Carlo Pava
riflessioni di uno studente-lavoratore
[il maggiordomo di Madame de Saint-Ange]
Divagando durante la lettura del “principio di ragione”, le tredici lezioni di Martin Heidegger. Nella modalità spazio-tempo, concepita quando il tedio viene messo tra parentesi, il destino si ingarbuglia in una conclusione sconclusionata. In soldoni: l’opera incompiuta. Intanto, i frammenti definiti di moda già in pieno Novecento, permettono una serie di flash [la parola al singolare, a malinc…re], perfino all’improvviso, un contributo allo stile oscuro. Un esempio: una donnina con la pettinatura neo-punk mentre fa sex impone al partner: “prometti che gli taglierai la testa”. In tutta evidenza, ce l’ha con qualcuno, basta poco per diventare antipatici per l’eternità, forse non le faceva la corte, nemmeno un cicì-cocò platonico durante le sporadiche visite dei cicisbei. Esercita il diritto all’egoità fregandosene degli altri, i singoli più o meno inclini alla socializzazione in piena irrilevanza. Quindi, gli spezzoni grafici indicati in paragrafi potrebbero contraddirsi senza obiezioni, allineandosi con la tabula rasa della moralità e delle regole della vita civile. Il libro del mondo: un libro rabberciato. Tuttavia, attenzione, le cose non ne risultano semplici: nell’era atomica e nell’epoca serpeggiante in segreto le individualità svaniscono nel XXI secolo, nell’omologazione, nella tecnicizzazione totale.
La conseguenza: smettere di smenarla. Perduta la fede nei graphic novels, da chiarire una svolta: Franz Mensch, togliendosi la maschera, diventava l’alter-ego dell’autore, trasformando il progetto iniziale in un diario, il genere letterario amato dagli esistenzialisti di ogni ordine e grado a cominciare dal seduttore Søren Kierkegaard, continuato da sedotto nel romanzo del personaggio Niels Lyhne del connazionale Jens Peter Jacobsen.
Nemmeno i commercianti di libri usati, nemmeno gli specializzati delle fumetterie li volevano, per quanto conservati in ottimo stato, non si vendevano, crisi nera, dicevano. Trascorreva, quindi, le serate in solitaria senza Isotta, in attesa della sua liberazione. A proposito, la cercava anche al Parco Sempione, la vera e propria selva dei cacciatori di teste metropolitani al soldo di Madame de Saint-Ange. Il nome risuonava angoscioso nel silenzio. Veniva in mente il film “ordet” di Carl Theodor Dreyer, quando nella brughiera il padre preoccupato chiamava Johannes, il figlio studente di teologia mezzo matto e mistico. Quale parola poteva donare la vita quando trionfava la furfanteria del potere politico globalista?
Rettificandosi in un amanuense durante il tempo libero, spianava l’ostilità dei sacerdoti e delle vestali dell’ordine costituito, compresa l’editoria ufficiale, piccola media e grande, nascosto opponendosi all’anti-Stato diventato lo Stato per modo di dire, un’oligarchia occidentale [la ricchezza in mano all’uno per cento della popolazione], viaggiando in un appartamento. Mentre nella casa di Madame de Saint-Ange impazzava una gang bang dopo l’altra, tra le amiche stanziali e i loro frequentatori.