Mi chiedi per strada
i soldi del marunghi.
E’ il tuo sabato del villaggio:
starai sveglia tutta la notte
a farti scopare da tuo marito
che lavora alle Poste di
Malindi.
Vieni a prenderli a casa,
nel mio letto.
Detto e fatto, Swada invade
il taxi coll’ampio velo nero
di bui-bui argentata,
lascia solo la fessura
dei begli occhi e ride
pensando al fatto di tradire
sua sorella, mia moglie
precedente.
L’abbraccio del mattino è
forte,
pieno di rumori.
Il taxi aspetta in giardino,
e sminuzza aglio e pomodoro.
L’America è lontana
ed anche aprile.
La stagione delle piogge è
finita
e comanda il sole.
Ridono tutte le maschere
africane
e il pesce palla appeso al muro
mi strizza l’occhio sornione.
▌I funghi di Kakamega
I funghi di Kakamega,
le strade di Lunga Lunga,
i banditi di Lokichokio,
le zanzare di Kikambala,
le ragazze di Mariakani,
i silenzi di Oloitokitok,
il solleone di Rumuruti,
le maschere di Nyahururu,
le palme di Garba Tula,
i manghi di Loyangalani,
i millepiedi di Makalanga,
i gioielli di Bambolulu,
le papaye di Chicangoni,
le barche di Kisingitini,
i coccodrilli di Masalani,
le paludi di Daka Dima,
le foreste di Chakavali,
i leoni del Maasai Mara,
le giraffe di Amboseli,
i fenicotteri di Salabani,
gli squali di Ngomeni,
la figa di Pamela,
i funghi di Kakamega.
▌La banda delle somale
La banda delle somale è
arrivata,
tutti i colori oltraggiano la
casa
seria ed ammuffita.
I veli ed i tessuti mossi
da un invisibile ventilatore
(very powerful) accarezzano
le porte e le sponde del letto
grande a sei piazze.
Fatma, Sadia, Sadika e Amina
giocano
al gioco più perverso
della seduzione antica.
La preda non ha scampo
e sceglierà la migliore, si fa
per dire,
ovvero colei che il gruppo
gli ha predestinato nel lungo
viaggio di andata sul taxi
sconquassato. Ma la preda
in effetti non è disperata:
anche lei gioca al gioco più
antico
della sottomissione e già ride
contando i giorni (il tempo è
circolare)
che la separano dagli altri
contatti
corporali e dai profumi
dell’incenso
e dagli oli vischiosi e
tumefatti
in cui le somale-farfalle
mettono a macerare i riccioli infiniti
e il rosa acceso
del pube equatoriale.
▌Semeni I
L’onda era lunga e misteriosa,
il vento non dava tregua
alla vela sbrecciata e
consunta.
Il pesce fremeva sui fondali.
Quando Yusuf tirò le reti
il grande squalo gettò rabbia
al cielo ma il fiotto di sangue
dell’arpione delimitò il
diritto
ed il potere. Nulla potè il
vorace
se non morire tra le braccia
di Semeni, il grande dhow
dell’isola di Lamu.
La festa fu grande a bordo:
birra e sole e marunghi,
il verde e il blu del mare,
i seni splendenti di Suli Suli.
Ma al ritorno, l’oceano
era nero di grafite.
▌La capra bollita del villaggio di Shella
Ho mangiato la vecchia capra
bollita,
ho intinto il pane nel brodo
scuro
insaporito con pepe, masala ed
iliki,
ho scambiato quattro parole in
kiswahili
coi vecchi pescatori del Vasco
De Gama Pillar,
ho guardato le nuvole basse
dell’Oceano,
ho pensato alle chiappe di
Fatuma,
mi sono trovato sulla strada
del ritorno,
mi è venuta una grande tristezza,
per un attimo ho visto la
morte,
ho dato fondo all’ultima vodka
e finalmente ho dormito il
sonno del giusto.
▌English people in Africa
Come faranno gli inglesi a
rimanere bianchi
e spettrali fantasmi anche in
pieno sole
all’equatore?
Hanno una pelle sole-repellente
mi dice Salima seguendo
dolcemente
gli umori anglofobi
di questa sera piena di fulmini
sulla strda Kakemaga-Eldoret
che percorro impassibile
sotto una pioggia torrenziale
alla ricerca di funghi porcini.
Leggono libri stupidi al
ristorante
a lume di candela, in attesa
di un mediocre cibo
di cucina internazionale
(un doppio Fernet Branca mi ci
è voluto
per liberarmi dagli odori
putridi
e fatiscenti di margarina e
grasso vario
senza riferimenti culturali).
Amo il sapore e l’aria fresca
di queste dolci montagne
equatoriali,
i fulmini sul cammino, il
freddo
intenso della sera, le zanzare
sbigottite, le rocce tonde che
scendono
graduali all’abbraccio del Lago
Vittoria
e del torrido bacino di Kisumu.
▌Maria di Eldoret
Ridono gli occhi e i denti
tra lenticchie e pomodori
(al Mercato Municipale di
Eldoret),
tra cipolle rosse sbigottite e tabacco
da annusare.
‘Cosa posso venderti?’ mi dice
Maria
(il suo nome lo saprò dopo per
traverse vie)
in un perfetto inglese musicale.
‘Io cerco funghi all’equatore
o,
se meglio preferisci, posso
invitarti
in vacanza a casa mia a
Malindi,
sulla costa, nel distretto di
Kilifi’.
Maria mi toglie la parola e
scompare
tra i sedani e gli allori.
Potrei comprarle tutte le
patate
per farmi perdonare ma
preferisco
andare al bar di fronte con il
taxista musone.
Alla terza birra l’imprevisto
succede:
Maria si è cambiata, si è messo
l’abito migliore,
ha mollato all’amica angurie e
pomodori
e si è comodamente assisa sul
sedile posteriore
(del mio taxi naturalmente).
Non si può dire più niente per
scherzo
all’equatore!
Già vedo le mie donne di
Malindi
tendermi agguati armati
proprio davanti all’uscita
della Capannina di Camillo,
il mio ristorante preferito.
Il carpaccio di red snaper
all’avocado
mi costerà una morte lenta,
preso per la gola.
Ma la bella gola di Maria di
Eldoret
e le lunghe mani
saranno il dessert migliore
di questa lunga notte africana
piena di rumori.
1990
[da: SARENCO | POESIE
SCELTE 1961-1990 |
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