Quelle che la Bianca Deissi ™ ⁞ L’oggetto d’amore che fece decollare il Barbour


Quelle che la Bianca Deissi ™ ⁞ Diana vs Barbour

Il Barbour biondo e  il Barbetti bianco del poeta

Quando uscì dal Baglioni a Bologna e non aveva il Barbour
era già dentro la struttura eroica di Durand  per l’epiteto dello scettro[i]
il sorriso che ha sotto il cappuccio è sempre un tutt’uno con lo sguardo
che fu allora che guardò il poeta e lo prese al laccio come aveva scritto
anni prima, e lui che aveva il suo Barbetti[ii] bianco fu scappellato
dalla chiarezza e dalla dominante di posizione di chi lo guardò
per quel cappello e lei non è  sotto il cappuccio del Barbour
anche perché non pioveva quel tardo pomeriggio a Bologna
e anche perché eravamo ancora sotto i portici e si chiese
il poeta è lei dunque l’ocello del mimetismo  che mi sorride
tra l’ombra del cappuccio e il fallo del re, intreccia lo scettro
e l’enigma dell’altezza, nel cerchio della monarchia sorride
e guarda il poeta, in una verticalità reale che non ha nessuna
ermeneutica, solo la proairetica di Barthes in S/Z e lo schema
verbale del distinguere dentro la tassonomia di Durand,
con quel naso che ha sotto il Barbour guarda il poeta e
impugna lo scettro, il (-φ) , questo pensò il poeta, è vero,
ha già trovato, l’animus forse no, d’altronde qui siamo
nella città in cui al massimo un discepolo di Freud
può scoprire più o meno cosa connette la pulsione
uretrale alla mortadella, poi se la principessa è ad
ovest che sta andando senza Barbour e con quel
naso che, a rivederlo adesso sotto il cappuccio,
il (-φ) di Lacan è per questo che s’innalza al meridiano
per  quello che sul naso disse Fliess, e anche allora
non c’era questo sguardo biondo con il cappuccio
Barbour in testa che se lo avesse avuto
se c’era una pioggia a scrosci o anche a goccia a goccia
giusto per avere un paracqua insomma quella cerata
versus Giove pluvio il rovescio del suo sguardo
avrebbe ancora  avuto l’acqua che prese
per bagnare l’anima del poeta con quel
Barbetti bianco in testa[iii]?



[i] Cfr. V.S.Gaudio, Lady Diana e il blasone del fallo © 1980’s, in: Idem, Oggetti d’amore. Somatologia dell’immagine, della bellezza e del sex-appeal, Bootleg Scipioni, Viterbo 1998. ll testo era già apparso in "Fermenti", rivista di critica del costume e della cultura, n.180-182, Roma ottobre-dicembre 1986.

[ii] Si intende il venditore di cappelli in piazza dell’Orologio, se così si chiama, insomma a lato di un albergo che, all’epoca, si chiamava “Hotel Orologio”. E’ piazza IV Novembre il nome effettivo, e la storica cappelleria Barbetti, nata nel 1821, ha chiuso i battenti e tirato giù i cappelli, per vendere scarpe, alla fine di luglio del 2010.
[iii] E' veramente ineffabile o Heimlich quanto aveva scritto il poeta nel testo su Lady Diana, a metà degli anni Ottanta(cfr.nota 1): "Checché ne pensino gli esperti di moda, che cercano di spiegare nell'uniforme l'effetto del fallo regale, Lady Diana, con un taglio dei capelli che si addice molto ai suoi dati somatici e che regge in modo naturale anche il cappello, attrae perché ha colto il valore simbolico e significante della regalità. Attrae perché è nesso, riflessione della regalità; attrae perché è dal suo corpo che si dirama la verticalità reale, il cerchio della monarchia. Lì, il fallo mette senso". Come dire che lì, è la deissi, il fallo, che è anche il (-φ) del poeta o del visionatore, in testa col cappello e col cappuccio, mette il senso. L'ermeneutica, è ovvio, non rivendica più un bel niente.