatro Regio, dove c’era una mostra di Paola De’ Cavero, che, lo
sanno tutti, detestava i fiori, un po’ come Elisa Penna, ch’era il mio
vicedirettore e di Vuesse a “Topolino”, che una volta ci fece mandare un
telegramma in Spagna per una campagna contro il combattimento dei galli, e qui
da mia madre c’era un increscioso pollaio che, poi, mai si è estinto, lasciato
in eredità alle sue galline e volatili della riproduzione , e Vuesse più di una
volta mi raccontò del porcile che avevano nell’ aranceto di Mia Nonna dello
Zen, porcile si fa presto a dire ed è fuori luogo, c’era anche lì un pollaio e
a lato la porcilaia, con il porco che poi dopo capodanno avrebbero quei cultori
di Salvatore Giuliano scannato perché del porco, lo sanno tutti, non si butta
niente, tutto serve, figuriamoci i porci della zona di Sibari, che, lo sanno
tutti, etimologicamente non è altro che la Grossa Troia, la Grande Troia, la
Troia, appunto, della Magna Grecia.
Da qui si vede la serigrafia di
Giorgio Nelva, che è del 1968, dietro i
fiori che è da Sibari che la fioraia dell’Interflora una sera sul tardi ci
portò, per via delle distanze enormi e le poste inefficienti, aggiunse Vuesse,
le pratiche di consegna son così delicate e sottili e, se una lettera arriva
dopo tre mesi o non arriverà più, un mazzo di fiori per quanto venga da Prato
che così ha lo stesso nome del prato dove i fiori dovrebbero stare, e così
disse quella volta Elisa Penna quando per il suo compleanno si vide recapitare
dall’Interflora un nostro mazzo di fiori, e Hemingway allora, quando mandammo
quel telegramma a non so chi in Spagna versus i combattimenti dei galli, che
avrebbe fatto, se fosse stato in vita ci avrebbe mandato contro a sterminarci Asterix?
Ripassando la serie dei sentimenti, che cosa scorgiamo nella
serigrafia di Nelva[i], il
passaggio di una giovane donna sotto i portici di via Roma a Torino, e Vuesse
che ama la semplicità e la chiarezza e pensa
che le ambiguità e le imprecisioni di un passo quando si protraggono nel
percorso finiscano con l’esprimere che
quella del passo non ha mai amato ancora profondamente e a lungo un uomo, e
neppure una donna, per questo non è escluso che dopo un determinato numero di
passi si fermi irritata, e allora si mette a ridere per come sorprende il poeta
con quell’espressione che solo un poeta visionatore ha quando segue una giovane
donna secondo i dettami di Jean Baudrillard; in questa serigrafia di Giorgio
Nelva, c’è anche questo giovane uomo e quella giovane donna che sono ormai a
pochi metri, questa volta in via Po, e lei si ferma e si volta di scatto e si
guardano, attentamente, in silenzio, quasi davanti alla vetrina della Libreria
Casalegno ed improvvisamente una furia di gioia, o di gaudio, che è più figo,
li coglie, tanto che entrambi capiscono, sanno, che nessuno dei due ha mai
amato l’altro.
I poeti, lo si dice in giro, son dei
grandi cultori dei piaceri singolari, e quindi, in poche parole, degli
estremisti pugnettari, tanto che, essendoci, nella serigrafia di Nelva del
1968, il numero 43, si fa presto a tirarsela appresso l’immagine dell’Anatra,
che, a sottrazione fatta[68-43],
fa la 25 del Foutre du Clergé de France
in cui, appunto, la ragazza torinese del passo viene fantasmata nella posizione
chiamata “L’anatra”[ii], che,
per i galli e il pollaio di prima, tra Spagna e la grossa porca di Sibari, una
giovane sabauda sulla sponda del letto non può che essere uno degli oggetti “a”
più fantasmati nei piaceri singolari di quel poeta che ebbe a che fare per più
di tre lustri con i paperi e le papere della Disney a Milano.
Nella serie dei sentimenti, anche chi
scrive può aver scorto nella serigrafia di Nelva un angolo o un punctum, là come si riesce ancora a
vedere, dietro quei fiori, la numerazione 13/15, che, a memoria d’uomo e di
donna, il primo ci fa entrare nella posizione denominata “Gli estremi”, in cui
quel che conta è che c’è un uccello che trova alloggio in un nido più stretto e
gli attanti dei due sostantivi-archetipi(uccello e nido) ne traggono maggior
piacere; il secondo rinvia alla posizione 25 e fa entrare in scena anche la
figura dell’equus, ma al rovescio[iii].
Nel 1790, si riteneva che così cavalcando al rovescio, la giovane donna, che
questa volta è anche l’attante del piacere singolare, con le chiappe così
sollevate offra uno spettacolo molto più bello.
by Marisa Aino ▬
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