SICILITUDINE
CHE NON ESISTE
Qualche
riflessione dopo il bel numero speciale sulla Sicilia. Gabriele Romagnoli provò
in un suo bel libro che la parola «sicilitudine» era stata inventata dal poeta
beat palermitano Crescenzio Cane, parte di un gruppo di artisti d'avanguardia
detto Antigruppo, fra cui i miei amici Nat Scammacca, Vira Fabra e Ignazio
Apolloni. Sui giornali invece tutti scrivono, errando, che «sicilitudine» è
termine coniato da Leonardo Sciascia, che si limitò a renderlo popolare.
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▐ Original Text trasmessoci da
Ignazio Apolloni
che ha omesso di indicare
il nome della testata[è un supplemento
de “La Stampa”: forse “Specchio”?] e la
data▐
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Ristabilita
grazie a Gabriele la filologia vale la pena di ribadire che «sicilitudine» è
come «ippogrifo», «unicorno» e «minotauro», un vocabolo che non attiene a
nessun elemento reale. La «sicilitudine» non esiste. È un'idea copiata dalla
«negritude. cara al poeta africano Sedar Senghor. Ma non esiste. Piace a tanti
siciliani, ricchi e poveri, famosi e non, emigrati o stanziali, ritenersi un
po' speciali: non lo sono-siamo. Il banchiere Cuccia e lo scrittore Consolo, il
mitico Zio Nardo che mi insegnava a pescare con gli ami da totani, e se te ne
infilzavi uno sbadato ti apriva il polpastrello senza battere ciglio, col
coltello, Pirandello e Totò Schillaci, Franca Viola e Peppuccio Tornatore, il
mio compagno di banco Baldo e la rockettara Consoli che cosa hanno in comune?
Nulla. La spocchia noiosa di Battiato, la grazia di Piero Guccione, la mafia di
Totò Riina, il sacrificio condotto sempre con autoironia di Falcone e
Borsellino, il grande Lampedusa, l'ambulante che vende i cedri fuori dalle
partite del Palermo, le signore gentili dei coralli antichi da Fecarotta a
Catania, l'operosità allegra di Mario&Domenico Ciancio. Lo spirito di
Franco Russo che ha salvato il parco naturale dello Zingaro e l'Etna dalla
speculazione hanno un comune denominatore? No. Amate i siciliani che vale la
pena di amare, detestate i lestofanti, amate il pane e panelle ed evitate come
la peste il pane con la milza (chiedo perdono a mio padre, mia madre e a
Edoardo Raspelli, cultori del disgustoso intruglio detto «pani ca mevusa»). La
disoccupazione tra le ragazze siciliane è, in molte zone, oltre il 50%.
Malissimo. Ma mezzo secolo fa in molte zone l’analfabetismo tra le ragazze era
superiore al 50%. L'isola cambia, in meglio. La Valle del Belice che vedevo
da bambino era brulla di grano falciato, come ai tempi dei romani. Ora è un
giardino meraviglioso di viti, olio, colture pregiate. E a chi insiste con la
sicilitudine che direte? Ditegli che è un «ingravidabalconi», un invidioso
impotente come i ragazzi sfottuti da Brancati, che le ragazze le mettevano
incinte sì: ma solo a occhiate inutili dalla strada. Garibaldi morente vide
incrociare un vapore all'orizzonte: , «Va in Sicilia» disse il vecchio generale
e sorrise.
Gianni Riotta