v.s.gaudio
3.
Lo script della “Fleur de magnolia” e il contrappunto;
il farsi sentire e il tempo-orologio della Sonatine;
la musica del farsi suonare
Gli
Scipts, scrive Berne, sono destinati
a durare una vita intera. I principali distruttori di Scripts sono gli eventi
sconvolgenti: guerre, carestie, epidemie e oppressioni, che sorprendono e
schiacciano come rulli compressori cosmici tutti coloro che li temevano, ad
eccezione di quelli che sono autorizzati
a salirci sopra e ad usarli; c‘è una seconda forza, che è dovuta a
particolari conversioni della psiche , che spezza gli scripts e trasforma gli
sconfitti in non-vincitori e i non-vincitori in vincitori.
Lo
script di Anne Desbaresdes pare che
possa essere sconvolto da un avvenimento sconvolgente che avviene nel suo
Dasein, una sorta di Unheimlich che,
però, e qui è la trappola, le piège, du désir et de la Duras, non sconvolgerà
lo script ma lo allieterà, gli darà godimento[1].
Che
Anne Desbaresdes è compresa tra chi è autorizzato a salire sopra il rullo
compressore?
Il suo script borghese le impone l’agio, da
mostrare, e il disagio, da sentire, del suo ruolo: l’agio, visibile ed éclatant:”leurs
épaules nues ont la luisance et la fermeté d’une société fonde, dans ses
assises, sur la certitude de son droit, et elles furent choisies à la
convenante de celle-ci”, ma anche: “la ligne droite des épaules” che Chauvin
tolse dagli occhi ma non dal cuore, e l’agio de l’éclatement silencieux que lui
brise les reins.
Il
disagio è costituito dall’altro vantaggio psicologico interno : vomitare
la nourriture étrangère, darsi un po’, à peine, di douleur o di colpa che, pian
piano, la farà ritornare al desiderio per le brûlante douleur de ses reins.
Lo
script “Moderato Cantabile” non ha come obiettivo esistenziale quello di dimostrare, come nel “Rapo” classico di Berne, che gli uomini non valgono
niente. Madame riceve il suo compenso, non solo dal rammarico dell’uomo ma
anche dal fatto che può aggiungere alla sua raccolta di fleurs de magnolia
un’altra fleur e, in più, riceve il suo “consentement entier”, lo svelamento da
parte dell’uomo che il suo desiderio aveva raggiunto il quarto tempo, quello
che, quando c’è un fallo con cui si parla, è come un unicorno che carica,
rigido e anche pronto, ma così turgido e ardente che bisognerà muoverlo se non
vuole esplodere per eccesso di potenza: consentement
entier, che, proprio per questo orgoglio peyronico[2],l’”envie
merveilleuse qu’il y arrive un jour” e che in un giorno, allo sconosciuto
Chauvin, gli svanisce come il fiore di magnolia.
D’altra
parte, il fallo implosivo, la fleur de magnolia, ce l’aveva lei, cette fleur
qui le frôle le contour extérieur des seins, enorme sì, troppo grande per lei,
ma che sa puntualmente raccoglierlo proprio quando è all’apice della fioritura,
nel 4° tempo, o grado, della sonatine: l’uomo glielo dice, nel capitolo sesto,
le dice:”Ses pétales sont ancore durs”, e lei risponde a questa doppia nota con
il contrappunto:”Je ne me souviens pas d’avoir cueilli cette fleur. Ni de
l’avoir portée”. A cui, l’uomo risponde con una nota in più, per una carezza
verbale che le faccia sentire la potenza di ciò che non si vede:
“Je
ne vous regardais qu’à peine, mais j’ai eu le temps de la voir aussi”, sta
facendole sentire questo fiore enorme che lei ha epinglée, trop haut, non
vi ho guardato che à peine, morbido
posarsi dello sguardo che non accenta nemmeno il penis ma glielo fa
percepire,
e che, in quel breve svolazzo del regard-à-peine, ha visto entre ses seins nus sous sa robe cette énorme fleur
de magnolia.
Il
contrappunto di Anne[“Je ne souviens pas d’avoir cueilli”] fa pensare alla
tecnica musicale in uso nei secoli XVII e XVIII per la quale il valore di
ciascuna nota, nella ripetizione di una idea, veniva ridotto alla metà e
ripropone l’errativa ostinazione musicale del « terzo senso », non
solo in ragione di quanto ricorda Barthes in proposito[“Nel paradigma classico
dei cinque sensi, il terzo è l’udito; è una coincidenza felice, perché si
tratta proprio di un ascolto”[3]],
ma anche in ragione del fatto che il terzo
senso, in una fotografia come in una storia, ha sempre un qualcosa del
contrappunto o dello stereofonico, e che, per questo, sobilla un farsi suonare che, lo abbiamo scritto
altrove, essendo dal lato del significante
di deplezione[4], attiene ai verbi
vuoti.
La
tecnica del contrappunto pare che sia entrata in modo casuale nel nostro testo;
chi suona ciascuna nota, nella ripetizione di una idea, viene ridotto della
metà, e allora questa deplezione, nella complementarietà del “terzo senso”,
viene ricaricata dal significante di accrescimento, che
ridona a ciascuna nota la metà del valore vuotato purché l’idea, l’atto,
l’espressione, il gesto, il désir, venga ripetuto.
Le
parti del gioco Moderato Cantabile, nel loro incontrarsi, risentono il terzo senso che sta sconvolgendo il loro
désir e, ogni volta nell’incontro, lo fanno agire come una sorta di
impercettibile traslato da sguardo in
ascolto.
Così,
il contrappunto, che ha una ragione uditiva, che annoda legami di
complementarietà tra il significante di deplezione e il significante di
accrescimento, non fa che sovrapporsi come immagine acustica per poter dare
alla scena, alla scena del désir, più linee melodiche simultanee.
Voglio
dire che la scena, che fa incontrare le parti en jeu, costituitasi da un
rumore, un suono, un cri de femme, e, in ragione di questa ripetizione del
crime-cri, ha sempre un’atmosfera Heimlich da senso ottuso, che è, perciò, qualcosa che fa sentire, Anne che cosa
ascolta?
Quando,
oltre al punctum, nella scena si sta facendo, sta fiorendo nel désir, e in
ragione di questa jouissance il farsi
fare abbia, nella complementarietà tra significante di deplezione e
significante di accrescimento, una ragione sensoriale uditiva, Anne, che ascolta, che musica sente?
“Ci
sono due tipi di musica – almeno così scriveva Barthes - : quella che si
ascolta, quella che si suona”[5].
La
manualità della musica che si suona, intendo dire questa musica della
diminuzione, che è femminile e attiene al désir, e dell’accrescimento, che è
maschile e attiene al contrappunto a cagione del fatto che il valore della nota
depleto della metà vada ricaricato della metà, Anne, che incontra un inconnu
per ascoltarlo sulla storia di un fait divers, ascolta questa questa musica
come una opposizione significante dei “piano” e dei “forte”, da cui la melodia
ha gli stessi contrasti di intensità che ha il désir, sia il suo (che è connu,
c’est son connu) che quello dell’inconnu.
Questa
circolarità lega il contrappunto musicale all’ermeneutica : “ascoltare
significa mettersi in condizione di decodificare ciò che è oscuro, confuso o
muto, per far apparire alla coscienza il ‘di sotto’ del senso(ciò che è
vissuto, postulato, voluto come nascosto”[6].
L’oscuro,
che è nel fait divers accaduto, non potendo essere visto, va ascoltato, anche
perché il désir, e , poi, la jouissance non possono essere nemmeno toccati.
Il
sondare è come l’ascolto, in cui non solo si catturano dei significanti e dei
significati, ma, piuttosto, si percepiscono dei rumori, delle grida, dei suoni,
dei gemiti.
L’ascolto è sentire il gemere dell’altro,
sia che stia stillando désir sia che stia gocciolando jouissance: dans le jeu
“Moderato Cantabile” on joue la sonatine et on écoute le magnolia qui
fleurisse.
Anne
va al Café e si vede vedersi, in realtà si vede ascoltarsi, la jouissance è
come in ogni figura femminile di Hans Bellmer, in cui l’oggetto a ,
che è lo sguardo, è il fallo che, in ogni suo esserci in scena, la sta
riempiendo nella misura in cui il significante di deplezione del suo désir la
sta simultaneamente vuotando.
Il
suo desiderio, sempre più diviso, polverizzato nella metonimia, che è stato
visto (“Je vous regardais qu’à peine, mais j’ai eu le temps de la[la fleur de
magnolia]voir aussi”) e che le avrebbe voluto far sentire , finirà con
l’essere ascoltato: perché l’ autoerotish
consiste piuttosto in questo: che il Lust
trova sempre del buono nel campo dell’Unlust,
dell’oggetto come resto, come inconnu, perché gli oggetti non devono essere del
tutto amabili ma un poco appetibili: il volersi
il proprio bene, che costituisce il carattere classico della concezione
dell’amore, è, come dice Lacan, “l’esatto equivalente di ciò che, nella
tradizione, si chiama la teoria fisica dell’amore, il velle bonum alicui di San Tommaso”[7].
Il fatto è che se il personaggio femminile, nella circolarità della pulsione, trova,
nel suo intervallo(è il capitolo settimo), la beanza, non è che il suo ascoltarsi nel suo membro sessuale
corrisponda necessariamente a un amarsi
attraverso l’altro: la Schaulust,
la pulsione scopica, nel cerchio della libido, che va dal campo narcisistico
all’atro, non fa che guardare un oggetto estraneo, inconnu, o essere guardata
da una persona estranea, che è in-con-nue.
Il
farsi vedere , voi lo sapete, “è
indicato da una freccia che ritorna verso il soggetto”, che, nella scena degli
incontri, per il contrappunto che sta
suonando, si converte in farsi sentire,
che, dice sempre Lacan, va, invece, verso l’altro: la pulsione scopica
converte, così, il “guardarsi nel suo membro sessuale”, che è sempre estraneo,
inconnu, nell’ascoltare nel proprio sesso
il contrappunto che quel membro(dell’estraneo) le sta suonando.
Il
tragitto del desiderio, che parte dalla Schaulust che è la pulsione scopica, lo
sguardo, non arriva a destinazione perché, dall’iniziale farsi vedere, non si è arrivati a farsi fare, dopo aver passato, in tutta la sequenza del “Moderato
Cantabile”, per il farsi sentire: il
tempo della sonatine, che è un tempo misurabile, non basta per il tempo-meta, ma noi già sappiamo che
nello script di Anne non c’era il farsi
fare come conseguimento di una meta, piuttosto è questo “tempo-meta”,
fissato dal tempo-
orologio collegato alle lezioni di piano per
l’enfant di Anne, son trésor, che non permette che il tragitto del desiderio
dell’inconnu arrivi a destinazone, se non per innaffiare la fleur de magnolia
quanto meno per farle effettivamente sentire
l’”acconsentement entier”. Ma, come vedremo, il gioco en jeu avrebbe dovuto,
quanto meno, riguardare il genere Cabaletta, Cavatina o Operetta, perché la
signora premesse il pulsante del farsi
fare, al primo grado, e il genere Ciaccona, Cantatine, Gagliarda, per un farsi fare corrispondente alla misura,
all’intensità e all’espressione, dell’acconsentement
entier: la cadenza imperfetta dell’armonia ha sempre un che di agitato e
mosso, se non furioso.
Il
désir, che svuota il personaggio femminile per l’ingrossamento cui protende,
nell’ambito del contrappunto può fantasmare nota contro nota, due note contro
una, quattro note contro una, il sincopato, il florido, e quindi può farsi
suonare col contrappunto doppio, triplo, quadruplo. Che è semplice da eseguire:
nota conto nota, è un colpo del suonatore e la signora che risponde; due note
contro una, è due colpi del suonatore e la risposta della signora(gemito, o
fremito, o controspinta); quattro note contro una, quattro botti alla signora e
risposta éclatante della stessa.
L’esecutore
ha una “dinamica”(che si ricollega alla dinamica del jeu qu’on joue) o
“intensità” che, essendo la prima volta e a cagione impulsiva nell’immediato
del movimento “presto”, “prestissimo” o “vivace”, non può che essere di tipo
“forte” o “fortissimo”, senza nessuna concessione al “dolce”, “piano”,
pianissimo”.
L’espressione
dell’esecuzione, voi sapete che operando le spinte del “presto” o
“prestissimo”(non potrà essere nemmeno “moderato”, figuriamoci se “andante”,
“adagio”, “lento”, o, addirittura, “grave” o “largo”, che è movimento da
esecutore abituato a suonare quella musica con quello strumento), sarebbe tra
il “mosso” e il “furioso”.
Pertanto,
per la tassonomia del farsi suonare, si
può elaborare, per i personaggi di Moderato
Cantabile, una tavola dell’Esecuzione, in cui il tipo di
relazione(necessariamente, al donna con un suonatore appena conosciuto, se da
l’inconnu, in cui lo ha mantenuto il suo Script, fosse invece approdato allo
stato di à peine connu, qualora il
doppio taglio del cut-off e cut-out[liberazione esterna e liberazione interna],
liberando la signora dalle costrizioni del copione, avrebbe permesso al Demone
della stessa di combattere l’apparato di copione.
Relation
|
Mouvement
|
Intensità
|
Expression
|
Sveltina avec jouer à peine connu
|
Prestissimo
|
Fortissimo
|
Brillante
Mosso
Arioso
Furioso
|
Fellation avec jouer à peine connu
|
Allegro
|
Mezzoforte
Forte
|
Agitato
Appassionato
|
Poignée avec jouer à peine connu
|
Presto
|
Forte
Sforzando
|
Appassionato
Mosso
|
Trompetée avec jouer à peine connu
|
Moderato
Presto
|
Piano
Forte
|
Arioso
Mosso
|
3.1. Tavola dell’Esecuzione e dei
tempi
Tavola
che vi permette di vedere come il movimento “Moderato”, che, partendo
dall’ “Adagio” e assegnando a questo il 1° grado di una scala
temperata, sarebbe di 7° grado, sia connesso a una relazione sessuale, in caso
di tragitto del desiderio giunto a destinazione, riguardante una trompetée il cui volume, il colorito,
corrispondente sia quello “piano” e l’espressione sia connessa all’”arioso”,
che ha qualche sinonimia di connotazione con il “cantabile”.
E,
alors, perché le jouer à peine connu, il pénard, il volpone della storia, è
rimasto sulla scena comme l’être
peiné: afflitto, addolorato, crucciato?
Il
pénard, che stava suonando così bene il contrappunto del désir della signora,
chiude la storia come un peinard: “La main de Chauvin battit l’air et retomba
sur la table. Mais elle ne le vit pas, ayant déjà quitté le champ où il
se trouvait”. Da jouer, che,
pian piano, en peinard, en pénard, senza far rumore, et en fredonnant la
sonatina del tesoro di madame, stava per jouer de la trompe, è stato, piano
piano, con il “Moderato Cantabile” che, prima, il bambino doveva
apprendere e suonare e che, poi, il suo Bambino, quello del Pénard, sperava di
poter suonare con ben altra espressione, blackboulé.
Pourquoi?, demanda Anne Desbaresdes.
Pauvr’homme, c’est peiné, dit
quelqu’un.
da:
V.S.GAUDIO
L’EMBARDAGE-DURAS
Il pentagramma narrativo du désir
© 2003
L’EMBARDAGE-DURAS
Il pentagramma narrativo du désir
© 2003
[1] Cfr.
Eric Berne, Fare l’amore, trad.it. Bompiani, Milano 1987 :pagg.150-151. Cfr. quanto dice Bruna Morelli (in: Lo sguardo, il desiderio, in: Duras,
mon amour, ed. cit.: pag.148): “E’ un desiderio di sventura, che però resta
sospeso nel vuoto, poiché in questo caso il terribile è già avvenuto. Ma quando
la passione è pienamente vissuta, la geometria del triangolo parla dell’eterna
solitudine di ciascuno dei poli”,che, poi, fa precisare a Mireille
Calle-Gruber(in: Le vice-consul o la
crisi della rappresentazione, in: Il
mestiere di scrivere, a cura di Lucia Cenerinis, Bastoni,Foggia 1983: pag.
177): “Non secondo la lettura del ménage
à trois o della scena voyeuristica(…), bensì come esercizio del principio
stesso di relazione”, che è un rilievo del tutto in linea con quanto stiamo
scrivendo.
[2] Cfr.
Eric Berne, Fare l’amore, trad.cit.:pag.60. Fu chiamato così questo grado
assoluto dell’erezione, “in onore del medico che per primo fece uno studio vero
e proprio del fenomeno: François de la Peyronie(1678-1747). Il cappello volto
all’insù, che è una normale manifestazione di sovreccitazione, avviene anche
nella malattia di Peyronie(indurimento plastico del pene), variamente
attribuita a traumi fisici, mutamenti vascolari, astinenza prolungata o
mancanza di adeguata gratificazione. A volte l’incurvamento è così marcato da
rendere l’introduzione difficile o impossibile. La malattia di Peyronie è di
solito accompagnata da erezioni dolorose. Questa “envie merveilleuse” di
Chauvin è come la malattia di Peyronie, che di solito è accompagnata, l’abbiamo
à peine detto, da erezioni dolorose. Non fatemi dire che quella curvatura del
sole, che analizzeremo avanti, dal tornaconto fatale al copione era tutta in
questa curvatura dolorosa del pene!
[3]
Roland Barthes, Il terzo senso, in:
R.B. , L’ovvio e l’ottuso, trad. it.
Einaudi, Torino 1985: pag.43.
[4] Per
il Significante di deplezione e, reciprocamente, di accrescimento, cfr.
V.S.Gaudio, Il terzo senso fotografico,
L’immagine seducente, in. 2003. Rende bene il “significante di deplezione” e,
specularmente, anche quello di “accrescimento” questo monologo di Françou, la
protagonista di La vie tranquille,
ambientato nel Périgord blanc, scritto nel 1944 e rivisto nel 1972: “Quanta
ipocrisia c’è in me! Niente si vede della voragine che è qui, fra le mie gambe.
L’uomo che la scoprisse potrebbe credere che essa si è aperta sotto di lui, per
opera sua. E’ perfidia e innocenza. E’ una cosa che da sempre aspettava colui
che deve venire, è solo un punto d’arrivo per qualcos’altro. Ma il fondo di
questa voragine è al tempo stesso il rifugio, il solo rifugio contro il cielo,
e una delle ultime muraglie del mondo. Non posso farci niente. Non sono niente,
vicino a questo. Ma questo è in me, attaccato a me, me lo si legge in faccia.
Lo dimentico facilmente, ma resta legato al pensiero di Tiène. Tiène è l’uomo
che amo. E forse sarà il solo, in tutta la mia vita, cui potrò offrire questo
pozzo di frescura. Eppure, esistono tutti gli altri che io non conoscerò mai.
Ma è il pensiero di Tiène che mi ha fatto scoprire che questo pozzo mi
appartiene, che può appartenere, a me, a Tiène. Prima di conoscerlo, lo sentivo
vagamente in fondo a me come qualcosa di vuoto, o, se si vuole, di pieno, pieno
di un non sapere totale. Ne usciva un grido vuoto che non chiamava nessuno.
Dopo, vi è cresciuta una forza contro la quale sono impotente, un pensiero è
nato là, dentro di me, contro di me, intorno a una forma, sempre la stessa, il
pensiero della forma di Tiène”: pagg. 94-95, trad. it. Feltrinelli, Milano
1998. E lo rende altrettanto bene con questo passo, estratto da “Gli uomini”:
“E’ in quella cavità della vagina che risuona a vuoto nel nostro corpo che
siamo toccate dal desiderio del nostro amante. Un luogo dal quale il sesso del
nostro amante è assente.(…)Possediamo il nostro amante come lui ci possiede. Ci
possediamo. Il luogo di questo possesso è il luogo dell’assoluta soggettività.
Lì il nostro amante ci assesta i colpi più forti che lo supplichiamo di dare
perché ci riecheggino in tutto il corpo, nella mente che si svuota”: Marguerite
Duras, La vita materiale, trad.it.
Feltrinelli, Milano 1988: pagg.43-44.
[5] Roland Barthes, op.cit.: pag. 252.
[6] Ivi: pag. 241.
[7] Jacques Lacan, Il seminario, Libro XI, trad. it.
Einaudi, Torino 1979: pag. 194.