Come Mort Stellar più
di una volta il poeta fu a cena con una sorta di confraternita di poeti: d’accordo,
quelli di Stellar erano gentiluomini, tutti piuttosto geniali, erano i Black
Widowers; questi, più che riunirsi regolarmente per cenare e discutere insieme
per risolvere convivialmente qualche caso enigmatico, erano dei perdigiorno,
pettegoli e, in più casi, anche cornuti, propensi, piuttosto, a scrivere versi,
durante la ricreazione, del lavoro, prima e durante, e, del tempo pensionistico, dopo, per
pubblicarli sborsando non solo la tredicesima, visti che alcuni sono molto
prolifici, durante questa fase, e osano “pubblicare” anche quattro o cinque
volumi, non plaquettes, all’anno.
Uno di questi poeti, eravamo nello stesso decennio della pubblicazione delle tre raccolte di racconti dei Black Widowers[i], una sera si fece trovare a casa di un suo amico commerciante all’ingrosso, che usava aprirti la porta d’ingresso impugnando una pistola e che aveva la moglie che , essendo a cena, non potevi non farti impennare l’oggetto “a” al meridiano guardandole la bocca , i denti , il sorriso e il naso.
Il poeta arrivò quella sera da Milano e aveva in mano un
settimanale per ragazzi fresco di stampa[ii], non ancora in edicola, che
conteneva un suo articolo. “Tu scrivi soltanto articoli per giornali per
ragazzi?” gli chiese in tono perentorio uno degli ospiti, un poeta a pagamento,
ma non di quelli che, ancora qualche anno prima, si riunivano in gruppi e, per
questo, avevano tirato su qualcosa che poteva essere chiamata “esoeditoria”. La
moglie dell’anfitrione lo guardava
sorridente, e il poeta non sapeva se dar retta alla sua pulsione orale o
tirar su di botto e senza tanti preamboli l’oggetto “a” con la propulsione
uretralfallica, eravamo nella fase di quella che Berne[iii], quello della psicologia
transazionale, denominò “eccitazione mondana”: in società il proprietario del
(-φ) può appena accorgersi
di essere eccitato, e non si sente imbarazzato perché di solito il
rigonfiamento non può essere notato da chi gli sta intorno. In più, erano seduti
a tavola. E anche se fosse passato al secondo grado, quello chiamato “malanno
del Kent”, nessuno avrebbe mai potuto restarne abbagliato: la fase della “prudenza
del pene”, lo sappiamo, è quella in cui c’è qualche dubbio sull’opportunità di
proseguire l’innalzamento dell’oggetto “a” lungo il meridiano.
Il culo della Cassini nel cassetto del caporedattore di “Playboy”$
Mini-Lebenswelt con Isaac Asimov
Uno di questi poeti, eravamo nello stesso decennio della pubblicazione delle tre raccolte di racconti dei Black Widowers[i], una sera si fece trovare a casa di un suo amico commerciante all’ingrosso, che usava aprirti la porta d’ingresso impugnando una pistola e che aveva la moglie che , essendo a cena, non potevi non farti impennare l’oggetto “a” al meridiano guardandole la bocca , i denti , il sorriso e il naso.
"Topolino" n.1352 |
“Ma no, non scrive solo
articoli per giornali per ragazzi, vero? Recentemente ne ho visto uno su un
mensile, diciamo così, più per adulti edito, nella edizione italiana, da quell’editore
connesso a una certa massoneria…” rispose un altro poeta che, per pubblicarsi i volumi, era nella quota dei
dirigenti scolastici provinciali o regionali, a seconda del posto nel
dispositivo di alleanza.
“Ah, sì, su “Playboy”,
precisò il poeta. “E come riesce a coordinare lo stile adatto per target così
diversi?”,gli chiese, dall’altro lato del tavolo, un signore attempato che,
poi, ebbe modo di identificare come un professore universitario addetto alla
critica sulla poesia domenicale, anche a pagamento, ma da parte sempre dei
cosiddetti poeti.
Ora, quella non era la
cena mensile dei Vedovi neri di cui ai racconti di Isaac Asimov e il poeta giornalista non era Mort
Stellar dentro “Senza che nessuno
lo insegua”[iv], anche se, a conti fatti,
c’era anche qualcosa di stellare nel suo
paradigma di produzione per l’industria
editoriale dei giornali, non fosse altro perché , all’epoca, curava una rubrica
di psicanalisi per un noto mensile di astrologia dell’Editoriale del Corriere
della Sera, che, da par suo, era finito
anch’esso nelle grinfie di quella famosa setta massonica, tanto che, ci pare,
eravamo proprio nella fase dell’amministrazione controllata, e soldi gli
autori non ne vedevano più.
La pagina 73 di “Topolino” n.1352 |Segrate 25 ottobre
1981
|
Il poeta prese il
giornalino che aveva in mano quando arrivò e lo sfogliò alla ricerca della pagina 73[v], e pensò che era , o sarebbe
stato, il numero della sua casella postale per cinque, sei lustri nel paese che
ha costituito il suo atto di nascita; guardò la sua ospite, che,ormai, lo stava
portando al terzo grado , quando la nobiltà della pulsione fallica è evidente
e, se si ha una certa sensibilità percettiva, manda il cosiddetto bagliore didonico, anche se ,
continuando a guardarle da sotto quella bocca
la nobiltà(del poeta) poteva vacillare ben presto e allora, per prendere tempo, il poeta chiese
al marito: “Ma non è pericoloso aprire la porta con la pistola in mano? Lei non
ha il grilletto facile?”. Cercava di far rinculare la pulsione uretralfallica, bevendo
un bel bicchiere di “Barbera”, che, è risaputo, in questi contenimenti, è
superiore addirittura al “Barbaresco”, anche perché gli venne immediatamente in
mente che per questo terzo grado fallico Eric Berne diceva che, nel linguaggio comune, è come “avere
il grilletto facile”. Se, contratto e a disagio come era, avesse guardato la
moglie, di sicuro il nobile (-φ) sarebbe vacillato e allora il poeta avrebbe
dovuto abbandonare, momentaneamente, l’allegra brigata per correre in bagno,
dopo aver avuto le giuste indicazioni da parte della signora, non certo dal suo
commilitone dal grilletto facile.
“Perché diavolo lei scrive per tanti giornali dal
target così differenziato?” chiese, alzando il bicchiere, un altro dei
convitati. “Perché secondo me si guadagna di più” rispose l’amico poeta che gli
aveva detto di raggiungerlo presso questa allegra combriccola. “Anch’io lo
penso – aggiunse il poeta giornalista – “Non specializzarsi è sempre la cosa
migliore, anche se io sono uno specialista in più campi. La maggior parte degli
autori o giornalisti free-lance sono specializzati in qualche campo, fosse
anche la bustina di minerva, e lo fanno per necessità; ci sono alcuni che
traducono fumetti e lavorano all’ufficio delle imposte dirette, o altri che
appartengono allo stesso ruolo impiegatizio e fanno il bioritmo, e loro il
bioritmo, per quello che fanno per campare, è da un po’ di tempo che si è ingrippato”;
ma non al meridiano come il suo oggetto “a”, il giornalista stava per dire,” ‘ché
se la signora non fa niente per
abbassarmi la pulsione dovrò correre di là a fare un po’ di dok anche se avrei preferito l’hez, il lavoro di macina e di
sfregamento[vi], con la sorridente
anfitriona”.
Meno male che a tavola
non c’era uno con la barba rada come Rubin che a questo punto, lì, alla cena
mensile dei Vedovi neri, si era indignato, che anche lui aveva scritto di qua e
di là e non tutti libri gialli, aveva pubblicato storie di sport, confessioni,
romanzi fantastici: “d’accordo, allora facciamo quasi tutti libri gialli”
corresse Stellar con voce piatta. “Ma per quello che mi riguarda, io non voglio
specializzarmi in un campo.” La signora a quel punto sorrise al poeta, così di
punto in bianco: ”Io voglio scrivere su ogni argomento che mi colpisce: mi
rende la vita più interessante, e oltre a questo mi consente di essere indipendente”.
Lei lo guardò con quella sua bocca e disse:”L’unica cosa che mi chiedo è come
fa: per caso lavora ad orario fisso? A
proposito, domani, che è giovedì, apriamo anche di pomeriggio?” chiese al
marito. “Assolutamente no” rispose. “Io scrivo quando ne ho voglia. Di solito
però ne ho sempre voglia”.
“Allora sei un forzato
del giornalismo…” disse il suo amico poeta. “Di che cosa ha sempre voglia?” gli
chiese la moglie dell’ospite mentre gli porgeva il tiramisù. “Ah, a proposito – prese il giornalino con il
suo test – qual è il suo colore preferito?”
“Il mio preferito? Adesso o sempre? Adesso il
rosso, e sono del Toro”.
La pagine 74 e 75 di “Topolino” n.1352 |riguardanti i colori Rosso,Giallo e Verde |
“Non ha sempre la certezza di vendere quello che
scrive? Immagino che abbia avuto dei rifiuti, no?” gli chiese il marito della
signora del rosso e del tiramisù.
“Riesci a vendere tutto
quello che produci?” incalzò il suo amico poeta e piccolo editore.
“Sì, più o meno tutto,
anche se non sempre al primo colpo. A volte mi chiedono di rivedere un
articolo, e se la richiesta è ragionevole, lo faccio volentieri. Alcuni lo
fanno apposta: anche perché hanno altre testate in altre nazioni e quindi usano
, diciamo così, la prima stesura fuori dai confini nazionali e a mia insaputa.
A volte, almeno una volta all’anno, mi capita un netto rifiuto”.
“E che cosa se ne fa del materiale rifiutato?” gli
chiese il professore universitario.
“Be’, di solito provo
con un altro giornale. Non è raro che un direttore o un caporedattore accolga a
braccia aperte ciò che un altro ha rifiutato. Se poi non riesco a piazzarlo in
nessun modo, lo metto da parte: non si sa mai…a volte potrebbe andare bene per
qualche nuova occasione, o ricevere un richiesta per qualcosa che proprio quell’articolo
potrebbe coprire.”
“E non ha provato la
sensazione di vendere qualcosa che è…come dire…avariato?” chiese all’improvviso
un altro tipo che finora non aveva proferito parola.
“Assolutamente no. Il
fatto che venga rifiutato non implica necessariamente che l’articolo sia
cattivo: significa semplicemente che quel determinato direttore che,magari, è
un “impagliaseggë”, lo ha trovato poco adatto al suo giornale. Difatti, non
pochi test, rifiutati o non accolti da un giornale, sono stati pubblicati da
altri giornali, addirittura è capitato che lo stesso testo sia stato pubblicato
, in differenti tempi, da almeno quattro giornali.”
“Io vorrei l’esclusiva”
disse la sua ospite,con quella bocca, sorridendogli in modo del tutto inclusivo.
“Insomma, tutto quello
che scrive vede le stampe. E’ così?” e il professore universitario scosse
leggermente la testa e tracannò il bicchiere di Barbera, in segno di
ammirazione e stupore.
“Sì, più o meno le cose
stanno così. Eccetto, naturalmente, quando si ha a che fare con qualche idiota
di caporedattore che ha in animo di farti fare una cosa, una rubrica, e magari
tu la inventi e la crei e poi la fa fare a un idiota come lui. Capita anche che
ti comprano una cosa e poi non la utilizzano.”
“Come succede a Mort Stellar in Senza che nessuno lo insegua o semplicemente perché la rivista è fallita o
l’editore sia stato messo in amministrazione controllata dopo che la P2 si è
presa la sua azienda?”chiese l’ amico poeta.
“Non proprio. Anche se,
nel caso di Stellar, c’è la moglie del direttore che viene fatta morire con il
sale, e basta un semplice anonimo passaggio in un articolo che descrive la cena
mondana in cui il direttore del giornale vede l’indicazione della sua azione
segreta che fa sì che costui acquisti l’articolo e lo tenga nel cassetto non
permettendo così che l’autore lo pubblichi altrove avendoglielo pagato; nel mio
caso, c’era questo caporedattore di un mensile che prese le copie di alcuni
testi sui cosiddetti oggetti d’amore, all’epoca erano dati come personaggi
femminili nella fiction dei media, e mi disse che ne avremmo fatta una serie,
anche se con un taglio più divulgativo e meno connesso all’estetica, alla
linguistica, alla semiotica e alla psicanalisi di Jacques Lacan che, sai,
quanto cazzo gliene frega ai lettori del suo rombo e dell’angoscia.”
“E che fece? Non ne
fece niente per quale motivo?” chiesero insieme l’amico poeta, l’ospite armato
e la moglie che ormai era entrata a pieno titolo orale nella losanga dell’
oggetto “a” del poeta ospite.
“Teneva tutto nel
cassetto. Lo vidi di persona. Una volta fui in redazione, dopo non so quanti
mesi, e gli chiesi che fine avesse fatto
quel materiale. E lui aprì il cassetto e tirò fuori copia di “Jean-Paul Sartre, Marina Vlady e lo chignon
basso di Odile Versois” e “Il culo di Nadia Cassini e l’alluce di Georges
Bataille”, che erano stati pubblicati su una rivista di critica del costume a
tiratura ristretta[vii].
E mi disse: sì, dammi un altro po’ di tempo, lo facciamo. Poi, passarono ancora
mesi ed esasperato riferii la faccenda al direttore, cosa da non fare, e ,
difatti, non se ne fece più niente.”
“Ma c’era qualcosa in
quei testi, tipo l’alluce o il culo della Cassini, se non lo chignon basso di
Odile Versois, che potevano aver prodotto qualche restrizione nel campo della
morale?” , domandò perplesso il piccolo editore.
“Il giornale era il
giornale americano per adulti che lo comprano per i culi.” Precisò il poeta
giornalista.
“Ma magari un sondaggio
mostrò che il culo della Cassini non piaceva agli americani…” disse il
professore.
“Ma era per l’edizione
italiana.”, precisò ancora il poeta.
“Sì, ma tu hai detto che
questi, come quelli della Disney, e altri simili, usano i testi prodotti per l’Italia
anche per edizioni che escono, magari, in Sud America se non in Grecia” ,
sottolineò l’amico poeta e piccolo editore.
“Certo. Per Stellar era
il passaggio del sale.- qui, il poeta si fermò un po’ pensieroso e pensò al tiramisù
della signora, e al fatto che preferiva adesso il rosso, ed essendo Toro ha “le
reazioni lente ma le realizzazioni sono tanto impetuose da apparire brutali”, e
intanto era arrivato al quarto grado, quello dell’orgoglio peyronico, con la
punta all’in su e se non lo portava al meridiano tra dok e hez…l’avrebbe
dovuto tener nel cassetto.- “Per me erano gli oggetti d’amore per come erano scritti,
e per il paradigma: difatti, poi venne fuori che la moglie di questo bel tomo
si mise a fare, nello stesso gruppo editoriale, una rivista del gossip che
faceva il verso all’amore ai tempi di Liala e di quell’altro Principe Nero
della Chiesa- condannato per crimini di guerra- che scriveva romanzacci parasalgariani per Sonzogno a repubblica in
corso”.
“Be’. E’
costituzionale, no? E anche qui, se vai a vedere, sotto sotto, c’è la legge
salica che condisce l’amore dal piatto del Regno alla scodella della Repubblica”,
chiosò l’ amico del poeta, che ne aveva disposto per quella sera la condizione
di ospite.
Fosse stata dello Scorpione
e per il giallo, la sua ospite, una volta portatolo al quarto grado, si sarebbe
organizzata meglio e con la sua pulsione diabolicamente abile e sottile…non si sarebbe costituita come oggetto “a” irredento per la pulsione fallicouretrale
del poeta. Per questo, il tiramisù era stato semplicemente comprato prima di
cena in una famosa pasticceria di Torino. ! Alain Bonheur
[i] Isaac Asimov, Tales of Black
Widowers, 1974; Idem, More Tales of
the Black Widowers, 1976; Idem, The
Casebook of the Black Widowers,
1980.
[ii] “Topolino” n.1352, Arnoldo
Mondadori Editore, Milano 25 ottobre 1981.
[iii] Cfr.Eric Berne, La potenza virile, in: Idem, Fare l’amore, trad.it.Bompiani, Milano
1971.
[iv] Cfr.Isaac Asimov, Senza che nessuno lo insegua, in: Il delitto è servito, 16 racconti
gialli, a cura di Carol-Lynn Rössel Waugh, Martin Harry Greenberg e Isaac
Asimov, © 1984, trad.it: Rizzoli, Milano 1989.
[v] Dove c’era L’ Astrotest dei Colori, di Vuesse
Gaudio.
[vi] Berne spiega|nel paragrafo de La potenza virile in “Fare l’amore”|
che, nella lingua del Giardino Profumato, dok,
mentre la reazione femminile è detta hez,
corrisponde a bump: urto, colpo; hez corrisponde a grind: lavoro di macina, sfregamento.
[vii] “Fermenti”, anno IX, n.10/12,
Roma ottobre-dicembre 1979:a fianco c’era un disegno a china piuttosto
esemplare di Domenico Colantoni. Poi, i due miniracconti furono pubblicati in :
V.S. Gaudio, Oggetti d’amore, Bootleg
Scipioni, Viterbo 1998.