Gli occhi le brillavano di pianto; si trascinò in casa.
Quella notte non avrebbe udito il gracidio delle rane, né il canto degli
uccelli. In quella desolata pianura non c’era altro che un opprimente silenzio.
Gli ultimi mesi li aveva passati chiusa in casa a imparare la solitudine e
aveva capito che la si poteva usare per diventare più forti e più saggi.
“Ho imparato”, dice la ragazza, “a ricominciare ad
affacciarmi alla vita di relazione e mi sono resa conto della crisi che impazza
nell’animo dei trentenni di oggi. Il catalogo è questo:
Trenta anni, occupazione stabile, paziente, tranquillo, molto
spiritoso. Una notte l’ho cacciato di casa perché mi trattava come se fossi sua
moglie da dieci anni, e non un’avventura appena cominciata;
Trentuno anni, molta cultura, bruttino ma affascinante e
sensuale. Incontro di fuoco. Ci vediamo ogni tanto;
Trentadue anni, intelligente, ironico, carino, fa l’amore con
me e subito dopo esclama: ‘Sono un bastardo! Non ti innamorare di me’. L’ho
rivisto dopo mesi e non riesce a guardarmi in faccia. Di cosa si vergogna?;
Trentatré anni, bellissimo, un’avventura estiva che alla fine
si è rivelata la più chiara e sincera. Improvvisamente è dovuto partire;
Trentaquattro anni, ingegnere molto alternativo, capace di
ironia surreale. Ci siamo guardati e scelti, ma lui stentava a prendere
l’iniziativa, poi l’ho spinto con azioni… strategiche. Che fosse per una notte,
era sottinteso;
Trentacinque anni, psicologo e assistente sociale,
incantevoli occhi verdi. Finalmente consumiamo. Pochi giorni fa, stavamo
cenando, gli chiedo se voleva venire con me a una festa. La risposta non è
stata: ‘Mi spiace, ho un altro impegno’ , ma: ‘Grazie tesoro, ma sto così male
in questo periodo che forse mi butterò dalla finestra…’” Il tempo di trattenere
il respiro e di ribattergli:
“Se lo dici tu, sarà vero. Nessuno potrebbe saperlo meglio di
te”.
Prendendo una bottiglia di vino lui poi è tornato
tranquillamente al suo posto. Mette un bicchiere sul tavolo e si siede.
Voltandosi verso di lei domandò:
“Tu non bevi?”
“No”, rispose lei. “Non ne ho voglia. “Sono stata molto
gentile, molto buona con te, vero?”
Inarcando le sopracciglia egli replicò:
“Ma certo. Sei una cara ragazza…”
“Ti sei mai domandato, perché sia stata così
accondiscendente? Credi forse che vada a letto con tutti gli uomini sui
trent’anni che incontro?”
“Non mi sono rivolto precisamente una domanda del genere”.
“Io mi sono comportata in quel modo con te perché avevo
l’incarico di fare un’inchiesta , spiegò con voce calma e chiara, “di sapere a
qualunque costo, vita morte e miracoli dei trentenni che si trovano in questa
città”.
“Perché…? Perché?”
Lei gli ammiccò furbescamente: “Non indovini?”
“Mah!..., esclamò il trentacinquenne psicologo e assistente
sociale dagli occhi azzurri, guardando l’orologio. “Bisogna proprio che scappi,
ora… Devo andare a fare una visita a quella vecchia signora, ad assisterla…”
Riuscì ad acciuffare un taxi,
e, appena fu entrato , “Non sono stato molto bene in questi ultimi
tempi”, le disse col fiato grosso.
“Mi dispiace molto”, rispose la signora accogliendolo con un
leggero sorriso e invitandolo a sedere su una poltrona. “Forse lei si è
affaticato troppo. Ad ogni modo voglio sistemare alcuni miei interessi, potendo
succedermi qualcosa d’improvviso”.
“Non deve parlare così, signora”.
“Oh, si tratta solo di agire con buon senso”, rispose lei
vivacemente, “In primo luogo tengo a ricordarle che lei è stato nominato nel
mio testamento, quindi non deve preoccupasi per l’avvenire”.
Lui si alzò dalla poltrona allentandosi il colletto.
Boccheggiava cercando di riprendere fiato. Per qualche minuto continuò a
ansimare, poi pian piano si riprese.
Appena poté parlare, sbigottita, la signora ordinò al
cameriere:
“Telefoni per un’ambulanza… Quest’uomo è impazzito. Manderò a
chiamare uno psichiatra, ma l’ordine di ricovero va fatto immediatamente”.
Il giovanotto riprese a dibattersi quando udì le parole della
signora, e ci volle la forza di tre agenti subito accorsi per tenerlo fermo.
“Chiamate aiuto!”, gridò uno dei poliziotti. Lo psichiatra si
lanciò verso la porta strillando: “Aiuto! Correte! Portate delle manette!
Questo pazzo non ce la facciamo a tenerlo!”
Accorsero altri poliziotti e tutti insieme lo immobilizzarono
riuscendo ad ammanettarlo, proprio mentre lui andava risolutamente
rianimandosi: “Non state in piedi, vi prego!”, disse con un filo di voce.
“Venite tutti qui sul sofà, e parliamo di strane coincidenze, di destini
incrociati…”