È del tutto strano, se
non incomprensibile, come un girovago nel campo della poesia alla ricerca di
ispirazione possa essersi paracadutato in un minuscolo territorio noto con il
nome di Sicilia, eppure è successo: quel folletto si chiama Stanley Barkan, e
il suo frequente approdo fu la casa di Nat Scammacca posta alle pendici di
Erice.
Lo conobbi proprio in
quella parte remota dell’isola, la città di Trapani, dove il poeta
italo-americano autore di Due Mondi si era rinserrato dopo un lungo travaglio
caratterizzato dall’incertezza dove alfine vivere e morire. Conobbi ivi altri
poeti, tra stanziali; transfughi dalla civiltà edulcorata in cui viveva
l’America in quegli anni; oppure anche loro affascinati dalla fuga verso
confini inesplorati alla Jack Kerouac di On the road. Ribelli all’ordine
costituito; alimentati dal miraggio dell’eternità da conquistare attraverso
poemi tipo omerico o semplici versi densi di malinconia o di speranza di un
altrove dove trovare pace all’ansia – e amore imperituro – animarono l’ala più
progressista degli isolani. Se ne fece portavoce Nat Scammacca sul settimanale "Trapani Nuova". Si sentirono appagati e ritornarono negli States soddisfatti
dell’esito di quello che sembrava essere stato il Gran Tour. Conservo ancora le
loro cartoline scritte in inglese con brani di ricordi. Quasi tutti infatti
erano passati da casa mia, oltretutto perché con me potevano parlare la loro
lingua e sfogare la rabbia: quella che tra l’altro aveva dato origine alla Pop
Art seppure in chiave squisitamente commerciale.
Se lasciarono un segno?
Forse sì ma solo per poco tempo, essendo gli scrittori siciliani di versi
restii ad alterare la propria struttura psichica e comportamentale: impregnati
come da secoli sono stati di cantici e poemi di stile leopardiano o edipico;
oppure di religiosità alla Ciullo d’Alcamo.
Resistette alla
contaminazione da cultura autoctona, lo Scammacca. Tramite lui continuò il
dialogo con quei colleghi (forse meglio confratelli) americani. In particolare
egli coltivò il rapporto con Stanley Barkan, ospitandolo talvolta per lunghi
periodi e facendogli conoscere non solo il miele delle api ma altresì quello
dei frutti della campagna come l’uva (in siciliano “racina”), nonché la nostalgia:
Scammacca per l’America lasciata ma non del tutto abiurata; Barkan la Terra Promessa , oggi Israele.
Stanley H. Barkan e Nat Scammacca ▐ Photo courtesy of Ignazio Apolloni |
Sono stato ripetutamente,
e ci ho anche vissuto, a New York. Sono stato ospite di Stanley: loquace come
tutti gli ebrei che ho conosciuto a Los Angeles dove ho insegnato all’U.C.L.A.
Dotati di witz; di senso spiccato dell’umorismo, seppure un tantino più
grossolano di quello anglosassone; forbiti nel parlare quando impegnati in
conversazioni colte; pragmatici quando invece il discorso attiene al transeunte.
Sono pure stato in Israele più volte ed anzi ho scritto molto di Palestina,
diaspora e Shoah. Il mio romanzo “Gilberte” è la testimonianza di ciò che ha
provocato l’esodo: il desiderio del ritorno alla culla, se non l’alcova. Questa
forse la spinta emotiva che ha indotto il Barkan a stanziarsi mentalmente e
poeticamente in Sicilia; questo il tormento di Scammacca nel non sapere più
esattamente quale fosse la sua patria di origine né quella della fine.
Mi perviene un volume
abbastanza consistente di versi scritti in inglese, tradotti in siciliano (come
si trattasse di una vera e propria lingua compiuta ed estesa a tutte le branche
del sapere) da Marco Scalabrino. Destinatari privilegiati risultano essere
alcuni conoscenti ed amici di Stanley, tra cui io. Delizioso omaggio
all’amicizia temprata dal comune interesse dato dalla letteratura: più
propriamente la poesia se sopratutto impregnata di autentica poeticità vista
quasi come seme della vita. Un percorso però à rebours, agli anni del
mefistofelico amore per la verginità: la connotazione simbolica di cui gode
quella parte dell’Isola che va da Mozia alle isole Egadi. E c’è poi la montagna
ericina tanto cantata dallo Scammacca in un impeto di devozione alle divinità
ctonie, la cui influenza si riversò sull’editore e poeta Barkan. Di tutto
questo poeticamente narra il volume in esame, Raisins with Almonds, curato da Gaetano Cipolla editore di Legas.
Dunque un prezioso documento tra nostalgico ed estetico; un canto lirico per l’isola
immersa nel Mediterraneo che continua a nutrirsi di miti; che si astiene
dall’entrare in competizione con la civiltà occidentale; che conserva una parte
dell’innocenza adamita così spesso cantata dai suoi aedi.
Un libro comunque indiscutibilmente
suscettibile di essere appropriato, goduto, recitato, cantato solo da chi
conosca l’inglese o abbia dimestichezza con il dialetto siculo-trapanese. Per
non dire della difficoltà a memorizzarne il senso.
Raisinswith Almonds / Passuli cu mennuli
(Paperback)
By: Stanley H. Barkan |