Apocalypsis cum Figuris ✒ Carlo Pava

 

graffiti domestici: un giornale murale© carlo pava

 


 

Carlo Pava 

diari sconnessi [1987-2022]

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Apocalypsis cum Figuris

 

Albrecht Dürer, le sue quindici illustrazioni xilografiche del Libro dell’Apocalisse, 1498, le tavole secondo l’immaginario della tradizione: dai sette candelabri agli orridi cavalieri, dall’apertura dei sigilli agli angeli della morte, da San Michele e il drago alla puttana di Babilonia, senza rinunciare alla chiave dell’abisso. Del testo attribuito all’Evangelista Giovanni possedevo nell’altra casa, conservato in un cassetto di un comò d’epoca, una comune edizione Einaudi, forse anni Settanta, bella, un oggetto solido, cose d’altri tempi, e ogni tanto mi ripromettevo di rileggerlo.

 

Però non negavo i lati frivoli, per cui mi colpiva il sapere che il grande autore è considerato l’editore e il venditore di questa serie, il primo artista a pubblicare un libro creando, inoltre, un proprio copyright. Non ne sapevo di più. Però riflettevo sulla stampa prima dell’industrializzazione del settore. Questa, tra le ricerche prese in considerazione: conoscevo alcuni saggi sulla storia della scrittura ma mi mancava l’esame dell’editoria in proprio, a mio avviso destinata a un revival ridimensionato con l’avvento di internet e degli e-books, con la conseguente crisi [una pan-crisis].

 

Ma con l’Apocalypsis cum Figuris di Jerzy Grotowski l’atmosfera dell’ultimo disvelamento segna la fine di tutto [secondo la nostra visione antropocentrica] e si spiana in una serie di gesti banali, lenti o nervosi, in un comportamento insensato su una scena disadorna, dove gli attori si concentrano su sé stessi nel mostrare la cacciata dell’innocenza dal mondo, per sempre, dapprima con i lumicini fiochi via via spenti assieme ai tentativi di gridare, per dare spazio al Buio, al Nulla, al silenzio. Un po’ lo spettacolo me lo ricordo, o l’essenziale al di là delle parole e della razionalità. Vedevo nel 1969 tale forma di teatro povero allora d’avanguardia, e anche il regista, con il suo barbetto rado.