│ La
complessità della scrittura e le anime piccole
In
una simpatica cave-officina del centro-milano gestita dallo scrittore e
docente Michelangelo Coviello si è parlato dell’ultimo libro di Raffaele
Perrotta (Aracne)*, con testimonianza di scrittori ed artisti amici quali Adriano
Accattino, Tomaso Kemeny, Luigi Ballerini, Filippo Parodi e tanti altri attenti
e partecipi.
Perrotta
dice subito che il suo è un Dichtung
interruptus (ma non… Wahrheit) ovvero
la presa d’atto lucida ma non sconfortata che il suo universo semiotico non
rifiuta i significati a favore di significanti ma riconosce la via testuale,
sia quella inequivocabilmente espressa, sia quella implicitamente inespressa e
persino la potenziale esprimibile, come l’unico filo d’Arianna in nostro
possesso per cercare d’appercepire prima e di praticare poi una via d’uscita
dal labirinto della convenzionalità formale, all’orizzonte aperto…
Altre
raffinate letture di scriventi simpatetici hanno accompagnato ancora questo introibo di Perrotta, sottolineando la
sua grazia penetrante e mai sfibrata ed il suo rigore linguistico in una -
diremmo noi, del tutto apparente - amodalità,
quasi segno di una possibile lettura bipartisan,
non certo utile, utilitaria od utilizzabile se non nella sua quanto mai esaltata/esaltante ricerca di rigore
espressivo.
A
noi pare la sua scrittura in costante circolarità avvolgente, amnioticamente
significante per verba, e quindi
anche ferocemente spiazzante, ma dotata sempre dell’umiltà intrinseca dell’accompagnare
passo per passo e parola per parola nella sua infinita ri-costruzione, mai
inutilmente creativa, il pensiero. L’inganno non sta quindi nella precisa e
sinuosa parola e nel corrispondente articolato sintattico sorta di pozzo dell’essere/abgrund, ma proprio in
quella medesima parola convenzionale a cui nel suo testo è barrata l’entrata… Quella parola che straripa da molti esaltati e/o depressi non è quindi la
sua, sia pur una ben diversa esaltazione nasca nel lavacro del testo che
impatta contro l’usurato/usurante in una sorta di battesimo pleromatico per
immersione totale (quando veramente avvenga)…
Nel suo dire complessivo - ma anche in ogni sua parte che si moltiplica
con una feroce soavità di corrispondenza
- si può rinvenire, come a me è sovente accaduto, vie di fuga, di salvezza, vie
di ricostituzione. Comprensibilmente ciò non può risolversi senza un affidarsi
preventivo ma contestualmente apregiudiziale (e questa è l’unica povera ragione
di qualche nota a margine…), senza uno sgombero da rovine e macerie
interpretative, e quindi da una convinta pulizia del cortile dell’anima unica
possibile mise en abyme per
praticanti di pratica dell’unica prassi credibile… di avvicinamento alla verità. Che non è certo messa in secondo
piano dal perrotta/pensiero, ma
dentro al suo stesso fluire, costantemente cartina di tornasole, agente… Lo sconcerto che imprigiona subito le anime piccole dentro il suo dire è ben
riposto proprio nella sorpresa che non avviene, se non sulla faccia (il volto/vòlto…), nel rifiuto che tende a
fluire sull’acqua sporca come residuo/rifiuto
(transfert?) del disprezzo supposto, che c’è, eccome… ma è dall’autore
riversato tutto contro la bassezza comunque declinata, così paludata come
cialtrona, con una gentilezza senza tregua, che è poi quella dell’uomo…
Lo
spaventoso equivoco speriamo ce lo
confermi sempre in una meravigliosa solitudine di anime prime (…non per lui che certo meriterebbe ancor più quello
che già gli appartiene ed è la sua e forse nostra aggettante pietra centrale dell’arco,
punto di volta e di svolta…). Altre attenzioni e forse anche feroci avversioni,
ma a viso aperto, e non nell’ombra incerta di coloro a cui appare
sostanzialmente inutile, od allineato
a vecchi modi o mode, nella rutilante caducità del provvisorio… od
offensivamente elitario.
“…in un benedetto
giorno arrivi a essere uno scrittore di una letteratura di grado superiore,
rivelatrice storica, dal titolo generale impossibile a darsi per la complessità
della scrittura perché scrivente la complessità della terra e degli altri
microcosmi…”.
*Raffaele Perrotta, Attraverso la cruna di un ago, Roma, Aracne, 2013