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Michele Perfetti│In tutti sensi si
gira│© 1971; 20x20; fondazione
bonotto
Breve
divagazione ziffiana sulla poesia visiva
di Michele Perfetti
1. In tutti sensi/ si gira//clamorosa novità/rivoluziona i trattamenti.
Così diceva Michele Perfetti. E’ vero?
Voglio raccontarvi
un’altra storia. Un poeta che faceva le singlossie[1] si faceva fare i disegni e
lui ci metteva le didascalie. Senza parlare, in silenzio. Tanto che Mia Nonna
dello Zen gli domandò: “Senza disegnare, senza parlare, scrivendo la
didascalia, come puoi esprimere la verità?” Il singlossista osservò: “Ricordo a
Mia Nonna dello Zen che io abito nella Conca d’Oro che quando è primavera
brilla tanto che il mare è abbagliato dai suoi riflessi”. C’è un commento di un
semiologo su questo singlossista. Dice: “Il singlossista aveva spesso delle
illuminazioni Zen. Ogni volta che ne aveva la possibilità, le esprimeva. Ma
questa volta non riuscì a farlo e si limitò a citare il riflesso della Conca d’Oro
sapendo che Mia Nonna dello Zen era ancora convinta che la Conca d’Oro fosse
invece il suo habitat nell’alto Jonio della Calabria”.
2. In tutti sensi/
si gira//clamorosa novità/rivoluziona i trattamenti.
Così diceva
Michele Perfetti. La didascalia ce l’aveva messa lui stesso, e anche il disegno, così pare.
La didascalia è ,
questo ci preme sapere, un’affermazione vera?
Fare un’affermazione
è compiere un certo atto del parlare. Così, noi pronunciamo una certa
espressione nel modo appropriato e nelle circostanze adatte. Come in un quadro,
quando si tratta di una poesia visiva. Fare una poesia visiva e fare un’affermazione
non sono però la stessa cosa[2].
3. E’ vera l’affermazione “In tutti i sensi si gira”?
Michele Perfetti questo ha scritto: “In tutti i sensi si gira”, ma non faceva
un’affermazione: scriveva una didascalia in una poesia visiva. “Scansatevi, che
adesso con questa palla di ferro vi spacco la testa!” può essere un ordine.
Ora, io non vi ho dato un ordine, vi ho dato semplicemente l’esempio di un
ordine. Comunque l’ordine “ Scansatevi, che adesso con questa palla di ferro vi
spacco la testa!” sarebbe un ordine alquanto sciocco, anche perché non è sicuro
che la palla di ferro sia referenzialmente vera. Dare l’esempio di un ordine e
scrivere la didascalia in una poesia visiva non sono cose molto simili;
tuttavia, hanno questo in comune: dare l’esempio di un ordine non è dare un
ordine, e scrivere una didascalia in una poesia visiva non è fare un’affermazione.
4. Che cosa dice Michele Perfetti?
In tutti sensi/ si gira//clamorosa novità/rivoluziona
i trattamenti.
Dice davvero
Michele Perfetti che in tutti i sensi si gira, ma chi si gira? La palla di
ferro, e perché sarebbe una clamorosa novità, e se rivoluziona i trattamenti,
quali trattamenti e perché uno si fa i trattamenti con una palla di ferro?
Insomma, in una poesia visiva, sembra che il senso di ciò che si scrive dipenda
da chi lo dice e in quali circostanze e perché; questa generalmente è la norma,
e non è detto che il poeta, facendo roteare la palla di ferro, sia capace poi
di farla roteare personalmente; allora fa una poesia visiva?
5. I poeti visivi, lo sappiamo, si comportano sempre in
modo ambiguo. Prendono un’immagine, ne prendono un’altra anche con un altro
paradigma e poi al massimo della loro potenza creativa, ritagliano un titolo da
un giornale, o usano i letraset, e via, la didascalia è fatta, ma non è detto
che quello che dice sia vero, e allora perché lo dice? Ma semplicemente perché
ci sono i caratteri e le scritte a disposizione, altrimenti che te ne fai, ci
accendi il fuoco?
6. Leggo la didascalia della poesia visiva di Michele a
un bambino che ha visto l’immagine e dico: “C’era una volta un uomo o uno che
faceva il lancio del peso, ancorché non fosse un giavellottista…”. Il bambino
mi chiede: “C’era davvero quell’uomo e che dice?” e io dico “ No, è soltanto un
disegno”. “E perché dice quello che c’è scritto?” “E’ semplice. E’ una
didascalia, un’apposizione, spiega un po’ quello che fa la figura.” E lui: “Ed
è vero allora?”. Può darsi che sia vero, ma non è detto che poi le cose siano
andate effettivamente così come si può pensare che siano andate stando al
disegno.
7. Una poesia visiva, quando la confronti con
un’altra poesia visiva, capisci allora che esistono vari modi di fare le cose e
di guardarle, uno usa la carta, uno ci incolla altre carte, o ci stampa dei
caratteri e ne fa una litografia, anche una serigrafia, l’incisione di una
poesia visiva sarebbe ancora più profonda. Guardo la pagina stampata e leggo
quello che c’è scritto, un carattere, una lettera, una frase nominale, un
sintagma verbale. Ma , a volte, lo confesso, non faccio niente di tutto questo:
guardo e basta. Ricordo degli interi pomeriggi passati nelle Gallerie d’Arte a
Torino in cui stavo lì seduto di fronte a un quadro, anche una poesia visiva, e
niente, non facevo niente, non fumavo nemmeno, a volte mi portavo da casa una
bottiglia di spumante e c’era una ragazza in una galleria che ci si faceva i
brindisi in silenzio, e lei poi mi sorrideva e guardava la poesia visiva e io
guardavo lei quando si alzava dalla panca dov’eravamo seduti per andare a
rispondere al telefono, e io allora non guardavo più la poesia visiva e
guardavo lei che stava andando a rispondere al telefono. Ecco cosa facevo. Ora,
io non posso dire se mi capitò allora che in una di queste esposizioni ci fu questa poesia di Michele Perfetti, o di
un altro poeta visivo, metti di Franco Verdi o di Ugo Carrega se non di un
singlossista vero e proprio, ma di certo è che stando così seduto negli
inverni, e anche negli autunni, eterni della Torino degli anni di piombo, a
pensarci bene, mai ebbi la ventura di vedere un’esposizione di poesia visiva in
quella città negli anni di piombo, però la storia della ragazza e dello
spumante è vera, nel senso che ci fu una
volta che le dissi “In tutti i sensi si gira”, e poi: “Resta ferma, ti prego, e
io leggerò per te, gira,ma tu stai ferma, a meno che il sole non si arresti
domani a mezzogiorno, ti prego resta ferma, non ha ancora raggiunto il più alto
grado, ma gira e presto, clamorosa novità, riusciremo a mettere in scena il gaudio del bere alla tedesca”. Tanto che,
lei, davvero incredula, con gli occhi sgranati, non sapendo se ridere o
piangere, all’improvviso scoppiò a ridere e disse: “Chiunque legga una poesia
visiva come se fosse un sonetto metafisico, di quel tuo amico con cui sei
venuto qua l’altro giorno a vedermi
danzare, è tanto sciocco quanto chi tracanna lo spumante e sorseggia la
gazzosa. Michele Perfetti non è Franco Verdi, ma non si potrà scoprire quello
che merita di essere scoperto se guardiamo una poesia visiva di Michele
Perfetti come se fosse una singlossia di Ignazio Apolloni”.
8. Dico a qualcuno: “Se devi leggere i giornali, “Vero”,
“Stop”, Tv Sorrisi e Canzoni”, “Chi”, “Gente” e “Astra”, il solo modo
intelligente di leggerli è quello di leggerli con occhio critico”. Voglio quindi
che, mentre legge, egli si chieda con una certa frequenza “E’ vero?”. E’ uno
dei modi di leggere qualche cosa. Domandarsi, però, “E’ vero?” ha un senso
nella lettura di giornali, libri di storia, e così via. Non credo però abbia
molto senso nella lettura della poesia visiva. Esistono modi diversi per
leggere componimenti poetici visivi diversi, ma nessuno di questi implica che
ci si domandi “E’ vero?”. Per lo meno, non credo che un componimento poetico
visivo comporti mai una domanda del genere, anche quando capita che il poeta
visivo come sfondo abbia messo il deretano di Madonna, tratto dal video di “Hung
Up”[3]. Tuttavia, non posso provarlo: esistono troppi modi diversi di guardare e
di leggere la poesia visiva. Non si deve dire pertanto “E’ vero” ma “C’è della
verità nella poesia visiva”, anche se non è detto che sia una clamorosa novità
o che, addirittura, possa rivoluzionare i trattamenti.
9. E “Crash”, “Swuop”, e la pistola? Mi disse infine, un
giorno, la ragazza della Galleria. Ebbene, le dissi, “Crash” è l’onomatopea
dello sparo e “Swuop” è il suono della mazza che vortica o rotea. La poesia
visiva, così, ha qualcosa del fumetto, tanto che, adesso, a pensarci e a
riguardarla la litografia di Michele Perfetti, non faccio che convincermi che
quello con la pistola e la mazza sia un Lafcadio Incaricato, uno di quelli de L’Assassino dei Poeti come una delle Belle Arti[4], che sta spazzando via,
in tutti i sensi, chissà quanti dei poeti lineari, che, un giorno sì e l’altro
pure, pubblicano a pagamento almeno una plaquette di poesie, appena appurano
che gli esami all’università non glieli fanno i titolari del corso ma i cosiddetti cultori della materia, presi a
sbafo da ogni scuola secondaria di ogni ordine e grado, che, a rivederli,
quegli studenti si accorgono che sono i loro stessi insegnanti delle scuole
secondarie e, perciò, appena si son fatti registrare tre esami col massimo dei
voti, tornano a battere cassa a casa per pubblicare il loro primo libro di
poesie; poi crescono, e, quando chiudono gli studi ordinari, hanno già
pubblicato a pagamento 18 libri di poesie , e si iscrivono all’ordine dei giornalisti,
avendo pubblicato due poesie su una rivistuccia che esce come supplemento al
numero 6 del “Corriere” locale datato
1965, il cui responsabile è morto, chissà se è vero?, almeno trenta anni prima!
Io non voglio
incantarti , per le onomatopee, citando il Trattato
dell’Argomentazione di Perelman & Olbrechts-Tyteca[5], questo, infine, dissi
alla ragazza presente , che si era rigirata e adesso non ricordo più quale
fosse il senso della figura e della
posizione, tanto che feci: “Swuop”, e lei sorridendo: ”Crash”, era bella la
ragazza, in tutti i sensi, una sventola, una figura della presenza: swuop,
e mi guardò ancora e con quella pistola che c’è nella poesia di Michele
Perfetti fece fuoco: “Crash”, con la
figura della ripetizione ( o l’anafora del suo passo) raddoppiò l’effetto di
presenza: era lei il Lafcadio Incaricato di eliminarmi in quanto poeta
epifanico con un colpo al cuore! E’ vero?
Che cosa è vero?”
La poesia visiva di Michele Perfetti è vera” sarebbe un’affermazione strana se
riferita a quella litografia, e, se
riferita a una poesia qualunque, l’affermazione non sarebbe pertinente, come lo
è anche nel caso di un’onomatopea e di un’arma presa isolatamente e fuori dal
contesto di quella poesia visiva. Non si deve dire pertanto “E’ vero, il
Lafcadio Incaricato mi ha colpito al cuore” ma “Crash”, l’onomatopea c’è stata,
in quella Galleria d’Arte la poesia visiva si girava in tutti i sensi. “Swuop”,
è il suono del roteare di un oggetto fallico, che, se ti prende, è al meridiano
che passi con quel Lafcadio che sta colpendo duro il tuo oggetto “a”. L’onomatopea è, s’è capito, una delle figure di presenza, è caricata come una
pistola, che amplifica lo “swuop”
della palla di ferro. C’è della verità in essa…
10. L’oggetto a , mi disse la ragazza della Galleria d’Arte, rappresentato nel
quadro, e il quadro , come dice Paul Ziff[6], è P come rappresentazione
di un oggetto a, P allora è una rappresentazione pittorica di a se e solo se
esiste una certa corrispondenza fra P e un aspetto visivo di a. Vuoi dire, le
dissi, che tu come Lafcadio che colpisci duro il mio oggetto “a” sei
rappresentata nella poesia visiva di Michele Perfetti? Se fossi stato un
liocorno, disse lei, e i liocorni non esistono e non hanno quindi un aspetto
visivo cui possa corrispondere la rappresentazione, come avrei potuto colpirti
o almeno dare un bello Swuop al tuo oggetto “a”? Ma, è questo che le dissi, non
mi sembra che tu possa essere un liocorno, a prescindere dal tuo segno
zodiacale, e anche quando cammini, in tutti i sensi c’è qualcosa che si gira, e
allora se a , intendo l’a di Paul Ziff, qualora dovesse esistere o accadere è
certo che non sarebbe un liocorno ma semplicemente saresti tu che come oggetto
a, come lo intende Lacan, tutta tesa tra lo schema verbale della didascalia e le
onomatopee delle armi, sei tutta rappresentata nel quadro P, che è la poesia di
Michele Perfetti, non è vero?
[2] Cfr. Paul Ziff, Verità e Poesia, in:Idem, Itinerari filosofici e linguistici, © 1966, trad.it. Laterza, Bari 1969.
[3]
Vedi è L’Hung-Up
di Madonna e lo shumepikë
di Aurélia Steiner de Durrës.
[4] Cfr. Anonimo del Gaud, L’Assassinio dei Poeti come una delle Belle Arti, © 1999-2003; se ne stanno pubblicando online schede del P.M. ed estratti su “Uh Magazine”. [5] Chaïm Perelman, Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione.La nuova retorica, © 1958, trad. it. Giulio Einaudi Editore, Torino 1966. [6] Cfr. Paul Ziff, Che cosa rappresenta un quadro, in: Idem, Itinerari filosofici e linguistici, trad.it. cit.: pag.69.
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