ARIANNA by Piero Toffano
vs Wordle
verticalname MARISA AINO
▐ NIRAMOS│© 2017
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ARIANNA E LA
WORDLE DEL NOME VERTICALE DELL’OGGETTO “a” RADICALE DEL POETA
Arianna ha,
tra pelle del culo e del collo, il paradigma della passione astratta: il ruolo
di questa donna ha una codificazione fiscale del servizio e della sorpresa, al
cui centro, o anche meridiano, della
figura è evidente che ci sia l’altro, che, così arruolato, sarà sempre, per il
poeta, tra podice e linea del culo, con quella pelle del culo, così dentro il
proprio ruolo, la pelle del ruolo, così messa è semplice vedere tra muso, naso e mano, e la pelle del culo, il mondo
della predestinazione dell’Altro, che proviene da un altrove[i],
anche il meridiano tra le gambe e quella mano, e quella nuca, la pelle delle gambe
e del culo, provengono dall’inumano, dagli dei, dalle bestie, dagli spiriti, è
l’universo del fatale che non ha niente a che fare con lo psicologico: il poeta
è estraneo a sé stesso mentre questa donna viene interiorizzata, e questa sua
estraneità a se stesso prende tra l’altro, e l’altra, la forma dell’inconscio,
che, come riteneva la Kristeva, nel mondo del fatale così messo, non esiste. C’è
l’attributo di un’istanza perfettamente inumana, che serve, al poeta, per
essere liberato della forma universale del suo oggetto “a”, che non ha più una forma psicologica, ideologica e morale, né
ha una metafora che correli all’Altro né che l’Altro, in questo caso il
fotografo che così codifica Arianna, gli alimenti la figura con la propria
retorica e una propria metafora. Non è che l’annientamento della vita privata,
per questo Arianna è contrapposta alla wordle del nome verticale della moglie
del poeta, e per questo tutto è così inquietante, così dentro l’Heimlich letterale del nome, che diviene
in questa misura qualcosa come NIR AMOS,
uno spazio ristretto, un mantra, praticato quotidianamente, una sorta di
mandala, ripetuto di giorno in giorno, come una Battaglia dei Gesuiti, nel meridiano di Arianna, tra quelle gambe,
il podice e la nuca, la mano che di anno in anno potrebbe annientare la
distanza e lo spazio della longitudine e della latitudine, per come facendosi Dasein così evidente e ripetuto nel nome
del proprio oggetto “a" radicale, che è costituito attorno al Dasein della moglie, il corpo di Arianna
si stanca di non sapere dov’è e la mente, del poeta, lo colma della sua
assenza: è la deterritorializzazione, o l’anamorfosi, se si vuole, della
passione astratta, che è fatta della pelle del culo di Arianna e delle sue
gambe, e della pelle del culo di Marisa Aino e del meridiano che dal podice
innalza il (-phi) al collo e alla nuca, è la distanza dell’esilio, in cui si
conosce l’identità del poeta ma il poeta disconosce l’identità di Arianna, che
sfugge così all’illusione dell’intimità, per essere così fotografica in quel
preciso tempo siderale locale della posa, e quindi in quel determinato e fatale
spazio, ha un bagliore, anche di culo, così impotente, ignorante e stupefatto,
basta guardarle la faccia in altre fotografie ad Arianna, anche quando ha l’identità
di Taylor, come se rimandasse a Tamara Taylor, l’attrice di “Bones”, già virtualmente connessa con la
moglie del poeta: così messa, Arianna vuole essere colta direttamente,
violentata lì per lì, in quella relazione geometrica, illuminata nel dettaglio,
tra meridiano delle gambe e del culo e del dorso e della testa, nella sua
qualità frattale, la pelle del culo che la interrompe come soggetto e
interrompe il mondo, lo spezzetta, lo ingrossa, questa istantaneità artificiale
così fatale perché tradisce il fatto che non sa chi è, non sa come vive, e il
poeta stesso ne ignora la precisa identità fiscale, essendo così immobile, l’immagine,
prima non ha alcuna dimensione, e poi, a una a una, tutte le dimensioni, nella Battaglia dei Gesuiti, avranno il peso,
il rilievo, il profumo, la linea del meridiano del culo, la profondità, il
tempo, la continuità, il senso della carne, la pelle delle gambe e del tergo
nell’istantaneità artificiale radicalizzata nel nome verticale dell’oggetto “a” radicale. Arianna nello shummulo
quotidiano come NIR AMOS.
[i] Cfr. Jean Baudrillard, L’irriconciliazione; L’esotismo
radicale; in: Idem, La trasparenza del Male, trad.it.
SugarCo Edizioni, Milano 1991.