Antonio Verri
Grida la donna grassa all’uomo dei curli
▐
Nell’afa che
oggi costringe Castro Di Sopra
è l’uomo dei
curli dalla flebile voce dietro un carro
che sa e
grida della meta cigolante
della terra
evo rosso
deserto che
tra non molto un improbabile cicaleccio di nubi spazzerà
tenendo in
conto il nomade dei troppo brevi cicli
la delirante
ironia del mezzo mostro che al carro dà voce…
Nasce ogni
cosa dal vecchio uomo dei solidi curli
dal suono
fioco dell’uomo dei curli
dal guscio
sonoro dell’uomo dei curli
che gira col
flebile carro e grida
che al carro
para la sua flebile figura e grida
grida adesso
che invece vorrebbe perder voce
perché un
solo curlo ha provato stamattina
un solo curlo
ha fatto roteare
più di altre
mattine col solito vigore
col solito
guizzo della mano che proprio al culmine rincula
che ha fatto
roteare per una donna grassa
nel paese
deserto per una sola donna
che ha fatto
roteare scegliendosi un buco di cemento
nei pressi
della torre
a Castro Di
Sopra col solito vigore
col solito
guizzo della mano che proprio al culmine rincula
E dice e
grida l’uomo dei curli
e grida
mentre il curlo nel rosso gira
e sente il
facilisco salirgli la schiena
e grida e
grida sulle rosse deserte mura
e grida e
ringhia verso il cielo
e grida e
dice ruota e corolla
e sente
dabbasso il facilisco che furioso all’ano si attorciglia
ruota e
corolla allo spuntone della torre tonda
e l’uomo ha
dato corda al curlo per la gola della grassa signora
e il
facilisco sale lungo la schiena verso il cielo rosso
e l’uomo ha
dato vita al curlo per il ventre come mora
per il seno
che sfiora con mano che al culmine rincula
per questa
donna grassa che fita nell’aria rossa
per questa
donna che grida ruota e corolla di Castro rossa
e dice col
carro mi muovo nel grembo della madre
e dice la torre
e il curlo e l’aria rappresa
e dice la mia
mano e la ruota e la corolla
e grida tutto
è nel grembo della madre
e grida non
sapete voi cos’è un uomo
e dice uno
sfacelo che negli occhi traspare
e grida un
verme in diversi luoghi perso
e grida e
dice e grida e dice
e a volte
perde di forza il lungo grido
Grida la
donna grassa all’uomo dei curli
grida e dice
di una flebile corolla
grida e dice
di un cantarello che concentra una gran forza
di una
bottiglia nel gran cielo di nubi rosse
che tutto è
nato proprio da uno scoppio
da una luce
intensissima nel cielo rosso
che lei era
un tempo bottiglia e cantarello
grido rappreso
e culmine che non rincula
che non era
una gran vita nel cantarello
che nella
bottiglia non viveva certo da regina
che non aveva
gola e ventre e seno e turgide corolle
che era
costretta in un cielo di nubi rosse…
non dice però
del facilisco
non dice lo
sento salire la schiena
non dice lo
sento dabbasso che all’ano si attorciglia
come non dice
grembo e carro e torre
come non dice
verme e corolla e ruota e sfacelo e luoghi persi
e non dice a
volte gridando perde forza il grido
(…)
daè □
un uomo dall’aspetto
di color rossiccio, vestito di vesti gialle, inghirlandate d’oro, con un gallo
nella mano destra e che cavalca un leone □ capitolo secondo di □ antonio verri □ la betissa □ storia dei curli e di una
grassa signora □ banca popolare sud puglia 1987 &
© by Alec Dawson < l'invaghita belissa di antonio verri |
La Betissa di Antonio Verri
e la relazione asimmetrica con l’oggetto “a” dei poeti saraceni
Di tutte le meraviglie della natura, un
albero d’estate è la più notevole, questo asseriva Woody Allen, eccezion fatta,
forse, per un alce con le ghette che canta “The Moon Song” in “Her” come se
fosse Scarlett Johansson, che, d’accordo, all’epoca non era ancora nata, e
nemmeno era nata quando Antonio Verri prese e scrisse la Betissa, ed ebbe la
felice idea di mandarmela e, quando la vidi, la Betissa, mi chiesi più volte,
perché un essere è tanto più patagonico di un, diciamo, personaggio della
Disney, che cosa c’è, mi chiedevo allora, in “Paperina” che mi incanta più di “Minnie”,
seppur, dopo, a conti fatti, facemmo, alla Disney company, il periodico
intitolato a “Minnie”, e, di tutte le meraviglie della natura, la rubrica di “Frutta
e Fiori in Cucina” di Marisa G. Aino è la più notevole, quantunque ci fosse la
presenza di Licia Colò che, per come si è fatta figura del turismo circolare
lei, che è entrata in una nostra relazione asimmetrica[i]
di Enzensberger che sul turismo alienato scrisse una pagina memorabile[ii],
non è detto che non fosse, in alternativa alla Marisa G.Aino, l’altra
meraviglia della natura, non certo quell’alce con le ghette, ma, chissà, forse,
prima di Karen O, che è lei che canta in “Her” come se fosse Scarlett, avrebbe
potuto fare la Paperina che canta al poeta la canzone della luna, proprio nel
numero di “Minnie” in cui Marisa G. Aino faceva la Torta del Sole. Il mare, da
tutto questo, non è lontano, e la Betissa sta al mare e il poeta che forse è l’uomo
dei curli, quando la vede, incarta metafore perché la sua presenza gloriosa è
la muta testimonianza di un’intelligenza più grande di qualsiasi altra che esista
sulla terra, e in ogni caso maggiore dell’alce con le ghette. E come disse il
poeta, “Solo Dio può creare Licia Colò” a cui rispose più tardi lo stesso
poeta: “Solo Dio può creare Marisa G.Aino, ma solo Marisa G.Aino può fare la
Torta del Sole e la Torta della Luna”, tanto che se ci fosse stato Salvador
Dalì al mare nella penisola salentina col suo Angelus di Millet[iii]
che cosa avrebbe mai detto guardando il culo di Gala? “Solo Antonio Verri può
creare la Betissa. Come che sia, l’unanimità degli amici consultati su tale
punto è stupefacente: Gala, Breton, Lacan, Buñuel, Giacometti , nel corso di una fantasia
sperimentale in cui immagino di immergere la Betissa nel mare come se fosse un
secchio di latte tiepido, financo V.S.Gaudio, finirono col vederla come se
fosse non questa immortalata da Alec Dawson ma ognuno la rappresentazione
costituzionale del proprio oggetto “a”, e fu così che l’ultimo citato trasformò la Betissa in
Plousia Mekuón[iv]”. C’è
da dire, infine, che, per la relazione asimmetrica che ci sarebbe tra la
Betissa e l’uomo dei curli, asimmetria anche temporale se vogliamo, il rimando
fatto alla fiction scientifica in cui c’è Licia Colò e Hans Magnus Henzensberger
torna indietro per via non solo dell’amore turistico ma anche in virtù della
mentula saturnina che, per il tipo di complementarietà in atto nella relazione
asimmetrica temporale, è sempre questa la più usata o almeno la più auspicabile
specialmente se a farne una teoria sociologica sono i pragmatisti americani:
come nell’amore turistico, insomma, l’amore tra l’uomo dei curli e la Betissa è
basato sul tipo di complementarietà denominato da Robert F. Winch “ibseniano” o
del tipo “madre-e-figlio”. Sia il tipo IBSENIANO
che quello MADRE-E-FIGLIO «si basano
su una complementarietà assimilabile al rapporto tra genitore e figlio. In
entrambi i casi i mariti hanno frequentato o corteggiato assai di rado persone
dell’altro sesso, e lo stesso si può dire delle mogli di tipo “madre-e-figlio”.
Ne risultano le ipotesi(…)[I]Le persone che(…)assumono il ruolo di genitore
tendono a non esplorare molto ampiamente il campo degli eleggibili. [II]I
mariti che(…)assumono il ruolo di figlio tendono a non esplorare molto
ampiamente il campo degli eleggibili.(…) [III]Soltanto le mogli ibseniane hanno
avuto molte relazioni giovanili coll’altro sesso, e, pare, anch’esse senza
molta partecipazione sentimentale»[v].
Tanto corrisponderebbe, con gli attori della nostra fiction, a dire che la
Betissa ha avuto molte relazioni giovanili coll’altro sesso; che la Betissa,
nel caso del flirt turistico con l’uomo dei curli, non ha esplorato il campo
degli eleggibili, e così pure ha fatto il poeta, cosa che non fece nemmeno l’uomo
dei curli. Perciò, il bisogno sessuale,
che nemmeno i sociologi pragmatisti americani prendevano in considerazione
negli anni cinquanta e sessanta per la difficoltà di non poter ridurre ad una
scala unidimensionale la complessità della motivazione, non appare come
variabile quantificabile, anche se è implicito che i suoi impulsi, nella
relazione tra un partner di età maggiore e dalla variabile manifesta del
dominio e una partner molto più giovane, dalla variabile manifesta del
riconoscimento e della vicarietà interna, abbiano, o possano avere, espressioni
connesse a fantasie, fantasmi e desiderata, in cui l’una, la Betissa, o Plousia
Mekuón, agita
la mentula saturnina e l’altro, il
poeta del Pensionante de’ Saraceni o l’uomo dei curli se non quell’altro
saraceno non salentino, fa vivere un
Significante del Desiderio a forte connotazione fallico-narcisista,
realizzabile solo con un oggetto d’amore giovane e “turistico”, che, con i
caratteri della vicarietà psichica e della sollecitudine fisica, possa
stimolare con frequenza le azioni regolari e ripetute della mentula saturnina, archetipo della
durezza e della durata. Ah, la pesantezza della metafora, mi verrebbe da dire,
se non fosse che qui, quando si tratta di figure in poesia, sai quanto se ne
fregano i poeti dei canoni retorici e della teoria della complementarietà dei
bisogni, nella scelta del compagno, di cui allo studio di Robert F.Winch
apparso anche in Italia addirittura all’inizio degli anni sessanta.▐ by v.s.gaudio
Uh - Scrittura & Poesia |
TEORIA DEL TURISMO DI HANS MAGNUS ENZENSBERGER,
in:Idem,
Miele e altri oggetti d’amore, © 1998-2003.
[ii]
Cfr. Hans Magnus Enzensberger,Una
teoria del turismo, in:
Questioni di
dettaglio, trad. it. Feltrinelli, Milano 1965.
[iii]
Cfr. Salvador Dalì, Il
mito tragico dell’Angelus di Millet,
trad.it.
Abscondita, Milano 2000.
[iv]
Cfr. V.S.Gaudio,
Plousia Mekuón.La Mulacchiona d’Utranto.
La
Stimmung con Antonio Verri sulla cugina saracina di Aurélia Steiner, “incroci”n.20,
Mario Adda Editore, Bari 2009.
[v] Robert F.Winch, La scelta del compagno, Studio sulla
complementarietà dei bisogni, trad.it. Taylor editore, Torino 1961: cfr. pag.198.