│by V.S. Gaudio
La luce di sotto,
il bagliore didonico
Quando c’è in atto la mutazione,
lieve, dell’iconicità che sta sopra e del codice ristretto che sta all’inizio,
la complessità di Isabelle Huppert, che è in rapporto con la carica connotativa
che sta al secondo posto dell’esagramma dell’I Ching[i],
il fuoco che ne costituisce il trigramma superiore, viene (prima era recarsi)
.
Ma questo venire , che ha una costituzione fisica fatta con i geni e gli
indici costituzionali del recarsi,
porta il trigramma del fuoco sotto il tuono, tanto che la chiarezza, che è come
quella del “mezzogiorno in cui si vedono le stelle intorno al polo”, si fa, di
conseguenza, ambigua e c’è, come sintagma visivo, la componente espressiva
della faccia, la parola “Ppe”, che, adesso, significa “massa d’acqua” e che a
tratti si commuta in “Mo”, che significa “piccole stelle” ma anche “schiuma” e
“pioggerella”[ii].
E’ questo che vediamo in Isabelle
Huppert: un tratto visivo, la relazione tra grande e piccolo viso, tra
vestiboli[occhi, bocca, naso] e l’insieme del grande viso, che è, fisicamente,
“armata” come se fosse nel paradigma del metallo e perciò non lieta, e che, per
il visionatore, quando passa al suo meridiano con l’analemma esponenziale del
suo fantasma, si fa di legno ma ha lo schema verbale di “portare luce”,
“illuminare”, “irradiare”, “scintillare”, “lampeggiare”, “trapelare”.
Il bagliore didonico di Isabelle Huppert è questo riflesso fisico, di
legno, uno sprazzo che, in realtà, viene da sotto, da Kên dell’esagramma di
base, dal monte da cui traspare o trapela una sorta di luce zenitale o forse
lunare, che è fatta dei fasci della pregnanza, della carica connotativa e del
codice intermittente tra ristretto ed elaborato[iii].
La polisemia e la
“pulsione di sorpresa” caricata dentro
Della regola base del tasso di
polisemia applicato alla fisiognomia[iv],
il fattore che è fattuale in Isabelle Huppert è “quando c’è una forte
contrapposizione di valori espressivi tra grande
e piccolo viso”: la polisemia alta, che è sempre, sia in Lü
che in Fong, il 9 al quinto posto, è dovuta a questa opposizione morfologica
palese tra “grande viso” dilatato e
“vestiboli” retratti che,
nell’attrice francese, ha in più un’altra meta regola aggiunta: il gran viso
non è del tutto dilatato come può esserlo in un tipo non-emotivo secondario
come il flemmatico, ma è , per via dell’intermittenza codice ristretto-codice
elaborato, segnato da tratti retratti.
“Insomma il tasso di polisemia si
innalza in presenza di tratti che violano l’omogeneità fisiognomica”, ma l’ambiguità di connotazione si fa fascino quando il significante fisiognomico non supera certi livelli o certe
estensioni o misure, non deborda”[v].
Quella che è la pulsione di sorpresa, di cui all’Analisi del destino di Leopold Szondi, e
che è annessa ai fattori pulsionali e e hy del vettore P
nella tassonomia psicoanalitica dello psicoterapeuta
ungherese[vi] e
che è socializzata nel carattere di ogni attore[vii],
in Isabelle Huppert è in qualche modo caricata
dentro, sotto, si fa tocco
agonistico o punto segreto, che, circoscritto o tenuto là sotto, è ancor più
folgorante per come erompe e si fa tuono, Chên: l’ iconicità alta che
sintagmaticamente o nel tempo perde nettezza e si fa meno incisiva, tanto che
la complessità e la polisemia, persa o celata questa immediatezza sintagmatica,
possono fare esplodere, provocare, schizzare.
Il dettaglio della densità del
toccare del fuoco è l’istinto che tocca, un valore
diffuso, sparso sulla somma e l’articolazione dei segni, che inonda
l’alterità sovrana di Isabelle Huppert in quanto Altro, in cui il visionatore o
il poeta sta exinscrivendosi nella doppia figura, avendo perduto la traccia di
un desiderio proprio e avendo rinvenuto la doppia traccia di una seduzione che
non è mai alla fine del desiderio.
Il patagonismo
Huppert ha un corpo normolineo ectomorfo
Isabelle Huppert, nella tipologia
di Falmer, avremmo difficoltà adesso a trovarle un podice se non donandole il
modello che espresse negli anni settanta, tanto che, allora, definitone il tipo
morfologico, una normolinea-ectomorfa al primo grado e, quindi, con un indice
costituzionale[seno o podice x 100: altezza=indice costituzionale],anche
adesso, al di sotto di 53, sarà vano calcolarne l’ indice del pondus [altezza –
(podice+peso)=pondus], che sarebbe, in ogni caso, “medio”(27-31; il valore
maggiore è decrescente) se non “debole”(32-36).
Il corpo patagonistico, che non
avendo quella sfacciata «pulsione di sorpresa” di tipo fallico o sado-orale,
non è il corpo “molto ben illuminato” del corpo sadiano, assolutamente
inaccessibile e teatralmente isterico, ha un turgore umido, una sorta di
godimento oggettivo, che, in tutta la
sua delicata patafisica, come se fosse tenuta a lungo in sé, o quantomeno
nell’in sé dell’altrove da dove proviene, dal suo proprio luogo, dal cuore
della sua banalità, dal cuore della sua oggettività, fa irruzione da tutte le
parti, moltiplicandosi con gioia da se stessa, si fa, come l’esagramma 66.Fong,
copia, prosperità abbondante:
tra Mo e Ppe , il patagonismo
Huppert “pesa”, “aderisce”, “passa in
acqua”, ha una ricolmatura temporale: come nell’erotica sadiana, la catalisi
voluttuosa del significante fisiognomico di Isabelle Huppert non riesce ad
esaurire la combinatoria delle unità: “resta sempre un supplemento di
richiesta, di desiderio, che si tenta illusoriamente di estinguere, sia
ripetendo o permutando le figure(contabilità non dei “colpi” ma dei “colpi di
luce” o degli “sprazzi d’acqua”), sia coronando l’operazione combinatoria con
un senso estatico di continuità, di copertura, di perfusione”[viii].
Il patagonismo Huppert , o il patagonismo Lü-Fong, è legato all’ultimo stadio
erotico, di cui scrive Barthes, è connesso al legato sublime della frase, che
si chiama il fraseggiato, e che voga
nelle materie corporali, nei canali, negli stretti, nei tratti dilatati e in
quelli retratti, e ha la densità, questo bagliore
didonico Huppert, dell’acqua di Mo
e della schiuma di Ppe.
Il sostantivato del
corpo-copia
Il fraseggiato in ambito fisiognomico, e per quanto detto in merito al
“significante fisiognomico” come dettaglio polisemico, allora lo si dovrà
intendere come sostantivato, non
fosse altro perché sintagmatizza, o, meglio, attiva un sostantivo archetipo o,
come in questo caso, più sostantivi archetipi se non un sostantivo con un
epiteto, cosicché, essendo il corpo totale fuori del linguaggio, alla scrittura
possono arrivare non solo pezzetti di corpo ma, pur ridotto il corpo a una
delle sue parti, rifrangerne la totalità in questa metonimia semantica.
Il corpo-Huppert è “come un ologramma[esagramma?] dolce alla vista e
al tatto, privo di resistenza, e quindi propizio a essere striato in tutti i
sensi dal desiderio come uno spazio aereo”[ix]:
il sostantivato di questo corpo-copia , che ha dentro Mo e Ppe,
nella lingua che ne definisce il Dasein, ha dentro “huppe”,che, essendo il
“ciuffo”, quando è dentro “rabattre la huppe” è “far abbassare la cresta[o il
cappello]”, che è già flagrante come paradigma del bagliore didonico di Isabelle, che non ha la “pulsione di sorpresa”
di Szondi, ma è il soggetto, l’Altro che fa “rabattre la huppe”; se non ci
fosse l’addizionale di “huppé”, l’epiteto, che è “ragguardevole” nell’assetto
paradigmatico di 55.Fong, che è il prospero, il significante ricco della copia,
dell’abbondanza, dell’ubertà, che continuamente passa al meridiano del
visionatore.
La forma segreta
del nome
Le dimensioni denegate, il peso,
il rilievo, il profumo, la profondità, il tempo, la continuità, il senso,
l’erezione, il mondo, il pathos, che il fantasma del visionatore(o del poeta)
ha quando la pura oggettività di questa bellezza o istantaneità artificiale,
che è il corpo-Huppert, troverà
condensati nell’analemma esponenziale che passa al suo meridiano, se vai a
vedere, ha un’altra forma segreta, quella di “Huppin”( o “Hubbin”), che, in
argot, è il mendicante che dice di essere stato morso da un cane rabbioso e va
in pellegrinaggio a Saint-Hubert[x], e
che sarebbe il visionatore nel senso di Edgar Morin, a cui hanno morso
l’oggetto a che, ormai dentro
l’omonimia voluttuosa del sibaritismo,
fa della copia, che è il corps-Huppert, l’aggiungersi di un altro
nome(o anche di un’altra immagine, di un’altra foto, quando sarà il momento)
che gli farà aumentare di volume e di consistenza l’atto fino a raggiungere la
massima trasgressione: fare del “pellegrinaggio a Saint-Hubert” il pornogramma
della copia, il 55:Fong, la Huppert,
per godersela anche nel “fraseggiato”, colmatura temporale e metonimica di
Roland Barthes, che è davvero la sua forma
segreta[xi].
Il sostantivato è
il significante fisiognomico?
Il sostantivato che è huppe
e huppé è dunque come il poema che rimanda a
qualcosa, e sempre a nulla, al
termine nullo, significato zero, è questa la vertigine della risoluzione
perfetta, il significante fisiognomico Huppert lascia vuoto il posto del
significato, del referente, e costituisce l’intensità del poetico:
l’invocazione letterale del luogo, come di dio e del bonheur, è pericolosa, per
le potenze nocive ch’essa scatena[xii].
L’incantesimo velato, cosicché il
significante fisiognomico si faccia assenza, o disperda e uccida il significato:
il nome Huppert appare nell’esserci Huppert come eclisse medesima della sua
distruzione.
Come, in un poema, si pensa che
ci sia in esso sempre l’esaltazione, la celebrazione positiva d’un dio e d’un
eroe, invece è intenso solo ciò che lo rende alla sparizione, all’assenza,
perché la poesia è bella e intensa sol perché Huppert è il nome della sua
volatilizzazione e del suo sacrificio, perché tutta la “crudeltà”, tutta
l’ambivalenza del rapporto tra il visionatore(o il poeta) e Huppert gioca in
esso in modo preciso:
il sostantivato risolve, smembra, invischia; nel suo nome c’è la risoluzione totale del mondo, la declinazione
anagrammatica è compiuta, e in questa forma enigmatica di connessione e di
sconnessione il mondo definitivamente scompare.
La seduzione patagonica è così
che opera: attraverso un significante fisiognomico prende un sostantivato, che è come un ano-mudra, l’anello sanscrito, la
moneta-Zahir, resistente ed elastico, permanente carne flessibile, malleabile
paradigma della durata e della ripresa, del protrarsi e dell’attraversare, del
prolungarsi e del continuo, per farne il tema e il sintéma della sequenza,
sfilza del penetrare e serie dello spingersi.
L’oggetto a del visionatore allo specchio, al miroir, della
[alouette:allodola] Huppée.
Isabelle Huppée[xiii]?
[i]
Vedi l’esagramma di base di Isabelle Huppert nella nota successiva: è a
sinistra della tabella; l’altro è quello del mutamento: per l’I Ching, cfr.: I King, a cura di Richard Wilhelm, Casa
Editrice Astrolabio, Roma 1950.
[ii]
Adottando il metodo di cui abbiamo già riferito altrove, prestando l’I Ching
alla somatologia dell’immagine, con l’ausilio degli Indicatori Globali usati da
Abraham A. Moles:la complessità, l’iconicità, la polisemia, la pregnanza,
vediamo come si forma l’esagramma base[a sinistra nella Tabella] di Isabelle
Huppert e, di contro, la sua mutazione[a destra nella Tabella]:
Iconicità alta:linea intera(7)
|
¾
|
Iconicità che si
abbassa:spezzata
|
- -
|
Complessità alta:linea
spezzata(6)
|
- -
|
Complessità alta: linea
spezzata
|
- -
|
Polisemia alta:linea intera(9)
|
¾
|
Polisemia alta: linea intera
|
¾
|
Pregnanza alta:linea
intera(9)
|
¾
|
Pregnanza alta:linea intera
|
¾
|
Carica connotativa
alta:spezzata(6)
|
- -
|
Carica connotativa
alta:spezzata
|
- -
|
Codice ristretto:linea
spezzata(8)
|
- -
|
Codice meno ristretto:intera
|
¾
|
56.Lü: il
viandante « 55.Fong:la copia
Il trigramma superiore di 56 è Li, il Fuoco,
l’avvolgente; il trigramma inferiore è Kên, il Monte, il fermarsi:
Il trigramma superiore di 55 è Chên, il Tuono,
l’eccitante; il trigramma inferiore è Li, il Fuoco, il risaltante.
[iii]
Non ha certo niente a che fare con il viso e la luminosità di Marilyn Monroe,
anche se la contrapposizione, l’ossimoro e la “lumière de sa peau” che vi rinviene Yves Berger sembra che siano
speculari al “bagliore didonico Huppert”:
“Son visage:elle ruine l’antinomie de la passion et de la réserve, du naturel
et de l’artice, de l’abandon et de la ruse. Elle est faite pour l’oxymoron: l’innocence provocante, la passivité
intense. Chaque fois que je la revois, je me demande si jamais visage a exprimé
plus de sentiments que le sien » ; « Son teint lumineux.
Toujours lumineux. Quand Nita Rousseau invite ses lecteurs à regarder, à la
télévision, Marilyn dans Rivière sans retour, elle donne cette
raison :’(…)pour chaque millimètre
lumineux de sa peau ‘,Toujours cet adjectif. Si marquée par la lumière,
Marilyn, que sa garde-robe est la simplicité même » : Yves Berger, Dictionnaire amoureux de l’Amérique,
Plon, Paris 2003.
[iv]
Cfr. V.S. Gaudio, Oggetti d’amore.
Somatologia dell’immagine e del sex-appeal, Scipioni bootleg, Viterbo 1998:
pag.80.
[v]
Ibidem:pag.81.
[vi]
Cfr. Leopold Szondi, Analisi del destino[©1972],
trad.it. Casa Editrice Astrolabio, Roma 1975.
[vii]
Non si può non far notare che il fattore pulsionale e sia dal lato della
bontà e della dolcezza e quindi, sotto, viene a connettersi con la rabbia, la
gelosia, il desiderio di vendetta, o quantomeno quell’assenza di sentimenti che
è stata vista in più d’uno dei personaggi interpretati dalla Huppert: la
tendenza all’esplosione, sia come 56.Lü.Fuoco sul Monte che 55.Fong.Tuono sul
Fuoco, che è sublimata nell’arte drammatica, in patologia va dalla balbuzie
alla cleptomania, dalla piromania all’omicidio passionale.
[viii] Cfr. Roland Barthes, Sade II, in: Idem, Sade,Fourier, Loyola, trad.it. Einaudi, Torino 1977:pag.117.
[ix]
Cfr. Jean Baudrillard, L’esotismo
radicale, in: Idem, La trasparenza
del Male, trad.it. Sugarco edizioni, Milano 1991: pag.163.
[x]
Hubert deriva dall’antico tedesco Hugubert che sta per “illustre per il suo
spirito”(o “illustre nella prosperità”) come Huppert sta per “illustre per la
sua copia”(o “illustre nella
abbondante prosperità”), tanto che quel “Fuoco” di Lü che, prima,. È nel
trigramma superiore del “viandante” e, quindi, del pellegrino che va a
Saint-Hubert, e, poi, splende sotto, che noi abbiamo rinvenuto nella semantica
somatica dell’immagine di Isabelle Huppert c’era già nella forma segreta del
suo nome! Inutile aggiungere che, nella simbologia cristiana, Saint-Hubert
viene invocato contro la rabbia degli animali…
[xi]
Prima che passi al meridiano del poeta, l’ Huppée
dell’ alouette, l’”allodola
cappelluta”, e , conseguentemente, possa rendersi conto che il suo oggetto a stia specchiandosi nello “specchietto
per le allodole cappellute(“miroir aux alouettes huppées”), di passaggi
l’analemma esponenziale del fantasma del poeta ne dovrà fare tanti da dover
doppiare, in qualche modo, la copia,
che è l’esagramma di mutazione di Huppert(il 55.Fong), essere, appunto, di una
ragguardevole abbondanza.
[xii]
Cfr. Jean Baudrillard, La terminazione
del nome di Dio, in. Idem, Lo scambio
simbolico e la morte, trad.it. Feltrinelli,Milano 1990: pag.222.
[xiii]
“Cavalla color isabella cappelluta”, che fa abbassare la cresta o il cappello?
Dall’ “alouette à huppe”, la “cappellaccia”, all’ “isabelle huppée”, la
“cavalla cappelluta”? Va da sé che, è evidente, il poeta, con l’oggetto a allo specchio dell’ Huppert e con il
trillo( dell’alouette à huppe o huppée) nell’orecchio, nell’incantesimo velato,
ha disperso e dimenticato, dell’uccello, il cappello
e il trillo, per non parlare del volo, del becco acuto e della lunga
unghia posteriore, o del giallo
pallido cappelluto e della uva
isabella, l’uva fragola huppée, l’uva
cappelluta …