Giovanni Fontana La voix et l'absence Dernier Télégramme 2019 Préface: Pierre Garnier Postface: Julien Blaine |
La forma breve, il
metodo di parola, l’Album, la velocità della
mano e il fantasma di poesia visiva ⁞
1. La forma breve è sempre dentro alla terzina dell’haiku, non per la metrica, ma per la sua dimensione, la sua
tenuità, cioè, metonimicamente, disse Barthes, per l’areazione che dona allo spazio del discorso, è un fatto di lettura,
anche a guardarla, metti che sia appunto una poesia visiva, e la pagina è
come se contenesse un haiku, e c’è l’evaporazione della metrica costitutiva,
bisogna vederlo scritto, con la frattura delle righe, piccolo ciottolo areato,
un quadrato, un rombo, una ellisse, un ideogramma, e come l’haiku sembra che
cammini da sola, un po’ assomiglia all’olofrase,
gesto verbale non scomponibile, un'operazione di linguaggio senza tesi predicativa, Lacan era[→Le Séminaire XI,
livre XI, leçon 17(3 juin 1964), Seuil, Paris 1973], e aggiunse Barthes[i]:
la tipografia è, dunque, una determinazione
di lettura;
mi chiedo: l’olofrase (che può essere anche uno schema verbale non dentro la lingua ma nel gesto, nella voce, nel porsi in atto), l’haiku, la poesia visiva o
concreta che può suonare come un haiku? l'haiku non ingrandisce, ha una taglia esatta, la poesia visiva che fa, salta nel simbolo, è un trampolino e Plousia Mekuòn dov'è che fa il tuffo, la 14, c'est le coucher du temps, o, semplicemente, è la 10: il faut (la) regarder=il faut (la)garder? Non è una ipertrofia del dettaglio vero, potrà essere anche qualche volta la 12: pour éclater ou le coucher du temps(sa chute)?
la forma breve, la solitudine della parola e la voce, l'olofrase, la prossemica, l'areazione... un coup de langue un petit geste 19 |
Va’ a dirlo a
Giovanni Fontana, la solitudine della parola
e la voce, per tacere del vuoto, che sensualmente è come una
respirazione, una areazione, una
materia, anche se l’haiku fa di là la condensazione
e di qua lo spostamento: un grido:
elimina l’angoscia del soffocamento, e: ridammi il fantasma
della giubilatoria…
Ho ancora da
qualche parte nell’orecchio la respirazione
euforica di Giovanni Fontana o l’interrogativo:
dove leggerle le mie poesie visive, o concrete, leggerle o masticarle, o
semplicemente : ascoltarle e vederle?
à moi : une voix è la numero 1 |
1.1 Come l’haiku, la mia poesia così sonora e così iconica sarà anch’essa umana, tanto per dire: la verità dell’istante e vedere anche il pensiero puro, o un sintagma, un enunciato, una forma breve tra sensazione e distanza della lingua e della struttura poetica, lungo il meridiano della pagina: fa toccare la verità, innalza il nostro (-phi) lungo l’asse virtuale del meridiano come se fosse il 5-7-5 dell’haiku, traccia alla prima, poi un avvenimento, una voce che è anche una misura, un ritmo sillabico e c’è un punto remoto, profondo, una separazione che subito si riannoda, altro che versi di sette piedi: l’eptasillabo vs la poesia visiva o sonora di Giovanni Fontana che sta sull’asse del 17, ha questa forma così iconica e tattile, è una performance, si può tirarle fuori il fantasma dell’ “omonumerica” posizione?
à moi : une voix
o addirittura
l’absence ;
1.2 Va là : è
semplicemente una forma esemplare della notazione del presente= atto minimale
di enunciazione, forma ultra-breve, forse un atomo di frase che nota, marca,
individua, alla fine potrebbe anche glorificare, tuttavia se viene letta, dove
mai il mio orecchio, moi, je suis il
poeta-visionatore, potrà sentire il suo metodo
di parola?
l'absence è la 24 nell'Album di Giovanni Fontana dove c'è il punto e virgola" che ci fa vedere il passo verticale di Aurélia Steiner de Durrës La quarta di copertina di Aurélia M Gurgur: l'allure "punto e virgola" di Aurélia Steiner di Durazzo |
E poi il punto e virgola che sotto, giù, al fondo
cielo del meridiano, nessuno lo ha visto
dentro e con il passo, l’allure
di Aurélia Steiner di Durrës[ii]?
E allora
prendiamo il meridiano di Giovanni
Fontana[iii]
e mettiamolo lungo l’orizzonte:
così come
appare sopra: a sinistra, per convenzione, sarebbe ad est: “à moi”;
a destra,
sarebbe ad ovest: “ : une voix”[iv].
Guardo, cerco
di percepire, di sentirla la voce, ma
chi cazzo è? E’ la Steiner di Durazzo, quella del punto e virgola?
A voi come vi
pare, o meglio come vi appare, la forma
breve se messa così a cavallo dell’orizzonte
e non lungo il meridiano, che ha
sempre una nominazione, non più materiale e nemmeno più iconica, forse più
pesante e forse più visibile perché cammina più lentamente e resta a lungo nel
campo visivo del visionatore?
Mettiamo: l’absence
e il punto
e virgola, sull’orizzonte, passerebbe di più per farsi vedere Aurélia Steiner di Durrës?
Tutta nel suo
passo a punto e virgola e nell’assenza tra il meridiano di Durazzo e
quello della sibaritide,
e il poeta, a
cui gli passa davanti così non per 12 minuti quant’è la differenza tra la sibaritide
e Durazzo
ma nel tempo e
nella durata per farle fare il passo
dell’assenza e del punto e virgola per 180 gradi:
“ça, ça”: questo, questo, è tutto
ciò che ha potuto dire, tra l’absence e il punto e virgola del passo di Aurélia. Ammesso che
fosse lei.
2. Giovanni Fontana è sempre nel
gesto del Voler-Scrivere; o, dai,
diciamolo: nella prossemica della voce?
Sia quel gesto che la voce, sono sempre lungo il meridiano della pulsione, il desiderio:
insomma, si
tratta del fantasma di scrittura.
Barthes stesso faceva conto del fantasma
di poema, fantasma di romanzo e
poi ammise che il fantasma doveva
essere sottomesso a una tipologia molto grossolana, finché, detto tra noi,
possa essere codificato come fantasma
sessuale.
Allora
facciamone un altro di fantasma:
sempre di scrittura, ma: fantasma di
poesia concreta o visiva.
Si può , con
esso, conciliare la distanza tra l’enunciazione di scrittura e la prossimità,
cade giù lungo l’asse, quel meridiano, oppure ritorna su, e noi dobbiamo avere
il naso incollato alla pagina, e lui, l’autore anche, come se tirasse su e giù,
nelle sue dimensioni affettive, il presente.
Si può provare
a disegnare, tratteggiare, questo fantasma
lungo quell’asse virtuale dell’haiku,
5-7-5, la posizione allora è 17, e, di solito, penso che ci vogliano
tre giorni per farsi una poesia concreta
fino a farla andare in tilt al tuo
meridiano: che cavolo, e poi: provocare gli dei? O perdere la faccia? E stare a
guardare Diana che si fa il bagno nel nageur dell’altro anno della Maison
Lejaby?
Mi viene da
ridere: Roland Barthes disse: la ricerca del fantasma è già un racconto;
e noi: la
ricerca del fantasma è già una poesia visiva.
je ne vous dirai rien
la foudre, in La voix et l'absence di Giovanni Fontana, è la numero 7; Wordle, nel ns esempio, fulmina il numero 17, le sillabe dell'Haiku, che, d'altra parte, ha la riga eptasillabica |
2.1 E ci fa una
poesia concreta.
Dall’altro
lato: di qua, questo fantasma di
scrittura;
di là, nella
pagina a destra: niente, la foudre, calligrafica.
Tra posizione
e idea, personalmente stando così la
foudre si è nell’estetica.
Poi: si potrà
contare quante sillabe vengono meno,
e quindi si
viene prima, che si raggiunga l’asse virtuale delle 17:
tra niente e
il neutro, il vuoto,
l’alzata e la
calata,
l’etica del
crepuscolo e il godimento.
Secondo il
desiderio dell’autore, la forma cosiffatta fa toccare la verità;
sarebbe il
potere tattile della forma,
il potere
tattile dalla poesia concreta non può
che essere al quadrato:
dentro c’è per
quanto ne possa contenere quell’indicatore globale che Moles chiamò “iconicità”.
2.2 Mi piace
aggiungere che non deve avere o attenersi ad alcun ritmo civilizzato,
a meno che la
formula non sia opaca.
Il fatto
strano è che è difficile che nella poesia concreta appaia la voce del numero:
è come
l’applicazione cosiddetta “Wordle”:
e se gli
chiedi di convertire dentro la sua tavola un numero,
mettiamo il 17
anzidetto, Wordle lo nega.
Rien.
17 è un fantasma
di scrittura;
è un fantasma di piacere singolare;
è un fantasma di poema;
è un fantasma di poesia visiva?
Fulminato!
la foudre
3. La forma antagonistica, o paradigmatica,
non ci sono dubbi,
sembra che sia
in qualche modo legata all’Album,
che, scrisse e disse Barthes[v] :
praticato da
Mallarmé e vivamente condannato da lui.
Che ha, l’album, il circostanziale e il
discontinuo, per la pagina di Mallarmé
e il foglio, a lato, a specchio, per la poesia visiva di Fontana.
Divagations di Mallarmé: “Un libro come quelli
che io non amo, quelli sparsi e privi di architettura”,
è rapsodico,
ed è spezzettato e cucito; la scrittura per frammenti e questa versione
monosintagmatica dell’haiku,
sembra così
che, guardandola, una poesia visiva
di Giovanni Fontana viene nell’orecchio
Schönberg fra struttura e metodo,
e John Cage
che dice: “Non è una questione di struttura, è ciò che io chiamo un metodo.
Il metodo consiste nel camminare con il
piede destro e con il piede sinistro, il destro, poi il sinistro:
si può
camminare così con i dodici suoni, non è vero? Oppure con il contrappunto. “
Va da sé che
la struttura, nella poesia concreta di Giovanni Fontana, è
la tonalità,
e di nuovo fa
pensare all’Album, che è atonale, senza cadenza,
forse per la
sua monosintagmaticità verticale, per questo salta all’occhio la Parola,
e con essa il fantasma di scrittura, ed è avvinghiata
al meridiano, dell’autore o del visionatore,
tra fragilità
e iconicità: per non scivolare, lungo
quello stesso meridiano, verso la deflazione,
che tanto
impensieriva Mallarmè per la notazione
da Album.
4. La parola e l’istante,
questa brevità così resa iconica in
una poesia visiva,
e non è come
quando io dico una cosa, essa perde subito e definitivamente la sua importanza,
quando la
annoto la perde lo stesso, ma talvolta, come scrisse nei Diari Kafka, ne acquista una nuova.
Così, nella
poesia visiva di Giovanni Fontana.
Alea, miracolo della forma breve della parola che va su
o è caduta giù
al fondo cielo; allora la scrittura, o è
il suo fantasma?, è dura, difficile,
e, a vederla,
resa così iconica, scende dal libro e
va giù nell’album:
il desiderio
che entra in confidenza con la scrittura, di conseguenza farò un piccolo libro,
un po’
potrebbe essere simile al Libro piccolo, uno strano piccolo libro, un libro
breve,
che va letto
vedendolo, di volta in volta, circostanziale e fantasmatico ascensionale,
molto
misterioso ma non metafisico, ed è anche colorato.
5. La tecnica, se vogliamo, è esemplarmente dimostrativa,
come in
Mallarmé(Poemi, cioè Album),
che
cominciava alcuni dei suoi poemi
buttando qua
e là delle parole sul foglio, con tocchi
discontinui,
a cui viene
aggiunta una tecnica delle “concrezioni”, che,
essendo
flocculazioni a dirla con Barthes, sono abbinate,
come spazio,
al rettangolo e, in virtù della forma
breve verticale
nella poesia
concreta di Fontana, alla linea, che
o tira su
al medio cielo
la parola, o il fantasma di poesia visiva,
o, essendo
caduta in deflazione, pone in deflazione,
al fondo
cielo, la parola della frenata, per
evitare
che il fantasma, il fantasma di poema del poeta visivo,
non si scontri
con la realtà.
Non è il
rallentamento, e nemmeno lo statuto,
l’eidos della
ricerca del tempo perduto;
forse attiene
al micro-tempo, rispetto alla lingua,
della parola e della mano lenta.
le grand vent
du nord
E’
orizzontale, scritto nell’Album,
ammesso che sia un album, a
sinistra ;
e a destra,
nella poesia visiva, non è come i
miei wordle in cui viene meno
il numero,
miracolo della poesia visiva :
appare il numero 4.
Il 4,
per poterlo fare apparire, ha bisogno che la scrittura,
la penna
costantemente sollevata, torni a poggiarsi sul foglio,
il 4
viene preso dallo schema verbale dipingere/incidere;
quindi ,
per poter fare
apparire un numero in una poesia visiva,
la mano lenta dell’autore scriva velocemente.
La poesia visiva, anche per via di questo
grande vento di tramontana,
ecco perché il
4 sta sotto, giù al fondo cielo, a
nord, la poesia visiva
è l’opera in
cui scrivere consiste probabilmente nel non pensare
più
velocemente rispetto a quanto possa andare la mano.
6. La semplicità della poesia
visiva non è il leggibile volgare,
quello del
cosiddetto “reportage universale”,
per via della
verticalizzazione del fantasma di poema,
è allo stesso
tempo dentro un’armatura,
più che
narrativa, parasintagmatica,
ha questa
forma protensiva,
e un sistema anaforico non ingannevole
per quanto sia
sempre tesa o sottesa, tra l’ombra
e il suo venir
meno, che la parola ha nei pressi
del meridiano;
in più, chi più della poesia visiva?,
ha in ogni
caso rinunciato al sottinteso
del codice autonimico: la parola presa in sé
come parola
e non come
segno: che sarebbe la parola tra
virgolette,
la scrittura
visiva, dai, l’abbiamo vista,
lungo il
meridiano, ha il passo del punto e virgola
e si fa sempre
più iconica e leggibile rinunciando
al sottinteso
del codice delle virgolette.
Il faut garder, custodire, i progetti fino alla fine del giorno: 10 La forma breve del se regarder, il guardarsi? Jusqu'à la fin du jour |
il faut
se regarder
il faut
garder.
→ 10
les projects jusqu’à la fin du jour
!v.s.gaudio
[i] Roland Barthes, Tipografia.
Areazione, in: Idem, L’HAIKU NELLA SUA
MATERIALITA’, Incontro del 6 gennaio 1979→R.B.La
préparation du roman, vol.I. Notes de cours et séminaires au Collège de
France, 1978-1979, Editions du Seuil, 2003.
[ii] Cfr. V.S. Gaudio, AuréliaM Gurgur. Aurélia Steiner de Durrës,
Uh-Book.I libri di Uh Magazine, edizione speciale numerata e firmata 2018.
[iii] Giovanni Fontana, La voix et l’absence,
Dernier Télégramme 2019. Le poesie visive sono 24 : à moi, une voix è la numero 1 ; l’absence e il punto e virgola è la
numero 24. Nella postface, Julien
Blaine ripercorre chaque page: “chaque page est une partition, il écoutera la
gamme du vent au-dessus de la vibration de l’horizon, le bruit de la foudre ou
de la poudre en-deçà de la mort, le rythme des pulsations, de nos gestes, du
corps, du cœur, encore le vent et la poudre, puis les silences de la nuit, les
pauses, les soupirs(toujours au sens musical du terme) ». Come una Stimmung fatta nel maggio del 96.
[iv] Sarebbe la prima delle
poesie concrete rese in tipografia dentro La voix et l’absence, ed.cit.
[v] Cfr. Roland Barthes, Due forme fantasmate: il
Libro/l’Album, in: Idem, Incontro
del 5 gennaio 1980 →R.B. La préparation du roman, vol.II.Notes de
cours et séminaires au Collège de France, 1979-1980, Editions du seuil, 2003.