Roy Lichtenstein in his Studio by Laurie Lambrecht |
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L’iconicità WHAAM! Di Roy
Lichtenstein by V.S.Gaudio
Roy Lichtenstein nel suo studio è dentro
una sorta di griglia delle posizioni reciproche, statiche e dinamiche, dei
diversi enunciati iconici, quella stessa che chiudeva il saggio di Emanuela
Cresti in VS n.2[i]
: tra la forma dell’espressione e la forma del contenuto, all’interno di un
enunciato, obliquo o perpendicolare che sia, speculare al movimento di un
elemento o alla stabilità dell’insieme, la statica, che poi è l’equilibrio di
referenza e , infine, la ragione stessa del movimento reciproco, come se
l’artista fosse, nella forma dell’espressione, in posizione obliqua a destra vs
in posizione obliqua a sinistra. La Pop Art di Roy Lichtenstein, tenuta dentro
il sistema lineare e il sistema cromatico, ha sempre bisogno delle
localizzazioni spaziali e anche dei fattori di illuminazione. Quando poi mi si
viene a dire che, essendo una emanazione diretta della american way of life, prodotto tipico del mass-media, la pittura di
Roy Lichtenstein debba essere considerata allo stesso tempo raffinata e
incisiva critica dei temi di fondo della società americana nelle sue
contraddizioni, mi viene un po’ da ridere ancora oggi: tra sicurezza e nevrosi,
pace interna e guerra esterna, cultura e kitsch, conservazione e distruzione, scientismo
e naturalismo[ii],
allora negli anni Settanta e adesso in questo medioevale secondo decennio del
XXI secolo.
Guarda il caso, l’analisi
della Cresti verteva su O.K., Hot Shot,
O.K.! 1963 che apparteneva alla collezione Remo Morone, Torino, la città in
cui, come accadde per quegli anni Settanta non mi capitò mai di imbattermi in
una mostra di poesia visiva, come ho riferito per Michele Perfetti[iii], né mi capitò di
starmene lì in quella Galleria d’Arte a bere spumante con quella ragazza
sabauda rimirando, nella sicurezza interna della Galleria, l’incisiva critica
dei temi di fondo della società americana nelle sue contraddizioni né in Hot
Shot né in altre tavole di Roy Lichtenstein. Il sistema linea, colore, trama e
gli elementi verbali, l’onomatopea, da soli, sarebbero bastati a darmi pensiero
attorno alla non grammaticalità su cui divagava Paul Ziff in merito a un tale
che ebbe un pensiero verde, io, poi, che avevo tante grammatiche in testa e mi
dannavo l’anima in quei pomeriggi lunghi se al pari del vestito verde della
ragazza in Galleria lei indossasse mutande dello stesso colore, come i suoi
occhi, che, è inutile negarlo, si accordavano con la mia grammatica dei colori.
E allora ve la racconto anche questa, tanto non ci crederete mai: fu dunque in
quei lunghi autunni, ma anche le primavere non scherzavano a Torino, che,
seduto in quella Galleria d’Arte con la ragazza della Galleria, una di quelle
che, adesso, come minimo, specie se hanno avuto il padre ad amministrare una
provincia, un comune, una città, vanno dentro il gossip del Whaam!
hai visto la nostra
cara amica, se ne è andata a Los Angeles, a New York, a Montreal, a Toronto, a
Chicago, a Vancouver, e , con
quell’amministratore di quella catena di Gallerie, sta a dirigere e a coordinare
mostre; insomma, quella ragazza, dentro il suo vestitino verde, con gli occhi
dello stesso colore che, nella forma dell’espressione, tra linea e colore, come
avevo in mano l’oggetto della bottiglia di spumante vs lo spazio esterno, il contorno delle sue gambe vs interno mi portava alla trama, alla
forma del contenuto, l’opposizione tra tratti semici, la bionda peluria delle
sue cosce e il biondo perlage dello spumante, un giorno la guardai pensieroso e
lei : “Che è, Vuesse, oooh?...” “Niente, le dissi, è solo la forma del
contenuto che mi prende e mi turba: sopra vs
sotto, grande vs piccolo, davanti vs dietro, dai, dimmelo, enunciami
qualche tua denotazione semica nel sistema delle opposizioni lineari…” E, voi
non ci crederete, quel portento di ragazza, che non se ne andò poi a New York a
dirigere una Galleria d’Arte né conobbe mai Andy Warhol e nemmeno Ugo Nespolo o
Valerio Adami, tirò fuori la fermatura vs
espansione, perché aveva un cinturino che, mi disse allora, mi tiene la
pulsione uretrale tra movimento meccanico e movimento naturale, e io per poco
non (s)venni seduto stante! Però, il giorno dopo finalmente parlammo
di Roy Lichtenstein: supponiamo che io dica “Hai il viso adatto e la bocca e
gli occhi per essere dentro una tavola di Lichtenstein” quando in realtà non
sei dentro quella tavola, tu mi guardi negli occhi e mi dici: “ Vuesse, fuori
sta piovendo”. In realtà, fuori non stava piovendo, però lo schema verbale del
bagnato mi piaceva e le risposi: “Io ti ci vedo in una tavola così come sei
adesso, bagnata, perché sei venuta da fuori e in questa stagione a Torino non
bastano i portici a tenere a bada la pulsione uretrale, perché è questo che
penso, a una sorta di erotica che bagna onomatopee, linee, sistema cromatico e
la trama, basta ingrandire l’immagine e tiriamo fuori quell’indicatore globale
che Abraham Moles chiama iconicità e,
se ci metti la tua polisemica
naturalità somatica, per come ti siedi e, poi, quando ti porti dalla panca al
telefono con quelle scarpe, cammini e sei un sintagma iconico, io, prima
o poi, ti metterò in una mia Lebenswelt con tutta la tua forma dell’espressione, allora l’iconicità così ampliata tira su un po’ di pregnanza e noi che qui stiamo a guardarlo tutto intero il quadro io sento che dentro ci sei tu che con quella
bocca che hai e che così te la dipingerebbe Lichtenstein, beh, io, scusa…s’è
fatto tardi, ragazza mia dell’arte e patagonica sequenza del tergo di Merleau-Ponty, devo andare. Ci
vediamo domani.”
“Ti piace il mare?” mi chiese quando ero
sulla porta. “Per niente. Mi piace volare. “ Lei mi sorrise, forse più di un
sorriso, e poi quando ero già fuori, sotto i portici, sull’uscio mi disse:”Okay!Hot-Shot,
Okay!”.
Da lì venne la designazione(o la
connotazione?) erotica della pop art di Roy Lichtenstein. Whaam!
E, se andiamo a vedere, anche la
transestetica di Jean Baudrillard che, a conti fatti, funziona a sintagma non
grammaticale e propone sempre sintesi dell’opposizione geometrico vs naturale, se si va per relazioni
spaziali, e dell’opposizione concentrico vs
centrifugo, se si sprofonda all’interno della figura o del personaggio.
[i] Emanuela Cresti , Oppositions iconiques dans une image de
bande dessinée reproduite par Lichtenstein, “VS”, quaderni di studi
semiotici, n.2, Achille Mauri Editore, gennaio-aprile 1972.
[ii] Cfr. Diane Waldman, ROY
LICHTENSTEIN, Gabriele Mazzotta Editore, Milano 1972.
[iii] Vedi: Swuop. Breve divagazione ziffiana sulla poesia
visiva di Michele Perfetti, “Uh
Magazine” 11 aprile 2015.