L'anatema risolto della Ragazza di Göteborg


Lettera ad Harriet Moudronda:  La Ragazza di Göteborg © 2006

L’anatema risolto. Adesso che l’anatema è risolto e l’ipogramma non corre sotto il tuo nome, e conseguentemente l’analemma esponenziale non riproporrà quella tua istantaneità artificiale, il poetico, che aveva sterminato il valore e si era diffranto attraverso il tempo e il geografico, l’economico e il sociale, dandosi come residuo insolubile e fantasma perenne al quale fu inerente il piacere perverso di restituire continuamente l’oggetto mancante, adesso non risponde più.



Harriet Moudron(Modron),
 la Ragazza di Göteborg,
prima che passasse nel
paradigma dell’anatema risolto,
si è combinata, con il paradigma
 del sibaritismo svedese,
 a Bibi Andersson (nella foto)
e , per la pelle moudronica,
 a Ingrid Bergman
L’economia libidica, che è nel ciclo della letteralità, perché dalla reversibilità alla disseminazione, non declina più il tuo nome, e attraverso il suo valore pieno e fallico, non si diffrange nel poema temporale; la precessione di tutte le determinazioni venute dal tuo altrove, illeggibili, indecifrabili, e la devoluzione del segreto, questo spazio di disponibilità sensuale e di seduzione, sono state destrutturate come se fossero il puro artefatto che è la moneta, questa modalità siderale, che, con la sua convertibilità istantanea, ha un’ondata in cui si leva e tramonta come un sole artificiale.

L’economia geografica, finita l’economia politica, è questa positività iperbolica, questa accelerazione implacabile della storia e della tua elettricità statica: se ti penso come soggetto, e perciò cittadino di un paese che ha un prodotto interno lordo compreso tra i 15000 dollari dell’82 e i 27000 del 92 e che è associato al Consiglio Nordico, all’Onu e all’Efta, ma che ha essenzialmente un potente sindacato, non potrai attirarmi più, perché la sottigliezza del tuo patagonismo non è più captabile, non devolve l’inesorabilità dell’oggetto, quella tua riproduzione della banale esattezza del mondo: non c’è più un tuo doppio artificiale, né posso entrare nell’ombra del tuo irredentismo oggettuale, perché, così presente e associata, così legata e assoldata, non sei più inafferrabile, non sei una energia insolubile, non sei estranea a te stessa, eternamente versatile e reversibile: io resto nella mia estraneità assoluta, sono estraneo alla cultura che mi circonda e al mio paese, resto in questa alterità sovrana da cui tu, come soggetto economico, ti sei esclusa, non c’è più artificio e segreto, non apparizioni, né sparizioni come fantasma perenne, l’eclissi prossima ventura del tuo esserci è fuori dall’orbita del mio fantasma, non ci sarà più la tua irruzione, la precessione della Ragazza di Göteborg, la seduzione patagonica, la sua devoluzione?

 V.S. Gaudio Il fantasma che allunga le gambe verso il poeta ► in Alessandro Gaudio, Il limite di Schönberg, Prova d’Autore edizioni , Catania 2013