Bibi-Touch


LA PESANTEZZA DEL TOUCH AGONISTICO 
DI BIBI ANDERSSON

by V.S.Gaudio


Il touch agonistico di Bibi Andersson è documentato in più di un’immagine dell’attrice: c’è una foto degli anni antecedenti il “touch” in cui la patafisica del podice è strepitosamente scandinava. Va da sé che, poi, quel che rimane di una figura, per quanto possa ripetutamente riapparire come fa un’attrice, non è che il nome, il suono del nome, che è quello che evoca la carne che fu, tanto che, come una sorta di “inconscio fisico”, questo nome evocato, Bibi Andersson, non fa che essere l’eco del tra di antar, sanscrito dell’”inter” latino, che come antara, “all’interno”, “vicino”, è “anima” ed è “occasione”; ma è anche l’eco di andha, che è l’”oscurità”, o la “pianta di soma”, così corporale Bibi, che fa bid, che è il “fendere”, perciò la “cosa fessa”, “spaccata”, due volte, doppio “bid”, questo “spaccare” e “fendere” che dice anche bhid, tanto che Bibi è come se fosse dal lato dell’emozione tesa, questa “tensione fessa”, questa “spaccatura dell’emozione”, che bhid, Bibi, fende, trasgredisce, antar, tra, all’interno, questa oscurità, andha, questo corpo-anima che si fa occasione del bid, del fendere, dello spaccare, del trasgredire; fin tanto che, in questa vertiginosa reciprocità con Harriet Modron, finiremo col farne l’esemplare di un altro podice, che un po’ come il Marcuzzi, esprima la patafisica dello gnomone di carne, questo Bibi, questa pataspaccatura che è “vicino”,”all’interno”, e si vede, questa “fessura dell’oscuro”, che, come il bagliore didonico o ajnico, fende l’anima del poeta[tanto più che anche so è nella semantica di “aguzzare” e di “affilare”, per non citare l’altro culmine di so, che è “finire” se non “uccidere”, come se questa “oscurità”, l’”anima” del “tra” fosse tanto “affilata” e “aguzza” da “uccidere”, finire il Soma, il succo della pianta di Soma]. Fissato, pertanto, il Bibi, che, l’abbiamo visto, risale alla fine degli anni sessanta, nella tipologia di Falmer, ha l’estroversione del numero 9 ma anche la misura della violazione dolce e tenera del Glück, questa “evocazione del sentimento”, che dà l’assetto inquieto, fessura del brivido, che ha la primarietà di un paradigma sanguigno(Guida, Rosa Fumetto, Cardinale, Bardot che sia) ma ha la “culità naturale” e quasi sentimentale del paradigma di Betty Page. Questa affettività nascosta, da cui il visionatore era preso per la “Meridiana Marcuzzi”, che è qui l’oscurità, la pianta di soma, che fende, non è il “punctum doppio” del Bibi ma è il suo patagonismo, questa fenditura assoluta del senso, questo qualcosa che è tra, sospeso, tenuto, nell’anima del pondus, teneramente potente, così dolce e profondo, così elastica pesantezza del tatto agonistico.

(da:V.S.Gaudio, La Ragazza di Göteborg, copyright 2006)