La boca inmoral ■ Le Lagana Sybaritica dei tremuli poeti meridionali della Disney Company




Le Lagana Sybaritica:la tremula frittura della terra del principe della Cerchiara
Pranzando l’altro giorno al mio abituale ristorante sulla costa jonica degli ombroni ammâšcânti[$F·la-leggenda-delle-ntrocchje-ammascanti·il-kamasutra-equino-di-giovanna-i], dove fanno le Lagana Sybaritica veramente squisite, fui costretto a sorbirmi anche un poeta di mia conoscenza, il quale non fece altro che difendere il suo ultimo capolavoro da una serie di stroncature che sembravano Il Libro dei Morti tibetano o forse anche i Sutta del Canone dell’Asino di Mia Nonna dello Zen.
Tracciando un tenue parallelo fra i suoi versi e quelli di Caproni, o anche di Giovanni Giudici,  e inveendo contro i critici a pagamento della Confindustria e di Bilderberg, e quindi a lui stesso associati,  con eloquente furia pitagorica, anche se non è di Metaponto ma poco ci manca, il poeta, anche isso, divorava frattanto un piatto colmo di Lagana Sybaritica.
Io, s’intende, non potevo fare altro che porgere orecchio, darmi un’aria compunta e assicurargli che la frase, “lo schema verbale archetipo di questo poeta è molto vicino allo schema verbale che dovrebbe dare senso al suo fare versi senza la o, poteva anche interpretarsi in svariate maniere. Specialmente a tavola. Mi sembrava, non dico una necessità, ma quasi un obbligo. E che cazzo!
Poi, d’un tratto lo vidi sollevarsi dalla sedia per metà o intero, ammutolire, annaspare freneticamente con le braccia e quindi afferrarsi la gola. Si era fatto bluastro in viso, poveretto, e non era stato in spiaggia ad abbronzarsi, di quella sfumatura di turchino che, invariabilmente, fa pensare al colore archetipo di alcuni poeti del Golfo di Taranto per via dell’aria salubre che quivi si respira.
Più tardi, tornando a casa per la Traversa Q, che mi fa pensare sempre al famoso Q di cui ho riferito in Il Marcuzzi[$Fil-marcuzzi], della mitica via del Lutri, mi chiesi se il medico d’Alisandra, il cui nome è ormai celebre, quale inventore di quella efficace manovra che avevo visto eseguire poco prima al ristorante e di cui ho evitato accuratamente di rendervene conto, sapesse che c’era mancato poco che qualora non gli fosse riuscita la manovra io avrei dovuto pagare il conto anche al poeta del Capo Aulico, così detto per i capelli unti e oleosi.
Comunque ebbi modo di appurare, e questo mi lusinga, come, all’epoca, una critica di un Piromalli, che il suddetto luminare d’Alisandra conosceva bene il mio saggio sull’uso della cipolla nelle frittelle di zucchine,che, come vuole anche Manuel Vázquez Montalbán, è di rigore anche nelle Frittelle di fiori di zucca, e che, come queste, ne fa un piatto che potrebbe non solo comparire in una tragedia di Tennessee Williams ma anche in una Stimmung di V.S.Gaudio, sempre che vengano mangiate insieme a una Aurélia Steiner un po’ più rossa che bionda, e non è vero che le Lagana Sybaritica non abbiano lo stesso sapore sottile e transitorio, e quindi del tutto privo di quella che i caratterologi francesi chiamano “secondarietà” o “risonanza”, che hanno le Frittelle dei fiori di zucca, specialmente se, invece, di  mangiarle in uno di questi dozzinali ristoranti della costa jonica mangiate quelle preparate dalla poetessa Marisa G.Aìno, che, va da sé, ne confezionò ricette e procedure anche in commistioni con fiori per la sua rubrica che tenne per un lustro per la rivista “Minni & company” della The Walt Disney Company .
Mi rivelò, il valente medico, che aveva letto anche  L’idea, il desiderio, la menzogna  di Marisa G.Aino  e che si chiedeva ancora se chi l’aveva scritto fosse una persona femmina dai capelli rossi e se, soprattutto, le piacesse di più il neorealismo o il postmoderno anglosassone.
Disse, questo medico d’Alisandra, che le Lagana Sybaritica erano di provenienza achea, e che sua nonna, quella materna, di quel famoso ceppo di cucinieri e ladri della terra e del nome altrui, era solita friggere con un olio, da quel che lui rammentava, densissimo dall’aroma, olezzo, persistente(io “vedevo” i miasmi che manco Lovecraft e sentivo l’aria intrisa di quel puzzolente liquido, più sansa che olio, un mosto di colza, fritto che dall’Alisandra arrivava fino al mar delle Tre Bisacce se non alle paludi del Casalnovo) e non solo lei friggeva ma anche l’altra antenata, la bisavola paterna, denominata anch’essa con uno dei cognomi che, compreso tra i Dimenticati d’Alisandra di cui all’eccelso regista, figlio di burocrati catanzaresi e palermitani del Regno, che venne con quella bella pellicola kodak a filmarli forse per via di qualche parente acquisito, ancorché la centrale idroelettrica del Molinello(che serviva tutto il comprensorio degli Ombroni e dei depredati e sudditi  degli Ombroni) negli anni Cinquanta era proprio là sotto all’agglomerato di casupole dove i Dimenticati achei facevano il palo della cuccagna on demand per chi veniva nel nome del Pignone, della Pigna , di Pinerolo, Cavour e  Pignatelli, e , quando se li erano bell’e dimenticati, venivano giù a dorso di ciuccio, anche volando, ad occupare le terre dei miei avi, che non erano Achei e nemmeno Troiani, e neanche della nobile schiatta dei Fiscalrassi arbrëshë e montenegrina, e adesso i suoi discendenti partecipano all’espropriazione, con monumenti abitativi gestiti dalla Manomorta e dalla amministrazione gerosolimitana per conto della Chiesa Romana Cristiana e Cattolica  e Dio sa quante altre consorterie variamente denominabili, massoniche, mattoniche e anche similsessuali, amministrando il comune luogo delle Tre Bisacce a nome del Popolo Italiano qui solennemente rappresentato e onorato tra frittelle di zucchine, alici fritte e carne di porco, ancorché sia proibito anche nelle enclavi d’Israele, che solo loro sanno cucinare, arroganza che non esclude una calibrata bravura di alcuni soggetti privi della pulsione depredatoria e quindi capaci di preparare un gustoso pane casereccio, una abbastanza buona salsiccia e un olio d’oliva dignitosamente umano.
Comunque, per la provenienza achea delle Lagana Sybaritica, gli Achei maestri son tutti alessandrini, alcuni anche Ombroni d’Albedone e Rïulêsi.
Degli Arbëreshë, che hanno l’altra bisaccia delle Tre Bisacce, ne declameremo le qualità e l’istinto di rapina e di soppressione in un altro elogio.
Il fatto strano è che anche lui delira per pane e pomodoro, ci mette addirittura il cancaricchio. Così sembrerebbe simpatico, ma se, poi, il cancaricchio, specialmente se un po’ secco, ti si impiglia in gola?
Sostiene che gli Ebrei delle Trebisacce fanno anche loro le Lagana Sybaritica con le zucchine e che quelle che mangiai a Parigi, così croccanti e delicate,  fatte, con cipolle tritate, buccia di limone grattugiata e un cucchiaio di birra leggera, da quei galli Ebrei,  anche accompagnate da pane casereccio della Cerchiara di Pignatelli, non ne eguaglia la tremula frittura meridionale, che ha sempre in sé un po’ dell’ombra, e della tragedia , che a Parigi non c’è.

Lagana Sybaritica
di Marisa G.Aino

Ecco gli ingredienti usati da Marisa G.Aino per le sue Laganica Sybaritica dal sapore così sottile e transitorio in cui l’identità di percezione  è come se fosse un tutt’uno con il suo oggetto a che gli sta passando, come analemma esponenziale, al meridiano del dèsir.

4 zucchine  tagliate sottili e salate
1 cipolla tagliata sottilissima
4 cucchiai di parmigiano
2 uova
4 cucchiai di farina
1 ciuffo di basilico
sale e pepe
olio per friggere