ROTTAMATORI, BARRICATE,
FORCHE, POLTRONE … MINISTERI & SCAPPATI DI CASA
di Mario
Grasso
Da Esiodo a Tucidide, da Erodoto a
Plutarco, tanto per restare con il trapassato più remoto, gli esempi non
mancano. Né gli ammonimenti, dall’Ecclesiaste: “Nihil sub sole novi” - (cap. I,
10) al poeta latino Orazio, “Nihil admirari”, (Epist. I, 6, 1). Ed ecco come
dal “nulla di nuovo sotto il sole” al “non stupirsi di alcuna cosa”, le
conferme non sono mancate. E in abbondanza tale da lasciare il sospetto che
qualcosa (o qualcuno) ci tappa le orecchie e ci improsciuttì gli occhi quando
parliamo di novità o ci mostriamo o ci sentiamo veramente stupìti a fronte di
quel che accade. I cinesi pare che abbiano per vademecum politico un laconico
“Guardati dall’uomo di una sola bretella”, mentre quelli dell’ex Campania felix
non pare abbiano mai chiesto alla propria memoria notizie su un certo
Masaniello.
2 – La locuzione che
pare s’appropri ai nostri giorni di parlamentari (cioè legislatori)
improvvisati è davvero esplicativa, ma anche simpatica: “Scappati di casa” li
definisce la voce del popolo, che a sentire lo stesso demos dovrebbe essere la
voce propria di dio. Apposizione che scriviamo con iniziale minuscola per
esorcizzare il pericolo su cui insiste un altro detto popolare sugli dèi
vendicatori “Scherza con i fanti e non scherzare con i santi”. Insomma la immortalità
dell’uomo è servita dalle stesse cronache che si sono fatte storia e non
storie, perché il plurale serve a smentire quello che viene affermato al
sigolare. Ma anche le storie finiscono spesso per fare storia, come le bufale,
le leggende metropolitane, le calunnie (“Calunniate, calunniate, qualche cosa
resterà” dicevano i francesi nella loro lingua des
anges). Tutto torna, si tratta solo d’aspettare, arriverà, come
suonava la strofe di una canzonetta legata a una trasmissione televisiva con un
grande della scena anni 1950, il Mario Riva, perìto in seguito a un banalissimo
incidente di palcoscenico in prova. Palcoscenico, parola chiave non
adeguatamente riconosciuta nei vocabolari che ne ignorano l’essenza
significante sol che la si consideri essenza della realtà che circonda tutti
nei momenti di spettacolo.
3 – E spettacolo è per tutti la vita,
dai suoi momenti famigliari a quelli della più raffinata diplomazia, da quella
recitata nella tenda dei ladroni a quella del cardinale che ammobilia (si può
dire per arreda?) il suo appartamento di trenta stanze con sala teatro. La
realtà ha superato da sempre ogni fantasia e persino la più schizofrenica
immaginazione. Dalla santa Inquisizione all’attuale Francesco della povera
gente – absit iniuria ex partibus infidelium – basti meditare sugli esempi
della immarcescibile saggezza della Chiesa di Roma che quella volta espresse un
solo voto di maggioranza Conciliare a favore del parere che anche la donna, le
donne, potessero avere l’anima. Poi, l’altro ieri del secolo scorso ci ha
pensato Mina a riconoscere che “Anche un uomo può sempre avere un’anima /
specialmente se al mondo gli sei rimasta solo tu”. Spettacolo e palcoscenico
diade magica che dovrebbe allietare i barboni, proprio loro prima di morire
assiderati in uno degli inverni rigorosi che finiscono sempre in coda agli anni
bisestili. Ed ecco persino gli anni a essere oggetto di teatro, di
palcoscenico, con la regia dei grandi cimiteri sotto la luna in omaggio a quel
titolo di romanzo di metà Novecento, il cui autore aveva trascurato di citare i
megacimiteri sottomarini, dove nemmeno i raggi della luna penetrano nemmeno nei
momenti lunari delle basse maree.
│!L’altro
ieri del secolo scorso Mina, oh, Mina!.., si trovò ad essere collega, di
rubrica, lei così ricca e svizzera, di quel “senza niente” e italiano, almeno
per il fisco, scrittore e giornalista Vuesse Gaudio, in quel di “Noi” il
giornale degli italiani diretto da Gigi Vesigna e edito da Silvio Berlusconi Editore, che emozione per l’anima
del poeta saraceno, che, è inutile negarlo, per alcune canzoni(tipo:”Buonanotte”,
che gli serviva anni fa per far addormentare al computer il nipotino Matteo), l’adora!
4 – L’Italia, paese solare dove il sole
è sole come in tutta l’area mediterranea, quanto a palcoscenico meriterebbe un
casco di banane d’oro in aggiunta a un Nastro d’argento, per la sua estrema
qualità (nel bene e nel male) di palcoscenico. Al singolare come è giusto sia
per una nazione unitaria come la nostra di santi poeti navigatori e …
rottamatori scappati di casa con la furia di chi dimentica di tirare la
catenella dell’acqua per il W.C. Correre da una punta all’altra del breve
palcoscenico e dimentichi sia della ricetta universale dell’Ecclesiaste, sia
della lettera del poeta latino.
5 – Sono tempi di barricate e di
forconi, prerogative care a chi scappa di casa avendo programmato il proprio
avvenire accomodato in una poltrona parlamentare, scommettendosi per il
diritto a quella successiva di ministro. Gli spettatori paganti applaudono.
Altri fischiano, altri abbandonano, escono per protesta. Ma non hanno messo nel
conto che anche loro sono attori di un palcoscenico universale e immortali,
come le passioni umane, come i vizi e le virtù, come l’impostura di ogni
religione, fin dai tempi dell’Olimpo di Omero e degli uccelli di Aristofane che
non esitarono, quella volta a corrompere Ercole inviato da Giove per
patteggiare un accordo sul profumo dei sacrifici che i terrestri dedicavano a
botte di cento buoi (povere bestie!) per volta a quei parassiti serviti da
Ganimede e da altri coppieri.
! Striscia di Mina, "Noi" n.20, Milano 3 giugno 1993.