Questa
virtù dell’ Heimlich che sottentra nei luoghi di Fano e di Arles, e quindi nella
poesia e nella pittura di Van Gogh, è una sorta di fatalità indistruttibile
dell’Altro, è come l’irredentismo dell’oggetto, l’estraneità radicale,
l’esotismo irriducibile da cui si potrebbe cogliere quella che Jean Baudrillard
intende per “declinazione della volontà” e che rende di una evidenza perfetta
ciò che, visto da una prospettiva d’insieme, manca al mondo, al senso che non
ha frammenti, linee spezzate, forme segrete dell’Altro. L’immobilità dell’oggetto
nel cuore della sua banalità che fa irruzione da tutte le parti, con la
delicatezza patafisica che non vuole riflettersi, vuole essere colta
direttamente, illuminata nel dettaglio, farsi oggetto stupefatto che capta
l’obiettivo del poeta e del pittore, questo bagliore didonico di impotenza e stupefazione che manca completamente alla
mondanità della lingua, della poesia, nazionale. “C’è del fotografico solo in
ciò che è violentato, sorpreso, svelato, rivelato suo malgrado, in ciò che non
avrebbe mai dovuto essere rappresentato perché non ha immagine né coscienza di
se stesso”, dice Baudrillard (La trasparenza del male, trad. it. Sugarco
edizioni, Milano: pagg. 165-166). Questo fotografico è l’irriducibilità che proviene da un altro luogo, la precessione
di una determinazione illeggibile nell’evidenza perfetta del
linguaggio,deittico ma, illeggibile, segreto, di una devoluzione sottile,
energia surrettizia sottratta, rubata, sedotta, radicalmente esotica: a Fano e
ad Arles?
!v.s.gaudio