Florence and the Machine • Shake it out







la mia macchina del mullar ?
by blue amorosi



Florence 
ÆVogue usa

Sarà che Florence ama il circo, le grasse risate, le buffonate, pur conservando quella sua aria elegante, quell’aria inglese che non si sa mai di che umore è o sarà fra un momento, né come prenderla.
E’ che appena la sentii cantare e la vidi, mi son detto, che dama tumultuosa, avrà idee che arrivano a frotte, fino all’emicrania, alla nevrastenia, fino all’esasperazione violenta e allora… la vedevo dentro queste scene di rabbia…e poi dentro quelle delle riconciliazioni squisite, da perdoni ottenuti con un sorriso o con quello sguardo pungente che aveva quel giorno, quel bel giorno, quando mi dichiarò chiaro e tondo che non voleva più vedermi, che poeta barboso che sei, ma vai a farti un giro alle giostre …e due giorni dopo venne a cercarmi, molto sorpresa della mia assenza, e mi parlò dei suoi ghiribiri.
“Si direbbe che tu sia andata tutta la vita a cavallo!”, questo, infine, le dissi. E lei si mise a ridere: “Va là, è stato solo l’altro giorno la prima volta che ho montato in sella. Ed è stata una cosa splendida!”
“Sai, mi ricordi un po’ Giovanna d’Arco…perché è la tua voce che io sento, che mi penetra dentro, mi fa venire voglia di piangere, mi fa male, mi innervosisce, e poi mi calma, e ho voglia di urlare. Mi piacerebbe vederti correre, o lanciare il giavellotto, anche andare a cavallo, anche perché hai un fantasma di linguaggio  che è nella voce( ma sarebbe corretto dire: nel nome, che già in quella Herkunft si capiva che voce che avresti  dovuto avere!) con cui si fa oggetto radicale, l’eccesso che c’è è questa densa e dissipativa “turbolenza” così ottusa, che è tra il silenzio, che un po’ fa l’arpa,  e l’urlo con cui paradossalmente riveli la non-oggettività del mondo, come se tu fossi il mondo in se stesso, non somigli a niente, e in quanto oggetto puro non sei identificabile, un po’ nel paradigma della donna inglese di cui dice Hitchcock, che, lo sai,no?, ci prendi insieme il taxi e finisce che passa al meridiano del poeta, così, questo sei, l’oggetto  che mi vede, l’oggetto che mi sogna, sei il mondo che mi riflette, il mondo che mi pensa, intanto che il taxi gira per la città sai che fa la dama di Hitchcock col poeta?, tu sei irriducibile, lustri il sentimento profondo di imbarazzo di fronte all’esistenza, uno strumento o la macchina del mullar  che, un po’ come lo shofar , ci fa incontrare con il nostro cammino.
Quell’oggetto a, che passa al meridiano anche se non prende il taxi col poeta, così passato nella macchina del mullar, è quello chiamato voce.
L’errore più grande che posso fare – le dissi- è credere che l’oggetto chiamato voce sia in grado di salvarmi. Quando mi rivolgo a lei in uno stato di angoscia estrema, la imploro letteralmente di salvarmi, e la tua voce mi spinge ancora più a fondo. Un po’ come nella disperazione mi fece andare a fondo LaRoux, che fu allora che volevo pubblicare un libro, ma non ci sono riuscito perché non ho fatto che modificare il manoscritto talmente spesso che alla fine non è rimasto più nulla, solo la voce di LaRoux e adesso che non ho più voglia di scrivere e ho questo vuoto  al mio (-φ) la tua macchina del mullar fino a quando mi farà incontrare con il mio cammino? E, poi, mi lascerà cadere insieme al mio oggetto a dal meridiano, una volta che il desiderio ha avuto l’insufflata del gaudio…