Il
tempo-orologio che riguarda i 4 incontri: i primi 3 avvengono un po’ prima del
tramonto, almeno 15 minuti prima che suoni la sirena, e c’è la linea morbida
dell’Heimlich, la retorica rotonda della seduzione, la seduzione-couchante[1]; il
4° incontro è ritardato per la lezione del venerdì e, ormai, siamo nel
“crepuscolo avanzato”, l’Unheimlich emerge, come se fosse il Demone di Chauvin
che provoca il Bambino di Anne fino a spingere il Pénard alla commutazione
Unheimlich vera e propria della donna in “chienne”.
Il tempo-orologio e il tempo-meta, la parole-U et l’ à-peine-plus-tard
di V.S.Gaudio
Mi
viene da aggiungere, e non so se è il demone o l’Unheimlich che mi spinge, che
la “chienne”, che è la signora Desbaresdes, non poteva che incontrare un Pénard
tanto abile nella seduzione-couchante, che, attratto, affascinato da una
chienne, non può che essere uno “chien-couchant”, un leccazampe, un leccapiedi, uno striscione, sì, ma tanto
abile, bravo e fascinoso, che, nel linguaggio figurato francese, è quello che
si dice un vero e proprio “chien”!
Il
tempo-meta si allunga, invece, fino all’ultimo capitolo: lei sposta ancora la
sequenza regolare del tempo-orologio, va a ritirare il premio con calma, dopo
aversela fatta addosso la jouissance, a casa e da sola, e aver buttato fuori la nourriture étrangère: il tempo
è finito, difatti va a chiudere il gioco, già finito, non l’indomani ma il
giorno appresso e, con tutto il rigore che la sua educazione esige, precisa,
maestra dei tempi e direttrice della Sonatine, “elle arriva à peine plus tard
que d’habitude”.
Insomma,
la Signora ha vinto; lui, l’à peine connu, che, per l’à-peine, non se l’è
suonata[2], è le
peinard: per questo à-peine de retard, est peiné. Anche perché la maestra della
Sonatine, un po’ prima che la sirène suoni, e il sole è couchant, à peine le
soleil se couche gli piazza, pour la peine, per il disturbo, un altro “Pourquoi?”:
«Je voudrais comprendre un peu pourquoi
était si merveilleuse son envie qu’il y arrive un jour».
Et le Pénard porte la peine (paga
il fio) et prend la peine (si prende la briga) de dire: «Ce n’est pas la peine
d’essayer de comprendre. On ne peut pas comprendre à ce point».
A’ ce point, le pénard sa che,
alla Signora, « à chaque jour suffit sa peine » (basta un pensiero al
giorno).
Il
tempo-meta, il periodo di tempo che serve per il conseguimento di una meta, è à
peine plus long du temps horloge, le temps de la Sonatine : all’orizzonte,
le soleil, pour la rencontre, à peine dessus, ottunde il senso affinché si
diffonda la seduzione-couchante nei primi 3 incontri[3] ;
le soleil, al 4° incontro, est à peine dessous l’horizon, il senso è del tutto
ottuso in chi ascolta lo sguardo del fallo, ma, dal di sotto, fa luce
sull’ottava inferiore; nella Fase V della sequenza narrativa, la maestra dei
tempi arriva al resoconto finale à peine plus tard que d’habitude, cioè le
soleil è sempre dessous come nei primi 3 incontri della seduzione-couchante, ma,
ormai, l’Unheimlich ha bruciato la possibilità di un po’ di tempo in più per
suonare l’ottava superiore. O, meglio, direbbe la maîtresse de la Sonatine, tu
continua pure a canticchiarla, io l’ho già suonata e, adesso che i giorni si
stanno allungando, le soleil qui se couche se couchera après le retenti de la
sirène de sept heures, perciò le possibilità armoniche per la sonatine si
possono ottenere con altri tempi, in altri luoghi, dove l’Heimlich del
“Moderato Cantabile” dodelina mon désir: “A’ chaque jour suffit sa peine”.
L’EMBARDAGE-DURAS
Il pentagramma narrativo du
désir
© 2003
[1] La seduction-couchante del batelage ivre
può, senza mezzi termini, farci imbarcare in Emily L.(Paris, Minuit
1987), in cui Captain e la femme “abitano il mondo nel suo viaggio
interminabile, quello del mare” e in cui, come sottolinea Edda Melon, “il testo
esercita una seduzione vistosa, eccessiva, sul lettore, tenendolo all’oscuro di
qualcosa che i personaggi primari sanno, e si dicono, ma a parte. E’ la seduzione del
silenzio[il corsivo è nostro], del segreto, la seduzione che nasce
dall’esibizione della mancanza: qui mancanza di un significante, di un nome
proprio, che apre una serie di altre mancanze successive,la poesia, la
lettera”(Edda Melon, Ritratto
dell’artista come vecchia signora indegna sulla costa normanna, in: Duras, mon amour, Marcos y Marcos, Milano 1992 : pag. 123).
[2] Cfr. la Tavola nell' Embardage-Duras 3
[3]
Questa enumerazione dei tempi, da una parte, e l’attenta operazione di
contrappunto, per i primi 3 tempi, di Chauvin, mi porta alla memoria un refuso
occorso in un’antologia di Sadoul sul cinema, in cui, nella scheda riguardante
Peter Brook, lo si fa regista del film “Moderato Contabile”(1960, con
Jeanne Moreau e Jean-Paul Belmondo; girato a Blaye, un bourg de 4000 abitants,
dans l’estuaire de la Gironde), che, visto l’errato contrappunto attuato nel 4°
incontro dall’intemperante Chauvin, ingenuo come l’omonimo soldato di
Napoleone, autentico archetipo del “moccolone”, mi sembra proprio azzeccato
come titolo di un film che, a detta dei critici, ha steccato pur’esso. Insomma,
Chauvin, per quell’insulto, fuori tempo, che ha mandato all’aria una possibile
Coda che avrebbe fatto della Sonatine una Sonata, a conti fatti non è né
“moderato”, né “contabile”. Ma, a riguardare la partitura, nemmeno Peter
Brook, avendo preteso di cavare da ce récit-ci un film, è un “Moderato
Contabile”…