PAS●SILENCE
Mini-Lebenswelt con Joan Mirò | Silence
In tutta questa macchia rossa di Joan Mirò, c’è quasi tutto il silenzio, c’è anche una “O” , e solo la “S” in alto a sinistra è fuori dalla grossa macchia di rosso, ma è un po’ macchiata da una schizzata di rosso. Se ci si mette, ad aspettare che lei passi, di lato, sul rettangolo giallo, intanto tu pensi che, basta poco, e arriva l’inverno, con quel suo passo alcionico, a partire dalla seconda “O”, metti che sia uno “0”, uno zero si fa presto a farne quel grosso masso nero, o è una traccia del suo passo, cosa è successo allora, si è fermata più del solito, e cosa avrà detto al poeta, ammesso che gli abbia rivolto la parola? La parola, piuttosto, avete visto SILENCE come vien proferita? Sul primo parallelo o reticolato, dove, in fondo a destra, c’è l’asterisco e la macchia di mare sul grigio, e c’è un altro asterisco; sul secondo parallelo, dentro il primo reticolato, I, N; nel secondo, L, tre E, C e ancora E; sulla linea che separa dal terzo parallelo, le due O, a meno che non siano due 0; e poi, sotto, le tracce, i punti neri, è il passo che ha lei nel silenzio alcionico, tutto rosso, di una singolare castità, a patto che nel giallo ci si veda una singolare forma di feticismo, e sopra, dove stanno gli asterischi e il cielo grigio, il culto fallico e narcisistico di un oggetto “a”, tra la formula più alta dell’ectomorfismo e la tenera, delicata, sostanza del pondus più medio che basso, la si guarda ed è nel silenzio dei leggings o degli skinny-jeans che sveglia il poeta nel mezzo della notte, che, colto di sorpresa, è un po’assonnato forse al limite grigio nel secondo parallelo, e ha la subitanea coscienza di non aver mai capito nulla della vita, e nemmeno delle forme di governo, tutta la sua vita è un tessuto grigio, al limitare della macchia rossa e, ora, al buio, con quell’erezione al 4° grado di Eric Berne, cerca di orientare la pulsione uretrale verso i due punti dello zero, che, si dice, è là che può esserci se non l’ordine del mondo, il suo segreto, o l’allegoria del significato, oppure, man mano che si fa più sveglio, l’allegoria e il peso della figura ectomorfa che ha il passo alcionico e l’assenza, la facilità impossibile, dello schema verbale e del sostantivo-archetipo “Silence”. Il silenzio non aiuta a interpretare la sua pulsione, né se stesso, non riesce a vedersi nel rosso, e nemmeno nel giallo, che cosa esiste in silenzio? Se non ci fosse quel suo passo, che all’inizio fu un lieve disagio per via dell’asterisco, che fa dell’habitat la prigione della propria anima, da tempo il poeta, che ha il punto arabo dell’Anima proprio vicino al secondo “0”, che è il grado 270 nel suo cosmogramma, e quindi il mezzopunto di Alcione, ed è lì la ragione del perché non riesca a capire nulla del Mondo e del 4° grado dell’elevazione del suo (-φ), per il passo del suo oggetto “a” assoluto, è quel grosso punto nero sulla linea, il limite, tra il secondo e il terzo parallelo, dove il silenzio, è tutto ad est e a nord-est, invece il passo del suo oggetto “a” è a ovest e a sud-ovest, il silenzio a vento sarebbe scirocco, e il passo dell’ectomorfa solida libeccio, che lo fa solo chi ha il meridiano e Mercurio che fanno il mezzopunto, con il dispositivo di sessualità del poeta, al grado 270. Che fa comunque sempre 0. Due 0.
Joan Miró, Silence, 1968
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