"Non si tratta di un luogo propriamente umano".

Lettera ad Aurélia Steiner Pedregoso in risposta alla sua cartolina da Porto
Aurélia Pedregoso marche, revient de l’exil de la nuit, de l’envers du monde, elle traverse Lisbonne, toujours cette magreur de la jeunesse, a maneira de andar de Aurélia Pedregoso através de descidas verticales e subidas colinares, o elevador de Santa Justa, através da Baixa e o Bairro Alto, a rua Garrett, o elevador da Gloria, o elevador de Bica que junta rua de São Paulo com o largo Calhariz e o elevador do Lavra.
da :AURĒLIA JUDĒJA PEDREGOSO. Aurélia Steiner de Lisbonne
 


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Scrissi, quell’anno, a Aurélia Steiner de Lisbonne, che se n’era andata a Porto, e che, mandandomi una cartolina come questa fotografia di António Dias che è di quest’anno, mi chiedeva com’era il posto in cui vivevo:

Porto, 2017 by António Dias

“Non si tratta di un luogo propriamente umano; nel senso che gli abitanti non sono esseri umani, ed hanno degli umani delle nozioni vaghe, tramandate da vecchi favolatori[i], e anche cineasti di documentari artificiosi, per tacere di medici e pittori, che andavano dicendo che Cristo s’era fermato a Eboli, forse s’era fermato per assaggiare le mozzarelle di bufala, e non c’era nemmeno all’epoca il codice di avviamento postale, la linea ferroviaria era quella che da Battipaglia portava in Basilicata; o inventate da mercanti, bardinellisti, pellegrini siculi separatisti, geografi, storici di Roseto Capo Spulico che, nel tempo libero, tenevano in mano l’educazione dei ragazzi della scuola media, falsificatori di fotografie, geometri ed agrari, coltivatori diretti e pastori. Molti di questi abitanti, che hanno un livello di cultura parrocchiale relativamente alto, non credono all’esistenza degli esseri umani, dicono che si tratta di una vecchia e sciocca superstizione, e in verità la convinzione che esistano è soprattutto diffusa tra le classi inferiori, e, naturalmente, nelle bestie che questi abitanti tengono in casa: pecore, capre, asini, cani, gatti, pappagalli, vacche e alcuni anche bufali, lupi, conigli, galline, cornacchie e cicogne. Anche i bambini credono all’esistenza degli esseri umani, e pertanto è venuta fuori una fitta favolistica che ha per protagonisti gli uomini. Che, in queste favole, fanno cose buffe che alla Disney se le sognano. Naturalmente, quando disegnano gli esseri umani, non possono riprodurre le fattezze di un essere umano, anche perché, se ci sono, non sono invisibili, loro non li vedono, e difatti nessuno ha mai visto un essere umano, che forse, a dire il vero, non esiste. Ricorrono alle tradizioni e alle nozioni vaghe di cui ti ho detto, non c’è un fotografo che abbia qualcosa, nemmeno Mia Nonna dello Zen ha un’immagine fotografica o sua sorella Lucrezia, che, come dicono alcuni agrimensori, aveva una bellezza  che nessun geografo ha mai potuto rilevare, come manca o timpa, tra un punto geodetico e l’altro, si arrivò a dire che fosse equiparabile alla bellezza di una mula, per quanto avesse un sedere più poderoso di quello di un Quarter Horse. Si capiva che pensavano che Mia Nonna e zia Lucrezia fossero conformate come gli equini, difatti, in una di queste favole illustrate, avevano dotato mio nonno di un fallo equino di dimensioni assurde e non conformi né al genere umano né a quello animale più dotato. Alcuni di questi esseri suppongono che gli esseri umani siano immortali come le galline che da secoli vivono in un vago recinto a ridosso di 
SP 253 Km.46, 2017 by Blue Amorosi
un casello ferroviario in disuso e già bruciato sulla linea ferroviaria che serviva a far giungere in questo posto i cosiddetti mafiosi dello Stretto che, al pari di questi abitanti, non sono esseri umani e hanno degli umani delle nozioni vaghe, tramandate da vecchi favolatori, e anche dallo stesso cineasta di documentari artificiosi, figlio forse di un prefetto siculo e figliastro di un principe della timpa napoletano che stava a  farsi i bagni, con la madre di costui, lungo la costa ionica in Calabria. Quando mostrano questi disegni agli adulti e agli storici, e geografi, geometri, pellegrini ingegneri, e bardinellisti, uscieri, guardiani della strada, casellisti, avvocati grossisti, medici scarpari, guardafili, applicati della ragioneria e naviganti tra una riva e l’altra, e questi li giudicano imperfetti, piamente loro li bruciano, e si sviluppa così ognuno dei quattordici incendi mensili perché non ne vogliono sapere di imparare ad usare la falce, che, lo sai no?, ogni essere umano, ancorché non faccia il poeta, è capace di usare.”
! v.s.gaudio



[i] Un po’ come avviene nella Centuria Cinquantatré di Giorgio Manganelli: cfr. Centuria. Cento piccoli romanzi fiume, Rizzoli, Milano 1979.