Po, po, po... Le scarpe da tennis bianche e blu, seni pesanti e labbra rosse e la giacca a vento. Oh! Marta io ti ricordo così il tuo sorriso e i tuoi capelli, fermi come il lago. "Lugano addio" cantavi, mentre la mano mi tenevi "Canta con me" tu mi dicevi ed io cantavo di un posto che non avevo visto mai. Tu, tu mi parlavi di frontiere di finanzieri e contrabbando mi scaldavo ai tuoi racconti "E mio padre sì" tu mi dicevi "quassù in montagna ha combattuto" Poi del mio mi domandavi. Ed io pensavo a casa mio padre fermo sulla spiaggia, le reti al sole i pescherecci in alto mare, conchiglie e stelle le bestemmie e il suo dolore. Oh, Marta io ti ricordo così il tuo sorriso e tuoi capelli, fermi come il lago. Po, po, po... "Lugano addio cantavi" mentre la mano mi tenevi "addio" cantavi e non per falsa ingenuità tu ci credevi e adesso anch'io che sono qua. Oh, Marta mia addio, ti ricordo così il tuo sorriso e tuoi capelli, fermi come il lago. Po, po, po
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Lugano alle spalle del poeta col colletto con tendicollo |
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Marta, Po, po, po... Le scarpe da tennis bianche e blu,
seni pesanti e labbra rosse e la giacca a vento. Oh! Marta io ti ricordo così
il tuo sorriso e i tuoi capelli, fermi come il lago. Che non è come il mare in
movimento e non è nemmeno molteplice, non ha le onde innumerevoli e la loro
stretta coesione e il vento che giunge, e le gocce, che sono piccole e singole,
e sai che quando si immerge la mano nell’acqua la si solleva e si osservano le
gocce che ne scivolano – questo scrive Elias Canetti – isolate e deboli e si
prova compassione per esse come se fossero individui disperatamente soli. Il
lago , po, po, po, non ha una voce, estremamente mutevole, come quella del
mare, che non tace mai, è una voce che risuona di mille voci, mentre cantavi e
mentre mi tenevi la mano, ma soprattutto il mare non riposa mai e il lago
invece sì, non ha impeto, certo è sempre là, come tuo padre, invece il mio sta
al mare, po, po, po, e guarda il mare, che può contenere tutto, e non si
riempie mai, tutte le acque della terra e il mare che non si accresce mai, ma
come il lago ha il mistero del contenuto, certo , Marta, qua in riva al lago,
che ha i suoi confini, e pensare che ero di là a Campione d’Italia e son venuto
di qua a prenderti la mano, po, po,po, oh Marta, il mare ha una sola lingua, tu
ne hai quattro come gli svizzeri, se vieni di qua possiamo garantire che tu sia
la stessa Marta di Lugano? Certo, nessun uomo è escluso dal mare, figuriamoci
le donne, con quel che ci fanno al mare e col mare, ma tu la conosci la lingua
del mare? Io che son poeta e quando son venuto di là con tenerezza per i tuoi
seni pesanti e la giacca a vento, tu cos’è che mi hai detto: “Ma come? Non
stavi a Campione d’Italia?” che mi ha fatto pensare a quando il poeta, nel Girotondo di Schnitzler, si avvicina
teneramente alla ragazza facile, che viene presentata come la simpatica antitesi
di una puritana, essa gli dice: “Ma come? Non avevi intenzione di suonare il
piano?”, essa non può avere dubbi sullo scopo dell’incontro- così scrive
Theodor Adorno in uno dei suoi Minima moralia
– e non offre nemmeno una vera resistenza, po, po,po, la sua reazione, questo
aggiunge Adorno, proviene da una strato molto più profondo, e siamo in riva al
lago e non al mare, di quello dei divieti convenzionali, è l’indizio segreto di
una frigidità arcaica, dell’angoscia che l’animale femminile non può fare a
meno di provare di fronte all’accoppiamento, ma quale accoppiamento, tu cantavi
po, po, po, “Lugano addio”, e mi dicevi “Non tornare di là a Campione, resta
con me a Lugano”, ma, è questo che ti rispose il poeta, la sensualità – che dice
Kierkgaard in merito a Don Giovanni?- la sensualità è concepita come principio,
sfiora davvicino il segreto della sensualità, che ha uno sguardo fisso, come il
lago, finché non prende coscienza di sé, e allora è il mare, ha uno sguardo
fisso che tradisce quell’elemento anonimo e tragicamente universale – disse Theodor
Adorno chiudendo l’aforisma 54 de I masnadieri
– che si riproduce fatalmente nel suo rovescio: la sovranità assoluta del
pensiero. Perché è per questo che me ne torno di là, alla contemplazione senza
violenza, da cui probabilmente mi verrà un po’ della felicità della verità, io
che sono osservatore e in quanto tale è questo che mi si impone, di non
incorporarmi l’oggetto, certo che penserò ai tuoi seni pesanti e alle tue
scarpe da tennis, e a Lugano che quando l’ho vista l’avrò vista di notte, e in
questa oscurità che è la prossimità nella distanza, va a finire che, come Tasso
che non osa avvicinare la principessa e cade vittima dell’impossibilità dell’immediato
nella civiltà, qualche novello psicanalista che ha seguito il corso di critica
letteraria all’università della Calabria mi taccerà di carattere distruttivo, e
invece è così che non sono un lanzichenecco, faccio la battaglia dei Gesuiti e
come Don Giovani sfioro il segreto della sensualità, che è dentro la sovranità
assoluta del pensiero, quando Marta, coi seni pesanti e le scarpe da tennis e
la giacca a vento è al meridiano del mio oggetto a che mi tiene la mano e “Canta con me” mi
dice: po, po,po, po, po, po...
L'iconicità bassa e la copia dei seni pesanti di Marta
Per il Don Giovanni e la sovranità assoluta del pensiero,
essendo dentro l’aforisma 54 dei Minima
moralia di Adorno, non si può non pensare all’esagramma 54 dell’I King, in cui
il Tuono sta sopra il Lago, ed ha per titolo “Kui Me”che letteralmente va
tradotto con “La ragazza che va in possesso di qualcuno”: se andiamo a vedere
un po’ da presso le linee secondo il metodo approntato per interpretare l’immagine
ma anche lo stile dei poeti con gli indicatori globali di Abraham Moles, c’è
che la linea sopra, che è quella dell’iconicità, è spezzata e allora questa è “bassa”,
la ragazza tiene la cesta, e dentro non c’è lo sbrinz, e quindi il poeta, po,
po, po, po, non suonerà il piano, e nemmeno la chitarra, questo sei sopra non
ha nessun rapporto con una linea forte e lei canta “Lugano addio”, il poeta va
ad aspettarne i passaggi come oggetto a al suo meridiano. Per il Girotondo di Schnitzler, dove,appunto,
la ragazza dice al poeta: “Ma come? Non avevi intenzione di suonare il piano?”,
si è nell’aforisma 55 di Adorno che, nell’I King, è l’esagramma chiamato Fong,
la copia, in cui, sopra, continua ad esserci il tuono e, sotto, al posto del
lago, non c’è il mare ma il fuoco: l’iconicità , che è il sei sopra anche in
questo esagramma, ed è tenuta bassa nonostante i seni pesanti, svela che il “Non
posso osare” del poeta farà di esso il
visionatore nei “tre anni(o trenta)” che verranno, non vede più nessuno e “vagabonda
ai limiti del cielo”, che fa? Ha la “copia”(di Marta: seni pesanti e scarpe da
tennis con giacca a vento) in casa e ne spia attraverso il portone il culminare
come oggetto a al suo meridiano, al meridiano di casa, non quello di Lugano. D’altra parte, cosa scrive in Posso osare, l’aforisma 55 dei Minima
moralia, Theodor Adorno? “Il piacere è una conquista tardiva, che precede
di poco(se pur la precede) quella della coscienza”.