Antonio Verri
eccola eccola l’invaghita castrata belissa
non capiva curva su
mezz’acqua, la betissa
mentre effluvi su
tutta Castro invaghita
generavano bruchi
mostri ecolalie
rotti cammei così confusi
cauri voraci,
stillanti ortiche
non capiva
grassa, vaga com’era
velata stupida
smodata
il respiro nei
fianchi colossi
questa tenera purissima
perdita del gioco
questa molle massa
di rughe e croste
questa…
oh arturo dio dio
arturo che veli cavalchi abissi
ti dico è proprio
questa la terra
la betissa
grossolana che s’alza s’abbassa s’alza
in gaia e giocosa
serie di scombussoli
adesso poco
convulsa, memma , meneghina
che tenue sfugge
alla meda del règolo marino
alle pliche di monti
porosi, pennulenti
preda dell’incanto
fugatino
del precario di
lassi sonarini
mentre sfrulla e
gutticchia, invaghita, grassa sborrata belissa
terra non altro che
un cuvicchio che ondula
lùzzica, s’assorbe,
in bavi immensi
in ci sternali, in
vore vanescenti
in crèdule
concentriche rose di creta
in bolle dalla cui
stretta spunta
il ranocchio
ansimante
che scazzotta
cazzone non conta
le mille eresie
della rozza ormai soffiata guastella
ruvida nella ruvida
argilla, orca betissa…
eccola eccola l’invaghita
castrata belissa
che glutei borra e
luvarde grasse
che memme pallide
nel pallor riasciutta
eccola che a mezz’acqua
s’alza s’abbassa s’alza
come grossiera
rapita
in caute pliche, in
disincanti
stupita poi gioiosa
gaia, idiota, che
ancheggia furiosamente
zompetta nella
figura a caso
nel mezzo mostro rosa
confisso radicchio
di mandragora lessa
eccola eccola
sdentata, purulenta
come gnomo di casa. Come
riflesso del lilla…
lilla in filamenti
lilla che schizza e
pigro rinuncia
alla pienezza, al
sapore che una eretica spagna
rufone smargiassa
truculenta
consuma ottusamente
in fianchi colossi
irridendo pura, a
capocchietta
eccola eccola la
stronza la grossolana balissa, l’unica
la serva-capretta
che ride della severità del monte
gastella che monta,
spiffericchio
eccola, eccola,
sdentata, gnomo impronunciabile
che schizza sulla
mezz’acqua l’incredula vaghezza
la vaporiera, la
coppa, la breve scostante falaetta…
dio dio, quasi fessura
porcellanata, ridente, dilagante…
oh adesso terge
fonde gengive immense
gorgoglianti sulla
mezz’acqua
spruzza, gutticchia,
da fori avidi avide coppelle
biffe alla betissa
e non si placa, oggi
non si placa
proprio oggi non
regge
a questo perder
corpo
il ranocchietto
&