La fermatura e la
questione eterna del désir alla Longhina
XI
È
nell’inventario dei generi Milady che vi do un appuntamento
Sul
prato in cui alla longhina al 23 di Roland Barthes
La fermatura[1]
che è una vostra proprietà di famiglia e ha
La
tinta e l’abbottonatura più naturali
Nelle
varianti di posizione e di equilibrio
La
figura del 5 in
questa verticalizzazione assoluta del 23
È
elastica come la longina e le vostre mutande e i vostri
Pantaloni
che dal 42 vanno incontro agli stivali del 48
Dove le
nostre felicità sono davvero le stesse
L’una
incontro all’altra nella spirale della primavera
Nella
strettezza del movimento che ci unisce
Basteranno
poche ore perché di nuovo io sia colui
Che
sotto la trasparenza del prato torni a riunire
I
vostri istanti di eleganza alla longina con il passaggio
Al
meridiano del bonheur dei vostri breeches sempre al grado 23
E
sempre che l’assolutezza anonima del vostro pondus
Fermi
alla longina il punctum speculare dei quarti posteriori
La Stimmung con denis roche
(récits
complets, Paris 1963)
[1] Al
ritorno la primavera è a metà strada tra i vostri calzoni, i vostri stivali, il
berretto e la giacca dal genere 42 al 48, dal 12 al 27 di Barthes, come le
feste della stessa età e della stessa adolescenza, tra misura, peso, accostamento, morbidezza e movimento
tutt’intorno nel triangolo della longhina, tra posizione orizzontale(il
puledro), posizione verticale(il vertice della cavallerizza), posizione
trasversale(il suo dietro-verticale), né a sinistra né a destra, in questa
definita immobilità si avvicina ugualmente con la serietà, l’equilibrio,della
sua andatura, nella pianura in cui prende piede il piacere di vederla, collima
al centro del desiderio e della primavera nello stesso mese in cui
l’addestramento alla longina è un capolavoro di puntualità, tanto che al genere
della fermatura in cui Barthes mette
ganci, fibbie, borchie, cerniere, stringhe, lacci, nodi e perle, aggiungiamo la
frusta e la longhina cosicché il
movimento del puledro sarà la vertigine silenziosa che al vertice del triangolo
coglie e ferma la cavallerizza e fuori dall’angolo senza rivendicare niente il
poeta stringe in mano le provette della stagione, la fermatura di aprile al
maneggio che tira, allenta se c’è la variante di accostamento; monta, cade,
affonda se c’è la variante di movimento; nell’aria morbidamente pesante del suo
riding-habit che, se c’è la variante di accostamento, è tirata e aderente,
stretta; se c’è la variante di peso, è sottilmente spessa; se c’è la variante
di morbidezza, è morbidamente lenta.
La funzione-segno, nel
rapporto tra evento e struttura, è, come dice Barthes, leggibile e non più
soltanto transitiva: il segno si separa dalla funzione, cioé il riding-habit
non è prettamente funzionale, è un alibi, ridotto a un segno, a maggior ragione
se la figura che lo indossa fa collimare il suo punctum d’aprile della sua
longhina di allora con il punctum di aprile della longhina del poeta oggi, un
po’ come fa O nella storia disegnata
da Crepax, stacca il segno dalla funzione e penetra il riding-habit con il suo
riding-punctum.
Chiameremo questa
scampanata della libido la “funzione-segno del riding”, e sarà questo prato
d’aprile la questione eterna del désir alla Longhina?
Riuniremo così quegli
istanti di eleganza della funzione-segno del riding-habit con il momento della
trasparenza quando al meridiano la strettezza del movimento, nel triangolo
della Longhina, ci fa tornare a percorrere il prato morbidamente teso del
desiderio al maneggio d’aprile?
La funzione-segno del
riding in tal modo non staccherebbe più il segno dalla funzione, sarebbe funzionale
al suo essere abito per il dressage che, se, frontalmente, verso il lato
visibile, addestra e ammaestra, dresse le
cheval; dietro, fuori dal triangolo della Longhina, rizza ed erge, dresse le poète, il visionatore di
Morin.
[2] Come
nelle varianti di Materia nel Sistema
della Moda di Roland Barthes, dal peso alla morbidezza, dal rilievo alla
trasparenza, è alla numero XI che il
poema viene “domato”, laddove si dovrebbe tener conto del grado di visibilità
dell’indumento: tra il grado pieno, che è l’opaco, e il nullo, che è la
visibilità totale(cfr. Roland Barthes, trad.it.cit.:pag.130), in equilibrio,
come se fosse un lavoro alla longhina, il tema mitico e utopico
dell’invisibilità dell’indumento, il “senza cuciture” dei riding-breeches. In
questa trasparenza si colma la misura invisibile della longhina: l’Heimlich
erotico di Lady Rider senza cuciture e perciò nudo, un capolavoro di
assolutezza anonima puntuale apparizione alla fermatura(=23), nel giorno della sua longina, un cavalcare al passo
nell’invisibilità della trasparenza nel triangolo del capezzone, che,
nell’Aquino, si rapporta tra il Medio Cielo, il meridiano, al 23° grado(vertice
della cavallerizza) e l’arco dei quarti posteriori all’orizzonte, tra il 94° e
il 266° grado, la longina che tende il punctum ƒ
, l’assolutezza fisica tra Marte e Plutone, l’altrove o il segreto esponenziale
che rendendo inesorabile l’oggetto irrompe nella libido del poeta.
*La
dedica a Georgina Spencer doppia una connotazione dal doppio senso: se Spencer è la “corta giubba di lana” e quindi è equiparabile alla
“giacca” di Racket e alla radice di Jack che è uno dei tanti nomignoli dati
al “pene”, senza considerare che jack off
sta per “masturbare”, essendo Gorge
il «copulare con una donna”, Georgina
Spencer condensa in modo quasi inesorabile e folgorante una “giacca breve”
per Georgina, che, essendo il femminile
e il diminutivo di George, starebbe per “copulare subito con un uomo”. Insomma,
Georgina Spencer sintetizzerebbe tutta la subitaneità dell’eros-licou nel “triangolo della Longhina” e anche l’eretismo di
ritorno della primavera per successivi e contigui atti di jack off per la Lady
dalla corta giubba di lana, Spencer.
Va da sé che, dal nome proprio al nome comune secondo i rilevamenti di Bruno
Migliorini, il “Georgina Spencer” potrebbe essere gli atti dell’eros-licou, se
non caveçon, in cui il riding-habit del dressage di Lady Spencer dresse le
poète: Georgina Spencer,
c’est-à-dire: le manège où se dresse le
poète(il linguista stesso, tra i nomi gergali di muliebra del tipo B – quello che contiene denominazioni e
personificazioni suggerite da evocazioni di gruppo - , già nel 1927 indicava il
pav. Giorgia e, in riferimento a
Georgius, nel capitolo “Il mondo cristiano”, faceva ravvisare S.Giorgio, il
santo guerriero patrono dei cavalieri, nella frase fare il Giorgio ‘fare il bravo, vagheggiare una donna’: cfr. Bruno
Migliorini, Dal nome proprio al nome
comune, Casa editrice Olschki, Firenze-Roma-Ginevra 1927:pagg.241-131).
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"East Coast":
Fabienne Terwinghe by Gilles Bensimon for Elle US September 1989:
e se in realtà fosse Fabienne Terwinghe la nostra
Georgina Spencer?
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La
Stimmung intera Il triangolo della longhina
può essere letta su “il cobold”