from iainclaridge |
Non c’è niente all’orizzonte, un cambiamento che possa
prodursi
nella profondità del mare, o tra l’orizzonte e la
spiaggia,
contro il mio corpo, questo freddo del vetro, che a
momenti per come vibra
si potrebbe pensare che la luce venga dal fondo del mare,
dà una levigatezza, di un bagliore che non è quello del
fosforo,
ma, non essendo quello della profondità del mare,
è dal fuoco della carne che viene, dopo l’ottenebramento
al crepuscolo,
quando non tutte le cose si fanno più belle,
non tutte le vie, non tutte le piazze,
non tutte le persone a sera,
quando sono in giro, mi piace vedermi camminare
nei vetri delle vetrine, come mi piace veder camminare
la zingara, che ora è Furgiulia Cutacchjuna,
l’irraggiamento di un’aureola, questo suo modo di girare
la testa
e guardarmi nei vetri delle vetrine e con un dito mi
disegna
il naso e la bocca e in generale non mi bacia e neanch’io
la bacio,
la tocco, sì, ci diciamo tutto con le mani,
e guardiamo i bagliori e i riflessi del suo fulgore
ainico,
il quale emana dal proprio interno una luce azzurra
così fino all’eternità e all’infinito,
come se tutto dovesse durare fino all’autunno
che è la stagione degli aquiloni dove non c’è il mare,
perché davanti a me nasce così questo colore,
che è molto intenso, come la sua veste verde turchese,
come i suoi jeans in cui c’è tutto il suo bagliore ainico
tenuto in questo colore così intenso, come se fosse il
mare,
ma più piccolo, un mare nel tutto del mare,
e lei va a prendere la birra e poi facciamo
insieme un aquilone, stringiamo i pesi dei fili
affinché l’aquilone possa salire con precisione su ai
cieli,
e poi facciamo rapidamente una lunga coda, a corda,
e lei lega colombelle di carta e così ci rechiamo a
Okrouhlik
o al Parco Pětrín, e quando lancio l’aquilone ai cieli
e allento i fili e per un attimo li tengo nelle dita e
tiro,
affinché l’aquilone si tenda e resti immobile nel cielo,
e solo con la coda formi a onda la lettera S,
lei ha il volto coperto dalle mani e i suoi occhi
stupefatti
per quella luce del desiderio che è l’S barrato
e l’aquilone è la losanga, il punzone,
che ha agli angoli il godimento, l’angoscia, l’oggetto a e A,
e la luce che non viene dal fondo del mare,
poiché a è
irriducibile e Furgiulia[i]
Cuticchjuna regge adesso
questo aquilone che è così trasparente e che ha il suo
stesso fulgore,
la levigatezza delle sue gambe e delle gambe degli angeli
Stuart,
ma a, lo sappiamo, non è assimilabile a un
significante,
e S non è il godimento, lei si sente volare, in su nel cielo,
la reggo per le spalle, e la tocco, e io sento quel tocco
e comincio a tremare tutto, e a un tratto quell’aquilone
era il suo corpo
e il filo era davvero lo Spirito di S che sta tra
godimento, oggetto a,
angoscia e desiderio e la zingara trema tutta proprio
come me,
trema come trema[ii]
anche l’aquilone sotto i colpi del vento
che lei chiama “Shqiponjë-shqiponjë”[pr.: sc’kipogn’]
come gli albanesi,
non avendo nella sua lingua ammašcânte alcun termine
per indicare l’oggetto a che vola se non “muffulo”
per come l’aquilone le sembra un fazzoletto[iii].
[i] Si è
supposto che Aurélia Stuart Steiner o Furgiulia(che si può scrivere
anche:Furgiuwia)Cuticchjuna possa essere la cugina di Aurélia Ašmantama di
Goa[vedi: V.S. Gaudio, Aurélia Ašmantama
di Goa, © 2008]: c’è una leggenda metropolitana in cui è chiamata
“Suvarnasvara Ašmantama”: “Suvarna”, in sanscrito, è “oro” e “svar” è il
“sole”; “Ašmantama” è la “pietra grande”. Nella zona della Vlašská, la leggenda
metropolitana narra che qualcuno la chiama “Vrišowa”, per l’”oro” che è
“vrišolu” in ammašcante; o anche “Vrišuwuna”, in cui c’è anche l’accrescitivo
di “Cuticchjuna”, Aurélia Petrone in ammašcante. In altri quartieri di Praha è
conosciuta anche come Sǖrya Furguwa, cioè “sole”, in sanscrito, e che attizza
sempre, maneggia, radice proairetica della “folgore” e del ”razzo” in
ammašcante. In Furgiulia, o Furguwa, c’è anche commutato il “fergiuwu”, che è
l’”oro”, che si connette alla “forgia”,
la fucina, il Forgulu.
[ii] Che
cosa aggiungerebbe al paradigma dire che tutti questi “trema” che “bucano” il
testo fanno in realtà sottentrare i “trema” frattali che rappresentamo-come scrive Benoît B. Mandelbrot- “porzioni di spazio
modellate, a seconda dei casi, su diverse forme geometriche(intervalli,
dischi,cubi,ma anche figure più irregolari) e che vengono ritagliate ed
asportate da un oggetto in base a una procedura che può essere tanto di
carattere deterministico quanto di tipo aleatorio. Il neologismo “trema”
riprende letteralmente il vocabolo greco τρημα “buco”(B.B.Mandelbrot, Gli oggetti frattali, trad.it. Einaudi,
Torino 1987: pag.157)? L’”aquilone” è il
“foro”, il τρημα , che, rappresentando una porzione di spazio modellato, ha la
stessa dimensione topologica della polvere di Cantor, allora è questo 0 che buca il Meridiano di Praha, ed è per questo che il poeta «trema”,
per la losanga quadarara Shqiponjë-shqiponië ? A seconda della procedura, la
porzione di spazio modellato che “trema” al Meridiano può avere un carattere
tanto deterministico quanto aleatorio? Tra godimento, oggetto a
, angoscia e desiderio , l’aquilone che fora il Meridiano ha in sé il “fuggo per la paura” di τρέω ?
[iii]
L’aquilone, che Aurélia Steiner chiama “Shqiponjë-shqiponjë”, cioè usa la forma
superlativa dell’albanese, raddoppiando, ripetendo, specchiando il sostantivo
di base,è anche il “settentrione” e il vento di tramontana , che soffia da
nord: al Parco Petřín
è come se fosse il meridiano di Praga; che, se si temporalizza l’abbordaggio
della giovane zingara al poeta con l’asse Asc. 120-Disc. 300(di cui alla nota
59) alla latitudine di Praha, 50°05’ Nord, l’asse Mc-Fc è 7-187(che corrisponde
come tempo siderale a 25 m35s): è questa la losanga del passaggio al meridiano
di Praha dell’analemma esponenziale dell’oggetto a del poeta, la sua apparizione demonica, la losanga accende il suo
bagliore ainico? E in questo bagliore cosa è che si riflette nello specchio o
nell’occhio del poeta o del visionatore? La posizione 25 du Foutre du Clergé,
Fergiulia che si mette in ginocchio sulla sponda del letto, prosternata, il
culo sui talloni, e il poeta dietro di lei che fušca e fa l’enzuvë lasciando la scursénta sempre aperta
per timore che arrivi lo zingaro a fotografare,
lei che non è sul letto
inginocchiata ma su una sedia vicino allo stipite e con la gonna verde turchese
o rossa satinata alzata si sta facendo infarcunare a più non posso, cosicché
facendo la 25 e la 35 insieme, come l’”anatra” e la “sentinella”, sta facendo
“u pullu ca’ tawija”, l’”uccello che guarda attentamente”, e ‘u puēta fa
l’enzuvë fantasmato, nell’attesa che lo zingaro arrivi a sorprenderli per
fotografarli con la macchina senza pellicola. Va da sé che in shqip, da cui
Furgiuwia prende le parole che non ha in ammašcânte, l’”anatra” è “rosë” e la
“sentinella” è “rojë”(leggi:ros; roj), cosicché è questo che sta facendo rosë-rojë, “ros-roj”, una sorta di
“rossurojë”, che è qualcosa che sta vicino all’atto con cui si tiene
costantemente acceso il fuoco, facendo sì che non debordi e non si
propaghi,abbiamo visto come Furgiuwia è maestra quadarara, brava nell’attizzare
‘u rossu, lei furguwunija sempre, perché lei senza fuoco non vive, fa sempre,
anche quando furguwunija, rosë-rojë, l’anatra e la guardia, l’enzuvamento
costantemente attizzato e costantemente sospeso per guardare se arriva lo
zingaro a sorprenderla nella losanga di Lacan.
Lo Spirito di S , l'aquilone di Furgiulia e le zingare |
&
v.s.gaudio
La Caggiurra di Praha
Aurélia
Stuart Steiner
alias Furgiulia
Cuticchjùna
La
Stimmung-ammašcânte con Bohumil Hrabal
sul la morte
della letteratura