⚽Carlo Pava
il calcetto dei poeti maledetti
In quegli anni noi sudditi impotenti deperivamo giorno dopo giorno, a volte di brutto, subendo nuove malattie indotte da un tenore di vita un tempo auspicato e imposto dall’Oligarchia Misteriosa in quanto avvelenato. Per molti il calcio costituiva un diversivo, un divertissement in senso pascaliano, con il pane necessario alla sussistenza assieme ai circenses monopolizzati, la cosa umanamente comprensibile. Non più lo sport e i gareggiamenti fra singoli atleti e fra squadre per esaltare la vitalità, la bravura, la destrezza fisica e la bellezza [del movimento, della forza, del ritmo e della finezza psicologica nel gioco e dell’armonia di una corretta rivalità momentanea], di donne e uomini. Un’industria, un affarismo nel mare magnum del’'economia in cui un legittimo divismo si fissava nella pubblicità no stop [di certo non limitata alle grandi cerimonie e alle odi pindariche]. E per il popolino o, anzi, con rispetto parlando, per i fans, restava un ersatz da difendere a sgrinfiate e a lotte per bande, e peggio, sprovvisto di un’identità propria, con il viso cancellato dall’anonimato, come robot scatenati.
In un’epoca in cui bastava essere fotogenici per essere definiti “poeti” o, in alternativa, nelle grazie delle mogli o, con più incisività, delle amanti degli editori e dei giornalisti giulivi dei talk shows, nemmeno tanto dietro le quinte, il tizio assumeva la statura di un semidio al quale tutto appariva lecito, perfino scrivere versi da letterati senza essere un letterato e con un sospetto analfabetismo [bastavano i ghost writers, in precedenza in epoca barbarica definiti “negri”].
Una società come una palude venefica con miasmi soporiferi: di colpo la morte di un famoso calciatore faceva passare in secondo piano una pandemia terrorizzante, megafonata in TV in ogni ora, e la proclamata e sacrosanta giornata dell’anti-violenza contro le donne. Il soggetto in questione, però, conosceva la brutalità psicologica nel lasciare trascorrere anni e anni prima di riconoscere una figlia naturale… sorvolando sulle altre chiacchiere pervenute, taci… il nemico ti ascolta. Mi sembra: il suo nome iniziava con la lettera M.
Per il lutto del suddetto famoso calciatore venivano tollerati, come niente fosse, perfino gli assembramenti tanto deprecati dalle istituzioni politiche, e mediche, in una fase di epidemia a 360 gradi sia in indoor sia in outdoor, detto con gli anglismi dell’italiano neo-maccheronico.
I commentatori nei mass media banalizzavano perfino l'intervento estemporaneo dello storico Alessandro Barbero, in una video-intervista, sulla cosiddetta genialità del giocatore segnalatosi per le prodezze tecniche, il dribbling, le piroette e gli altri gesti fantasiosi, soprattutto i colpi di testa [la testa, la mente, insomma], nei servizi per il piccolo schermo identificandolo con i “poeti maledetti”, il celebre gruppo del calcetto ottocentesco, inserendo o, meglio, insinuando, la foto di Paul Verlaine senza nominarlo, in solidarietà con il profondo dolore e le lacrime degli spettatori, per indurli a dimenticare i propri guai.
Carlo Pava, un disegno della serie " Giunone e Giove in conversazione". |