Ministoria di un piccione d’aprile e di un merlo di maggio
Una volta una cantante francese che aveva pervaso il
mio oggetto “a” adolescente finalmente mi scrisse:”Ci sono due tipi di poeti:
quelli che quando gli fanno il pesce d’aprile abboccano, e quelli che se lo
mangiano”. Solo che lei, invece che poisson d’avril, lo chiamava “bourdon”, che è il pesce tipografico
dell’omissione; avesse scritto poisson-scie,
“pesce sega”, avrei capito di più al
momento. Così non sapendo su che piede
danzare, che sta in Francia per il nostro “non sapendo che pesci pigliare”, le chiesi se intendesse un pesce
artificiale, tanto che lei mi rispose che forse era un poisson volant. Se vola pure il pesce, le feci un telegramma, all’epoca
era il medium più veloce, l’asino, poverino, quando se lo vede di fronte o a
fianco, gli viene un colpo! Ma sei proprio un pigeon, mi telegrafò il giorno dopo, un merlo, un minchione,
senza cravatta, pensai nel leggerlo, da noi non è l’asino che vola, c’est le
pigeon! Quindi, le scrissi, se vola le pigeon
in Francia, ed è il piccione, io sono
il minchione, e sono qui in Italia,
saresti allora tu che vola al meridiano del mio oggetto “a”? Oui, oui, fece lei,
je suis ton pigeon voyageur, ovvero la
pigeonne quella che pigeonne le pigeon! Questa volta è tutto
chiaro, così le risposi, tu sei il piccione che infinocchia il minchione, e non
è un pigeon d’avril, e l’asino che
vola che fine ha fatto? Ci sono due tipi di poeti, mi scrisse infine in quel
mese di maggio il mio oggetto d’amore Françou: quelli che quando non capiscono
sanno che devono stare zitti e quelli che quando vedono l’asino che vola ad
aprile gli vanno dietro come un merlo e poi a maggio gli chiedono:”Ma tu sei il
minchione di maggio?”. Solo che lei, invece che pigeon de mai, aveva scritto “raillé
de mai”, che è il “minchionato di
maggio”. Raillerie à part, a parte gli scherzi, io, che ero minchione per
davvero, andai all’ufficio postale di via
Alfieri a Torino e le feci questo
telegramma: “io, moi, j’aime ta railure”[railure=scanalatura; del suo
dorso, n.d.r] ma venne fuori un refuso o un pesce e a lei arrivò questo
sintagma verbale: “Moi, gemme ta
raillerie” [più o meno: “Io, resino(
o : metto le gemme al)la tua canzonatura”]. Françou, la cantante, fu per
questo che da allora non ne volle più sapere del suo “minchione di maggio”. Il poeta, è da allora che a ogni pigeon d’avril, ne gaudriolle plus… #
v.s.gaudio
Nota sull’ identità di Françou#
Françou
non è Françou Veyrenattes, come Françou Veyrenattes non era in effetti Tille
anche se avrebbe potuto essere mille volte diversa da quella che era ed essere
lei sola, al tempo stesso, quelle mille differenze.